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Cuore di Drago, di Sharon Schulze (ovvero: cosa hanno da dire gli Harmony)

Creato il 20 aprile 2014 da Joeundfreida @JoeUndFreida

Lily chiuse gli occhi e si strofinò le braccia, sicura che per diversi giorni avrebbe portato il segno delle sue dita forti e callose. Ma almeno le aveva risparmiato l’umiliazione di cadere come un sacco di patate ai suoi piedi.

La sezione nuovi arrivi in narrativa di Google Libri non mostra solo opere in assoluto recenti come data di pubblicazione, ma anche quei volumi che, dopo decenni o quasi che sono disponibili in cartaceo, vengono riproposti in e-book. Capita, così, che un vecchio romanzo uscito nel 1997 in lingua originale e riproposto nella collana Harmony della Harlequin Mondadori nel 2007, riappaia tra gli scaffali proprio qualche giorno prima del 10 aprile 2014, e capita che una Madame assonnata e distratta ne scarichi l’anteprima dopo aver pensato che si tratti di un fantasy per la bella copertina e per il titolo pomposo: Cuore di Drago. E capita che detta Madame rimanga sorpresa.

Drago o, meglio, Dragone, non è altro che il soprannome di Ian ap Daffydd, il Lord braccio destro di Llywelyn, re del Galles. Siamo nel 1215, e Lily, una ragazza di misteriose origini, è sempre vissuta in una abbazia come pensionante a spese di un anonimo benefattore. Quando la madre, ospite con lei, muore, Lily scappa dalle monache, troppo silenziose e reticenti a spiegarle chi lei sia e come mai alloggi da loro. Raccolto qualche indizio da una conversazione origliata per caso, Lily si mette in viaggio per incontrare il principe Llywelyn – e invece, imprevedibilmente, finirà proprio tra le mani forti e callose del Dragone. E non si può dire che a lui dispiaccia.

Un lettore, ed in particolare un lettore che alle volte si picchi di essere pure scrittore, non deve essere schizzinoso; considerare la paraletteratura come un insieme di libri di livello “inferiore” perchè, semplicemente, sono beni di consumo e non quello che generalmente si definisce arte, è segno di profonda ignoranza e chiusura mentale. Un po’ come quando ci si mette nell’ottica di dover necessariamente fare i conti con un romanzo come Warm Bodies perché ha avuto successo e non può essere ignorato, così il nutrito e longevo genere Harmony merita di essere studiato ed i suoi autori meritano di essere considerati i fini artigiani che sono e non degli imbrattacarte qualunque.

Eh sì, perché non è mica facile sottostare ai criteri di questo particolare genere di romanzi rosa e, contemporaneamente, riuscire ancora a calamitare quelle lettrici che hanno letto già mille volte di come lui rimanga turbato da lei e viceversa. Sharon Schulze è in questo una maestra: Cuore di Drago fa parte di una saga di ben sette volumi autoconclusivi, edita in Italia in ordine sparso, e che sul web, nei siti dedicati, riceve recensioni entusiaste. Benché io sia un’accanita lettrice di fanfiction erotiche (già, ognuno ha i suoi vizi), sono una profana del genere Harmony e, dunque, dubito che mi metterei mai a leggere seriamente Cuore di Drago o i suoi ventordici fratellini – pure, trovo che dallo stile della Schulze si possa imparare molto.

Togliamoci subito i sassolini dalla scarpa ed elenchiamo quelle cose che proprio non vanno e che, però, sono tipiche del genere e perciò irrinunciabili se ci si vuole rivolgere ad una determinata fetta di pubblico. Lily, di fatto imprigionata da Ian nelle segrete del castello e, prima, trattata da lui piuttosto malamente (senza arrivare alla violenza) si sente immediatamente turbata e irretita dal bell’omone, nemmeno fosse vittima di una Sindrome di Stoccolma fulminante. Ian stesso, che di donne in vita sua ne avrà ben viste, sente che nel suo cuore fa breccia proprio lei, dopo nemmeno dodici ore dall’averla conosciuta. Madame Freida sarà pure un’acidona che non crede nel colpo di fulmine, però, dai, che si rimanga davvero turbati dall’odore di una persona al punto da non riuscire a mantenersi in piedi è davvero difficile da credere. A meno che, certo, non si tratti di un puzzo inenarrabile, il che nel Medioevo avrebbe anche ragione di essere, ma dubito fortemente fosse quello cui si riferiva la Schulze.

Tuttavia, benché si debba sottostare alle regole del genere, i particolari concreti e realistici non mancano, nemmeno a livello olfattivo: Ian rifiuta le avances di una prostituta non perché sia particolarmente un bravo ragazzo devoto al vero amore, ma perché dai seni prosperosi che ella gli preme sulle braccia sale un odore di sudore misto a birra fresca che scatena in Ian un certo disgusto.

Quando poi il Dragone si trova a dover salvare Lily dallo sfracellarsi alla base delle mura del castello di Llywelyn, mi sarei aspettata che la straordinaria bellezza di lei lo colpisse subito come un dardo scoccato da un tenero puttino, e invece no: finchè non la acchiappa e la stringe tra le braccia, Ian rimane ragionevolmente convinto che si tratti di un maschio, certo non un uomo ma un giovanotto imberbe sì, come d’altronde sarebbe stato più logico aspettarsi. E non solo perché siamo nel Medioevo, ma anche perché Lily è insolitamente alta, per essere una donna, e soprattutto non è una totale deficiente incapace di badare a se stessa, ma è in grado, dopo aver affrontato un lungo viaggio, di scalare appunto le mura del castello suddetto. La situazione è pericolosa, perché solo qualche settimana prima un contadino ha tentato la stessa impresa e, come pensa Ian, le grida di terrore ed il corpo sfracellato dovrebbero essere dei dissuasori sufficienti – e, ammettiamolo, come situazione è anche un po’ irrealistica; però, non si può negare che faccia piacere trovare finalmente una protagonista femminile che abbia un minimo di testicolame.

Le descrizioni che la Schulze fa dei propri personaggi partono sempre da particolari concreti: in romanzi di questo genere non ci si può esimere dallo specificare come sono abbigliati i protagonisti, ma invece che servirsi dell’abusato cliché dello specchio, il narratore realizza una descrizione dinamica inframmezzata e motivata dalle azioni, per cui si parla del mantello solo quando Lily se lo toglie per iniziare a scalare le mura e si specifica che porta larghe brache solo quando esse svolazzano al vento. Anche i momenti di infodump che spiegano come Lily sia giunta al castello sono ben mistificati all’interno della narrazione: le riflessioni prendono il via da spunti fisici legati alla situazione presente e non si protraggono mai oltre un tot di frasi, sicché il discorso si snoda scorrevole e quasi non ci si rende conto del rigurgito di informazioni.

Certo, il prologo è qualcosa di osceno e ha il solo pregio di essere breve, e già nelle prime pagine fioccano gli episodi irrealistici come Ian che salva Lily dalle mura issandola oltre il parapetto facendo uso solo della propria forza e di due cinture strette da un nodo. Sì, Ian viene tenuto per le caviglie da una guardia perché non cada, ma andiamo, non posso davvero credere che riesca a tirar su così una persona.

Il punto di vista è traballante, saltella da Ian a Lily e viceversa senza soluzione di continuità, però è sempre molto chiaro chi stia parlando di cosa, e questo secondo me è il più grande insegnamento che possiamo trarre dall’opera di Sharon Schulze: che si parli di fanciulle sedotte da dragoni gallesi o di splatter o di fantascienza alla Asimov, scrivere in maniera piana e perfettamente comprensibile è l’assoluta priorità.

Quindi, consiglierei di leggere Cuore di Drago? Tutto sommato, sì: c’è sempre da imparare.

Clicca sull’icona per leggere l’anteprima gratuita di Cuore di Drago su Google Play:

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 Madame Freida


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