Magazine Attualità

Di chi sarà la Siria? Mosca, Washington e Tel Aviv a poche ore dai colloqui di Ginevra

Creato il 13 marzo 2016 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: Il sogno di Damasco. I giorni della tregua

Ormai siamo a poche ore dai colloqui di pace di Ginevra, ma in Siria continua a permanere una tregua fragile e sofferta. Nei territori dove i gruppi del terrore (Isis e al-Nusra) fanno da padroni, nelle ultime settimane si sono registrate molte perdite umane. Numerosi miliziani islamisti hanno disertato e stanno fuggendo verso la Turchia, al fine di non restare intrappolati in una Siria che presto vedrà una spartizione. Il ruolo della Turchia, secondo la popolazione siriana, resta ancora sospetto. C’è chi afferma che Ankara – sebbene l’ultimo vertice con l’Unione europea – continui a supportare militarmente i jihadisti, ma l’esercito di Damasco resta ugualmente favorito. Libano, Iran e Russia sostengono il governo siriano, ma la Siria rimane una terra dove la tregua è una questione fragile nonostante l’approssimarsi dei colloqui di pace.

Il rapporto costante fra Siria e Russia negli ultimi cinque mesi di conflitto armato ha portato al raggiungimento di una terna di obiettivi: dalla protezione della zona di Latakia al consolidamento del corridoio Aleppo-Hama-Homs-Damasco al blocco dei rifornimenti turchi. Inoltre lo spazio aereo siriano è stato messo sotto controllo da Mosca grazie ai sistemi di dissuasione. Qualcuno afferma che la stessa Russia abbia scongiurato l’avanzamento del processo di balcanizzazione previsto da Stati Uniti e Israele, ma le opinioni in merito restano divergenti. Nonostante ciò non si è messa a tacere quella spartizione che diverrà il futuro della Siria. Ancora ci si domanda a chi andranno i territori siriani del dopo-tregua, quando i colloqui di pace di Ginevra avranno ormai sentenziato sul destino del popolo di Damasco. A chi andranno le terre che oggi sono vittime delle violenze jihadiste? E’ questo l’interrogativo martellante che ancora riecheggia a poche ore dai colloqui di pace. Isis e al-Nusra, infatti, sono rimasti esclusi dagli accordi di tregua, e in questi giorni hanno continuato a mietere vittime fra la popolazione civile siriana.

La spartizione della Siria è una “questione antica”. Era già prevista in un piano strategico degli Stati Uniti, nel quale era discusso il futuro del Medio Oriente e in particolar modo di Iraq e Siria. All’interno di quel piano la spartizione prevedeva il criterio etnico-religioso, ovverosia due Paesi spartititi a seconda del credo religioso e dell’etnia. Un Medio Oriente che si sarebbe prestato così ad un controllo più capillare da parte della Casa Bianca. Un simile progetto fu già reso noto dai vertici degli Stati Uniti e solo di recente dal ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon. All’interno di questo piano strategico si comprende assai bene come Washington considerò la creazione di uno Stato sunnita nella Siria del nord. Una strategia che aveva un obiettivo ben chiaro: istituire un’area americana capace di controllare da vicino il Medio Oriente.

Un’attenzione significativa è oggi rivolta alla Turchia di Erdogan, che potrebbe fungere da corridoio fra Libano e Siria per introdurre in quest’ultima armamenti utili a rifornire i gruppi del terrore. Ma oggi gli Stati Uniti di Barack Obama sono quanto mai un Paese diviso politicamente. Ai vertici della Casa Bianca si auspica una “partecipazione moderata” dell’America al conflitto siriano. Dalla parte dei repubblicani, invece, si pensa ad un intervento massiccio degli Stati Uniti e della Nato in Siria per contrastare l’ingerenza russa sul territorio. Si teme infatti – da parte di questi ultimi – che il Cremlino possa poi acquisire la Siria come una “colonia” di Mosca. In quest’ottica la presenza politica di Israele è tutt’altro che marginale. Tel Aviv teme appunto che lo Hezbollah libanese possa essere un ulteriore pericolo per i confini israeliani, dimostrandosi come una “diramazione violenta” dell’Iran.

Il segretario alla Difesa americana, Ashton Carter, ha recentemente allertato la Casa Bianca sull’accordo fra Russia e Stati Uniti. “Ciò che è stato siglato fra John Kerry e Sergej Lavrov è una trappola” ha riferito Carter, “Il Cremlino continuerebbe così ad essere la principale minaccia per l’America in Medio Oriente”. Ashton Carter ipotizzò tra l’altro la possibilità di attuare un piano alternativo volto a istituire una zona anti-Assad e anti-Putin in Siria, ma un simile progetto rischierebbe di far degenerare i rapporti con Russia e Iran che si vedrebbero totalmente esclusi dalla questione siriana. Ad oggi non si può far altro che avanzare pronostici sulla Siria che seguirà ai colloqui di pace di Ginevra. Per certo il ruolo di Stati Uniti e Russia sarà fondamentale, ma non si possono ovviamente tacere gli interessi di Israele e di quel Medio Oriente che ormai guarda alla Siria come a un “boccone ghiotto” prossimo ad una sospetta spartizione.

Tags:al nusra,aleppo,America,arabia saudita,assad,carter,casa bianca,cremlino,damasco,difesa,erdogan,hama,homs,iran,isis,israele,Kerry,Lavrov,Mosca,Nato,Nazioni Unite,obama,ONU,putin,qaeda,ribelli,russia,siria,stati uniti,stato islamico,teheran,Tel AViv,turchia,washington,yaalon Next post

Articolo piu recente.

Related Posts

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Nuove elezioni per la Siria, ma l’Oxfam dice no

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Siria, niente tregua a Darayya. Una città sotto il fuoco di Assad

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

La Siria del dopo-tregua tra progetti e cabine di regia

BlogMedio OrientePrima PaginaReportageSiria

Siria, un primo bilancio da dopo la tregua. Si continua a sparare


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog