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Che male c’è se sono maschio e mi vesto da femmina?

Da Psicologiagay
 

Alex, Jazz, Nick, Jose, James, P.J.: nomi, età e storie diverse, con una caratteristica comune che li contraddistingue: un’ identità di genere fluida.

Si tratta di bambini che si identificano con la stessa passione con calciatori e ballerine, che indossano alternativamente vestiti da maschio e da femmina, che giocano con le macchinine e poi con le bambole, grazie ad una generazione di genitori e medici che rifiutano qualsiasi forma di terapia correttiva per chi sfida le norme di genere, e che ritiene che la cosa più importante sia insegnare ai propri figli a non vergognarsi di quello che sono.

Nel blog “Pink is for boys” una madre del North Carolina scrive: “Il mondo sembra più ordinato con due possibilità di genere nettamente separate. Ma se escludiamo lo spazio intermedio non rappresentiamo con precisione la realtà“. E’ ormai una comunità sempre più numerosa quella delle persone con figli maschi che amano diademi e zainetti rosa, e che ritengono che esista uno spettro dei generi, non due categorie separate e contrapposte come pensa la maggior parte della gente comune.

Che male c’è se sono maschio e mi vesto da femmina?

photo credit: internazionale.it

Ruth Padawer, giornalista del New York Magazine, tradotta e pubblicata in Italia sul numero 966 di “Internazionale“,  ci racconta le storie di questi bambini, sottolineando che, data la carenza di ricerche condotte sui bambini che non si conformano al loro genere, è impossibile avere un’idea precisa di quanti casi esistano. Secondo alcuni studi, spiega Padawer “dal 2 al 7 per cento dei maschi al di sotto dei 12 anni mostrano regolarmente comportamenti che travalicano l’identità di genere, anche se molti pochi vorrebbero veramente essere femmine“.

Sia da maschio che da femmina

James è un ragazzo di 14 anni che dai cinque ai dieci ha portato capelli lunghi e vestiti da bambina. In quinta elementare ha abbandonato gli abiti femminili, e ci teneva ad essere considerato un maschio. Ha ancora i capelli lunghi, con le punte tinte di rosa: quando è con gli amici gioca con i videogame, e quando è con le amiche si mette una parrucca e parla con voce più acuta. Suo padre di lui dice: “E’ molto coraggioso. Ho imparato molto da lui. Quando ero al college mi chiedevo perchè i gay non si comportassero in modo più virile per evitare di essere presi in giro. Lo trovavo ingiusto, ma pensavo: così te la cerchi. Adesso so che è sbagliato. James mi ha fatto capire che questo atteggiamento fa parte della sua identità, non è una cosa che puoi mettere o togliere. E non è un problema loro se noi ci sentiamo a disagio“.

Queste storie, e altre raccolte dalla Padawer, raccontano l’esigenza di rivedere le definizioni di identità di genere, così come la descrizione dei “disturbi dell’identità di genere nei bambini“, soprattutto in questo momento in cui si sta aggiornando il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Nessuno sa perchè la maggior parte dei bambini si adatta facilmente ai ruoli di genere che gli vengono assegnati, mentre altri no. Forse dipende dai livelli ormonali, o forse da altro, ma resta il fatto che casi del genere sono molto più frequenti di quanto si pensi, e risulteranno sempre più visibili perchè finalmente i genitori scelgono di assecondare e incoraggiare, invece di reprimere e nascondere.

I maschi migliori delle femmine?

Nei pochi studi condotti colpisce una mancanza: i comportamenti delle bambine non conformi al loro sesso non vengono praticamente mai studiati “perchè le deviazioni dalla femminilità tradizionale sono molto più diffuse e accettate“. Dopo le lotte delle suffragette, e la conquista dei diritti basilari, prima negati, le donne hanno cominciato a indossare pantaloni, a lavorare fuori casa e praticare sport e attività che precedentemente erano considerate maschili: l’idea che una bambina si comportasse come un maschio ha smesso di essere disdicevole. Al contrario, sembra quasi che le donne acquistino prestigio se si comportano come gli uomini, mentre il contrario è ancora inammissibile, e per i ragazzi è disdicevole avere anche solo un minimo tocco di femminilità.

