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Dieter Schlesak - da L'uomo senza radici

Da Ellisse

paul celan - foto del passaporto del 1938«Bene», diceva Adam con un tono sarcastico, «questa era la vostra vita, allora. Quindi non cambiò neppure nel 1940. In ogni caso, non fino a novembre. E nel 1941, nel 1942, nel 1943? A casa tutto così pacifico, anche se i vostri uomini... sì, sì... (1) Ma da noi? Da noi cominciò il 5 luglio 1940, quando entrarono a Czernowitz le truppe romene del regime di Antonescu, alleato con la Germania.
Già il 6 luglio arrivò la famigerata unità di pronto intervento agli ordini del comandante di brigata SS Ohlendorf, il cui genere di "attività" conosciamo dal film Olocausto. Molti ebrei sulla riva del Pruth dovettero scavarsi con le proprie mani la fossa sul cui bordo furono poi fucilati. Divenne obbligatorio portare la stella gialla. Fatto. Ne portavo una anch'io. E nacque un ghetto. Tutto  questo ho dovuto viverlo. Cominciarono le deportazioni alla volta della "Transnistria", nel settore dell'Ucraina tra il Dnestr e il Bug sotto il controllo romeno. Oh sì! I nostri buoni romeni! A Czernowitz Celan fu messo ai lavori forzati. Gli Antschel si nascondevano presso conoscenti. Ma a un certo punto la madre non volle più continuare questo gioco a nascondino; era convinta che nessuno sfugge al suo destino. E preparò gli zaini. Il figlio cercò di opporsi al suo fatalismo. Invano. Lui continuò a nascondersi, ma i genitori, che attendevano con gli zaini pronti nella loro casa, nell'estate del 1942 furono deportati su un carro bestiame nel Bug meridionale. Con loro c'ero anch'io. Dapprima arrivammo a una cava che era detta la cariera depiatrâ; da ultimo giungemmo a Michailowka, in un villaggio russo con un lager. Qui, il padre di Paul fu fucilato nell'autunno del 1942. La madre ne scrisse al figlio. Che amava moltissimo sua madre, mentre non era in buoni rapporti con il padre, troppo severo. Quest'ultimo compare solo di rado nelle sue poesie. Ma una volta scrive della sua morte.
...Quando, rossastra, la zolla si fende,
quando niveo si riduce in polvere
lo scheletro
di tuo padre, calpestato dagli zoccoli,
il canto del cedro. *
«La madre era cuoca alla mensa della truppa di Michailowka. Celan allora era ai lavori forzati nel lager di Tàbàresti, in Moldavia, e là poi, nella primavera del 1943, da un conoscente scappato viene a sapere che anche la madre è stata uccisa con un colpo alla nuca. Un trauma da cui non si libererà più. Scrisse allora:
Albarella, è bianca la tua fronda che guarda nel buio.
Bianchi non si fecero i capelli di mia madre.
Dente di leone, così verde è l'Ucraina.
Non fece più ritorno mia madre ch'era bionda.**
«Da allora dolore e sensi di colpa, che aumentavano quando conoscenti e amici deportati, tornati a casa nel frattempo, gli davano notizie dall'inferno. L'amico Weißlass raccontava anche come fosse riuscito a salvare la sua vecchia madre. Il senso di colpa per essersi messo in salvo, mentre i suoi genitori erano andati incontro a sicura morte, non abbandonò più Paul. Neppure quando, senza documenti di viaggio, su un automezzo militare sovietico, abbandonò per sempre il suo paese natale, venne a Bucarest, dove restò fino alla fine del 1947 e poi, con l'aiuto di contadini ungheresi, fuggì prima in Ungheria e in Austria, per approdare da ultimo a Parigi. Era cominciato il suo lungo esilio. Ormai lui si annoverava tra i morti. La vita gli pareva un incubo, come se gli uccisi lo attendessero, come se per rimediare a questa condizione innaturale dovesse essere superata la separazione... Ma, soprattutto, a non abbandonarlo più fu la madre morta...»
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* Versi della lirica giovanile di Paul Celan SchwarzeFlocken, «Neri fiocchi». [n.d.t.]
** Versi della lirica celaniana Espenbaum («Albarella»). La traduzione italiana è di Giuseppe Bevilacqua, cfr. Paul Celan, Poesie, Mondadori, Milano 1998, p. 23. [n.d.t.]
(1) Qui il narratore (lo stesso Schlesak) riferisce parte di una conversazione avuta negli anni '70 con l'amico ebreo Adam Salman, che era venuto a ritrovare nei luoghi dell'infanzia, nella Transilvania romena. Il doloroso sarcasmo di Adam si riferisce al fatto che alcuni membri della famiglia del narratore, come molti degli appartenenti alla minoranza cattolica di lingua tedesca ( i Sassoni della Transilvania) avevavo aderito con entusiasmo al nazismo, fino a diventare parte delle SS operanti nei campi di sterminio. Una "colpa" che l'autore ha rielaborato, insieme alla sua travagliata biografia di "esule", nelle sue opere letterarie, tra cui questo "L'uomo senza radici" e "Il farmacista di Auschwitz", due libri di grande rilievo.


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