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Che “paccata”.

Creato il 16 marzo 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

Che paccata.

Perfino la Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha riso delle dichiarazioni del Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che minacciava di non concedere nessuna paccata di miliardi se non si trova l'accordo con i sindacati sulla riforma dell'articolo 18. Un atteggiamento che ricorda quello dell'a.d. di Fiat, Sergio Marchionne, il quale, se ricordate, diceva che la casa torinese non avrebbe investito un centesimo in Italia, se non si fosse firmato il contratto separato. Come è andata a finire l'abbiamo visto: contratto firmato e imposto ai lavoratori, ma degli investimenti promessi nemmeno l'ombra.

Ma la convinzione non cambia: il solo modo per realizzare la crescita, secondo alcuni, è la precarizzazione di massa. Ma è davvero così? Possibile che, in Italia, l'ostacolo allo sviluppo economico siano proprio i diritti dei lavoratori? La risposta, ritengo, può essere una sola: no, niente di più sbagliato. Altrimenti, come è possibile spiegare, ad esempio, che in paesi come la Germania, dove il mercato del lavoro è molto più rigido del nostro, la disoccupazione sia in calo e i consumi in ripresa? Secondo l'Ocse, infatti, le aziende italiane, con un indice di licenziamento pari a 1,77, trovano più facilmente la possibilità di liberarsi di un proprio dipendente, rispetto ad un'azienda tedesca o, in generale, del nord Europa (dove l'indice di licenziamento è di 3,0). Aggiungiamo, inoltre, che i tedeschi possono contare anche su un sistema di ammortizzatori sociali, di gran lunga superiori ai nostri. Certo, non tutto è rose e fiori (nell'ex Germania Est, ad esempio, esistono zone di sottosviluppo economico pari al nostro Mezzogiorno), eppure con un mercato del lavoro più rigido del nostro, la disoccupazione è in calo e la crisi sembra ormai alle spalle.

Com'è possibile? La risposta è molto semplice: investimenti e innovazione. Prendiamo un settore, quello dell'auto, che sta passando un periodo di crisi non indifferente. Cosa dicono i dati? Dicono che in Germania, a fine 2011, c'è stato un +8,8% di immatricolazioni d'auto, soprattutto di produzione nazionale (Volkswagen, Mercedes, Opel, ecc.), mentre, nello stesso periodo, da noi si registrava un -10,9% di immatricolazioni. La casa produttrice regina è la Volkswagen (23,2% del mercato auto europeo), mentre la Fiat si deve accontentare di un misero 7,2%. Il motivo di questo distacco? Mentre Marchionne era intento a imporre il famigerato modello Pomigliano, le aziende tedesche impiegavano mezzi e risorse nella creazione di nuovi modelli e di novità tecnologiche, rinnovando i loro prodotti, in modo da renderli più appetibili di quelli della concorrenza. E senza toccare i diritti dei loro dipendenti.

Se in Italia l'economia è in crisi e l'occupazione è in picchiata, la colpa non è della presunta rigidità del mercato del lavoro: indicarla come la causa di tutti i mali significa solo che non si vogliono affrontare i problemi veri (consumi interni in calo, a causa dei salari bassi e tartassati; corruzione; impiego di risorse pubbliche in progetti di dubbia utilità; mancanza di investimenti e di innovazione), vuoi per mancanza di volontà politica, vuoi per non scontentare lobby più o meno potenti. Se vogliamo parlare di paccate per i lavoratori, quella che stanno preparando, in questi giorni, può essere tradotta solo con "fregatura".


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