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Cinematografo tra passato e presente

Creato il 21 gennaio 2012 da Carlo_lock

La storia del cinema la conosciamo tutti e le storie sono sempre noiose, quanto indispensabili, ma la storia del cinematografo (luogo di proiezione, consuetudini di proiezione, mercato e fenomenologia dello spettatore-tipo) è assai interessante.

Accanto a una produzione trasversale sempre uguale di prodotti d'autore (Scorsese, Allen, Kubrick, Ken Loach, Cassavetes, Bunuel, Fellini, Rosi, Bellocchio, Olmi) che cosa accade nella realtà effettuale del cinematografo diciamo a partire dal '68, negli anni della contestazione (periodo di decadenza, per i critici più puristi e snob, ma anche di occasione di ricchezza, o si potrebbe dire una nuova prospettiva di fare e fruire il cinema)? Che film incontriamo sfogliando le pagine dei vecchi quotidiani? Prendiamo come punto di riferimento Il "Corriere della Sera", tanto per fare un esempio. Negli anni '60/70 i cinematografi sono di più e pubblicizzano le locandine per lo più di film comici, erotici (dalla commedia sexy ingenua fino a veri propri hard), polizieschi, fantascienza e horror. In questo senso il primo episodio del film Il comune senso del pudore di Alberto Sordi, rappresenta una bella autocritica di costume, nonché un'acuta riflessione di metacinema. Va da sé che ormai è inutile lamentarsi oggi di sesso e violenza nei cinematografi (modestissimi di numero tra l'altro), anzi, forse ci si lamenta rei pentiti di non essersi lamentati ieri. Quei film tanto vituperati e bollati come trash, avevano un grande incasso al box-office e in certi casi prendevano anche David di Donatello (è accaduto per Borotalco di Carlo Verdone o per Sapore di mare di Vanzina), la caratteristica di quel periodo era la massificazione che si rifletteva anche nell'ampia disponibilità delle sale. Avere un'ampia disponibilità di sale da proiezione (prima, seconda, terza visione) comportava anche un atteggiamento psicologico diverso da parte dello spettatore: innanzitutto non c'era fretta, un qualsiasi film si recuperava, magari in un cinemino di quartiere, avere più sale voleva dire avere più film da vedere a un prezzo che con il valore della moneta di allora equivaleva oggi a un film a noleggio (3-4 euro), quindi si poteva anche rischiare il film scadente; andare al cinema, all'interno di questa massificazione-trash, era considerato più distensivo, più di svago: si poteva fumare, si poteva entrare a qualsiasi ora (anche se era poco intelligente vedere un film dalla fine e poi rivedere l'inzio), al cinema ci si andava anche per limonare. O si limonava con la propria "pupa" o i pederasti andavano in cerca di ragazzini (ed i film di violenza o di sesso richiamavano certi soggetti decisamente pericolosi per minorenni, maniaci o sadici). Al di là del film che si andava a vedere, il cinematografo era uno svago in sé, una catarsi collettiva, un esercizio quotidiano da ripetere. La scarsa pubblcità televisiva faceva sì che si potesse andare a vedere un film anche a scatola chiusa, così, senza sapere assolutamente di che si trattava. Si sfogliava il giornale e si dibatteva: "ma se andassimo a vedere questo? Come sarà? Pare divertente". L'andare a vedere un film a scatola chiusa era più emozionante, ma comportava anche il rischio di abbandonare la sala sconcertati (come succedeva al Giacinto-Alberto Sordi del Comune senso del pudore), ma i prezzi lo permettevano. La stragrande maggioranza dei film proposti, come già detto, era d'intrattenimento, quando non proprio trash (si direbbe oggi), in mezzo erano infilati i soliti "autori" e i "cineclub" (le comiche, i film muti o i film russi), ma quello che risaltava erano i vari Pozzetto, Tognazzi, Celentano, nonché Alien, Guerre stellari, Una postola per Ringo, mosche, tarantole, gatti di velluto, di cristallo, di giada, cittadini ribelli, rome violente, squadre antiscippo, antifurto ecc.ecc.

Osservare una vecchia pagina dei cinematografi del "Corriere" degli anni Settanta è abbastanza scioccante: ci si stupisce di come una volta i produttori italiani avessero il coraggio di mettere in cantiere massicciamente prodotti che oggi da soli non incasserebbero un centesimo. Apparentemente sembrava ci fossero molte più sale, in realtà, facendo i dovuti i conti, le sale erano molto meno di oggi. Però se si considera il cinematografo come luogo fisico e ragione sociale...bè, allora erano sicuramente di più. Le multisala ci hanno fottuto, è chiaro: meno cinematografi ma più sale. Però la percezione psicologica è che ci siano comunque meno film in circolazione oggi, con una netta maggioranza di prodotti anglo-americani (anche con titoli non tradotti) su prodotti nostrani o di altri Paesi europei (Francia, Spagna, Germania), anche se il boom dei film americani lo si ha avuto negli anni 90. Dal 2000 una lenta ripresa di cinema italiano c'è stata, ma una grande differenza sostanziale rispetto al passato è che oggi i film sono tendenzialmente di fattura medio-alta, non medio-bassa, anche a livello di costi di produzione. Non si realizzano più film a basso costo per un grande incasso, ma semmai film ad alto costo per un basso incasso. Anche la tecnologia ci ha fottuto, ebbene sì. Ed in più c'è la contraddizione insanabile, tra l'aver sdoganato e glorificato il cinema di allora (i peplum, le Gloria Guida, i Mario Bava) senza però accettare una nuova produzione del genere. Oggi il pubblico è esigente, vuole il grande spettacolo, vuole riflettere e meno ridere, anche perché il biglietto a 7.50 euro non consente più la visione di una sciocchezzuola, quella la si affitta in dvd per una pizzata di gruppo a casa, con gli amici. Anche le commedie si orientano sulla qualità e sul realismo, non più sul macchiettismo, sulla pochade, però diviene difficile identificare quali siano i gusti del pubblico oggi, i cinepanettoni incassano ancora, ma solo con la concessione del periodo natalizio. Non si può più fumare, non c'è più la mitica maschera, le signore sole in cerca di uomini, i pederasti hanno smesso di molestare i ragazzini, si sono spostati su Internet, la censura è molto più di manica larga a livelli di divieti, ma solo in sede definitiva (nel senso: i divieti ai minori di 18 sono diminuiti perché gli autori stessi del film sono costretti a subire vincoli e autocertificazioni prima della presentazione in commissione censura, a dimostrare che il soffocamento della libertà artistica è più strisciante, ma comunque più pesante oggi) Ed anche i divieti, diciamolo, contribuivano a dare un'emozione in più, soprattutto ai ragazzini che aspettavano il compleanno giusto per entrare al cinema o cercavano di stortare l'amico dell'amico dell'amico per poter entrare lo stesso. Oggi si prenota per telefono il posto, si è persa l'immediatezza, c'è una tizia con il prospetto della sala: "quale posto vuole?" L'impressione globale del cinematografo nelle grandi città oggi è che sia un posto molto raffinato, quasi museale, prezioso, molto borghese. La scelta dei film da andare a vedere è limitatissima e bisogna essere molto riflessivi nella scelta, ci sono troppi intoppi che impediscono la visione selvaggia e massiccia, compreso l'andare in sala conoscendo quasi alla perfezione il film desiderato. In più non ci sono più le proiezioni mattutine. Volete mettere la meraviglia di non andarea scuola o prendersi le ferie una mattina d’inverno e infilarsi in un cinema a vedere sparatorie, docce sexy o drammi sentimentali? Uscire con dentro il film, vivere attraverso il film per un’intera giornata? Ecco cosa manca: oggi manca la goliardia al cinema.


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