Secondo Diane Ehrensaft, psicologa dell’Università della California a San Francisco: “Un uomo ha molti più privilegi nella nostra società. Quando un bambino vuole comportarsi come una bambina, inconsciamente la cosa ci sconvolge. Perchè mai qualcuno dovrebbe voler appartenere al sesso più debole?“. In base a questo ragionamento è sette volte più probabile che un bambino che mostri interessi o comportamenti “da femmina” sia indirizzato ad una clinica specializzata per una valutazione, rispetto ad una bambina che mostra interessi maschili, giudicata e definita semplicemente come un “maschiaccio”.

Ancora una volta doppio peso e doppia misura per maschi e femmine che vanno a privilegiare e avallare la presunta superiorità del maschile sul femminile.

Come reagiscono i genitori dei bimbi “fluidi”?

L’atteggiamento dei genitori con bambini con un’identità di genere fluida oscilla tra la tentazione di cedere al conformismo, come tentativo di protezione, e il desiderio di incoraggiare la loro libertà di espressione. La paura di prendere decisioni sbagliate e danneggiare il futuro benessere dei propri figli è sempre in agguato, anche perchè c’è ancora un forte disaccordo tra gli specialisti rispetto all’incoraggiare o meno la vita nello “spazio intermedio”, come questi bambini richiedono.

Che male c’è se sono maschio e mi vesto da femmina?

photocredit: diregiovani.it

Susan e Rob, prima di permettere al figlio Alex di andare a scuola con un vestito da bambina, hanno mandato agli insegnanti e ai genitori dei compagni una mail che conteneva anche link per chi volesse ulteriori informazioni sui bambini di genere variante. Susan ha consultato il pediatra, uno psicologo e si è messa in contatto con i genitori di altri bambini come Alex, e nonostante abbia deciso di assecondare l’inclinazione di Alex era terrorizzata delle possibili conseguenze: “E’ difficile spiegare perchè l’identità di genere influisca tanto sul nostro modo di vedere una persona, ma è così. Come genitore, è una cosa molto destabilizzante, e mi chiedevo come avrebbe reagito il resto del mondo, se io stessa avevo tanta difficoltà a capire mio figlio“.

Anche Anthony il padre di Jose ha vissuto momenti difficili e imbarazzanti, soprattutto quando ha capito che la fluidità sessuale del figlio non era soltanto una fase di passaggio. Grazie al sostegno di uno psichiatra che gli ha consigliato di lasciare giocare Jose con quello che preferiva e di lasciargli indossare quello che vuole quando è in casa, ma non in pubblico, per evitare prese in giro, Anthony ha cominciato a tranquillizzarsi, anche se ammette di provare fastidio quando suo figlio si muove o parla in maniera teatrale, anche se non sa spiegarsi il perchè. Anthony comunque si è scusato con Jose: “Gli ho detto: non avevo capito. Non conoscevo nessuno come te, perciò mi ci è voluto tempo per abituarmi. Mi dispiace molto“, e più di una volta suo figlio ha risposto: “Ti perdono“.

Queste storie, ed altre raccolte dalla Padawer, dimostrano chiaramente l‘esigenza di ridefinire il concetto di identità di genere, e soprattutto di chiarire cosa si intende per disturbo e cosa può essere considerato patologico. Non si sa ancora perchè alcuni bambini si adeguano senza problemi all’identità di genere che viene loro assegnata e altri no, ma casi di identità fluida sono più frequenti di quanto si immagini, soprattutto perchè finalmente i genitori scelgono di incoraggiare e sostenere i propri figli nell’esplorazione della loro identità, invece di coprire, nascondere o negare.

Come pensi reagiresti tu se fosse tu* figli* a manifestare un’identità di genere fluida? Cosa pensi della scelta di alcuni genitori di sostenere e incoraggiare i propri figli ad essere se stessi in qualunque momento?


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