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Cuamm di Padova /Quella solidarietà che s'impara solo sul campo

Creato il 30 agosto 2012 da Marianna06

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Del Cuamm di Padova ne ho parlato su JamboAfrica,  proprio  alcuni mesi fa, in occasione dell’uscita  dall’ editore Feltrinelli del libro di Paolo Rumiz, ”Il bene ostinato”.

Conosco però il Cuamm dai tempi dell’università (sono trascorsi abbastanza anni) ed è accaduto grazie ad un amico medico,facente parte dell’organizzazione umanitaria,che era impegnato a Wajir e poi a Mandera, in Kenya, il quale mi raccontava  per lettera del suo lavoro non sempre facile,degli scarsi mezzi a disposizione, dell’arte di arrangiarsi e, naturalmente, delle epidemie ricorrenti che non davano tregua alla gente inerme. Lettere che, qualche volta, corredava con classiche foto in bianco e nero.

Si comunicava così, infatti, nei fine anni ‘60, perché non c’erano né ancora le istantanee da polaroid, né tanto meno era ipotizzabile un “ internet” con Facebook o Skype.

E, tra andata e ritorno, quella corrispondenza impiegava almeno un mese. Sempre che tutto filasse liscio.

Ho letto perciò con molto piacere su Repubblica di ieri del documentario, fuori concorso aVenezia, di  Mazzacurati (anch’egli padovano) sull’Africa e gli”angeli” del Cuamm.

Cuamm, che significa Collegio universitario aspiranti medici missionari e ha sede a Padova, è stata una delle prime Ong in Italia e per giunta molto attiva (1950), nonostante l’ andare a lavorare in Africa , in quegli anni , non fosse affatto quella che potremmo definire una”passeggiata” da turisti.

Non mi soffermerò certo qui a raccontare ciò che potrete tranquillamente vedere da voi stessi  sullo schermo in “Medici con l’Africa”,quando il documentario di Mazzacurati comincerà a circolare nei circuiti giusti.

Dico solo che il film è stato girato in Mozambico, un Mozambico ricchissimo di gioventù,paga del poco e del niente che ha nel suo quotidiano, ma sempre e comunque con il sorriso sulle labbra.

Riporto invece, dall’intervista che proprio Rumiz ha fatto a Mazzacurati per  conto di Repubblica , alcune considerazioni interessanti del regista.

Interessanti perché costituiscono,a mio parere, per noi europei, occidentali, italiani di questi tempi un po’troppo piagnucoloni, materia di riflessione.

Parlando di come ha preso forma questo progetto di film ,Carlo Mazzacurati dice : “Non so nemmeno io stesso che cosa sia questa mia cosa. L’ho vissuta essenzialmente come servizio,cercando più il nascondimento che il protagonismo. E di quest’Africamozambicana, dove ho girato con i miei collaboratori e il sostegno logistico del Cuamm, ho portato a casa quella massa fisica  e vitale, quasi sempre di adolescenti,costretta a vivere,suo malgrado, una periferia del mondo dolente e malinconica e che supera con l’attitudine al dialogo e allo scambio. Sia pure esso fatto, appunto, di piccole cose. E’ stato, soprattutto, un viaggio unico sotto il profilo dei sentimenti. Quando rientri a casa, più che nel viaggio di andata,sicuramente tutto stupore e meraviglia, ti accorgi subito  dell’assurdo  nostre inutili complicazioni mentali  oltre che , com’è scontato, dell’immenso superfluo in  noi viviamo e che ,talora, non ci basta mai .”

Ce n’è abbastanza dalle parole di Mazzacurati,sia prima che dopo aver visto “Medici con l’Africa”, io credo, per autoanalizzarci e darci, poi, da noi stessi , senza che nessuno sappia, le nostre risposte.

Non risposte di rifiuto, di rabbia,di rivolta. Semmai di collaborazione solidale.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 


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