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Domandami se sono felici. Stanno tutti bene di Giuseppe Tornatore

Creato il 29 novembre 2010 da Spaceoddity
Domandami se sono felici. Stanno tutti bene di Giuseppe TornatoreSembra avere occhioni enormi dietro gli occhiali, Marcello Mastroianni, aperti sul mondo, seppure schermati dalle lenti. Sorride, a meno che non sia solo, ma non chiedetegli se è felice: ti dirà che Stanno tutti bene, ma mente per non dare un dolore alla moglie, mente per non soffrire ancora tra figli che non trova. E i figli di Matteo, nello splendido film di Giuseppe Tornatore, sono tutti sfuggenti come personaggi d'opera di cui portano il nome (Norma, Alvaro, Tosca...) e, come essi, destinati dal genere a essere infelici.
Stanno tutti bene... ma, a ben guardare, c'è il figlio che è scomparso, la figlia fallita nel suo sogno di diventare un'artista, un politico senza futuro e un musicista senza ritmo, una donna il cui matrimonio non ha un senso e un nipote che vive di surrogati alimentari e visivi. C'è un sogno surreale, un po' Dalì e un po' Bergman, che attraversa come un'ondata le fondamenta di questa pellicola amara e intensissima su ciò che vuol dire mentire a se stessi e alla propria vita.
Domandami se sono felici. Stanno tutti bene di Giuseppe TornatoreStanno tutti bene è senz'altro un film d'autore: due ore piene di immagini e di pura ambizione magistrale nell'arte cinematografica: Giuseppe Tornatore ha saputo dare al suo grande attore e a tutta la ricchissima compagine un colore unico, pirandelliano e autentico, senza mai sfiorare anche solo un accento provinciale. Un uomo, un vecchio, che si muove dalla sua periferia vitale al cuore, al motore della sua vita, senza che nessuno gli chieda dove lui stia andando.
Ogni volta è sempre la stessa storia: Matteo Scuro è lì, quasi per capriccio gli controllano i documenti, lo guardano e dicono "Lei è siciliano", senza punto interrogativo alla fine, come per chiedere a se stessi "Quanta strada hai fatto per venire fin qui?" e non voler rispondere. E nessuno a domandare dove vada, e perché, e chi siano i suoi figli: generici complimenti e via, sono anime e persone. Sarà amaro, traumatico, scoprire di non esserselo chiesto mai neanche lui, di non essersi mai voluto ascoltare.
Commesso viaggiatore di rimbalzo tra un rifiuto e l'altro, mendicante di storie quanto più simili possibile a ciò che vuol sentirsi raccontare, Matteo Scuro finisce con l'alzarsi e andarsene e tornare a raccontare bugie, quasi un atto di pietà.

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