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Donetsk-Lugansk-Mariupol: la cortina invisibile

Creato il 03 aprile 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: "Tra le fauci dell'orso. Geopolitica e società di un'Ucraina divisa".

Il Muro di Berlino e la Cortina di Ferro

Era il 13 agosto del 1961, quando Berlino cambiò volto nel suo rapporto con l'Europa conservato fino a quel giorno. Un sistema di fortificazioni, costruite dal governo della Repubblica Democratica, avrebbe diviso di fatto la capitale in due aree distinte, la Germania in due Germanie e l'Europa in due blocchi ideologici contrapposti. Un muro che avrebbe ridisegnato profondamente la geopolitica del Vecchio continente per i successivi ventotto anni di storia. Il comunismo da una parte, il capitalismo dall'altra. La dottrina di Breznev da un lato, il Piano Marshall dall'altro.

Da quel giorno si incominciò a parlare di Cortina di Ferro, almeno da quando Winston Churcill coniò l'espressione in un lungo discorso del marzo 1946 a Fulton, nel Missouri: " Diamo il benvenuto alla Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari. Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri popoli. È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell'attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell'Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi Stati dell'Europa Centrale e Orientale ".

La cortina ideologica con la destituzione di Yanukovich

Il 22 febbraio 2014 è il giorno del giudizio per Viktor Yanukovich. L'Ucraina è spezzata in due, e Piazza Maidan è l'emblema di un Paese ormai allo stremo di questo braccio di ferro politico. Il 18 febbraio le violenze dilagano nella capitale, portando alla morte 28 civili e ferendo 335 persone. Due giorni dopo il sangue tornerà a scorrere più copioso che mai, mentre i manifestanti si impadroniscono dei palazzi del potere e marciano alla volta del Palazzo del Governo e del Parlamento. Il 22 febbraio Yanukovich è alle strette. Buona parte dell'Ucraina non lo riconosce più come presidente. La folla chiede le sue dimissioni, mentre lui fugge da Kiev verso Est, con l'intenzione di riparare in Russia. Ecco che il presidente filorusso abbandona il trono e lascia in balia degli eventi le mire espansionistiche dell'impero di Putin.

L'Occidente lo demonizza, mentre l'America guarda all'Ucraina come a una " Cuba al contrario", spina nel fianco dell'ex Unione Sovietica. La direzione del Paese sembra vacillare. Il presidente è fuggito. Il Parlamento è senza la guida di Vladimir Rybak e il Ministero dell'Interno è latente, dopo il vuoto lasciato dalla fuga di Vitali Zakharcenko. Siamo ormai vicini alla guerra. Il 6 aprile è alle porte, quando le proteste nell'Ucraina orientale allungano i tentacoli sui palazzi governativi di Donetsk, Lugansk e Kharkiv.

L'influenza russa nel Donbass è ormai un dato di fatto e nessuno può negarne l'evidenza. Il 9 aprile sessanta filorussi vengono arrestati a Donetsk, mentre lo stesso giorno cinquanta separatisti sono fermati a Lugansk dalle truppe governative. Il giorno seguente Kharkiv è teatro di una massiccia operazione anti-terrorismo contro la compagine separatista. Il periodo che seguirà alla destituzione di Yanukovich sarà contraddistinto dalla marcia di potere del Cremlino: da Sloviansk a Kramatorsk, da Horlivka a Mariupol.

I retroscena di Piazza Maidan

Come si è già detto, Piazza Maidan è l'epicentro e l'emblema della rivoluzione ucraina. Ma quali furono gli spettri che guidarono la rivolta nel dietro-le-quinte? Alle spalle della rivoluzione si sono insinuate una serie di Organizzazioni non governative (Ong), secondo gli interessi di Washington: dalla serba Otpor - in carica dal 1998 al 2004, fondata da Robert Helvey - che gettò al passato il potere di Slobodan Milosevic, all'istituzione Open Dialog di George Soros. Quella di Kiev si è dunque mostrata come una rivoluzione in attesa di essere plasmata, un bacino politico sotto i riflettori del mondo, la breccia di una nuova geopolitica europea.

Ma è forse la Lobby Group la chiave di volta di Piazza Maidan, quando si scopre - da una rivelazione della Nuland al National Press Club - che gli Stati Uniti hanno reclutato uomini d'affari ed esperti strateghi per spostare la bussola di Kiev dalla sfera d'influenza russa al capitalismo americano.

Le parole del politologo statunitense di origini polacche, Zbigniew Brzezinski, sono lo specchio dei retroscena di quei due blocchi ideologici che per quarantasei lunghi anni furono protagonisti della Guerra Fredda: " L'Ucraina, nuovo e importante spazio nello scacchiere euroasiatico, è un pilastro geopolitico perché la sua stessa esistenza come Paese indipendente consente di trasformare la Russia. Senza l'Ucraina la Russia cessa di essere un impero euroasiatico. La Russia senza l'Ucraina può ancora battersi per la sua situazione imperiale, ma diverrà un impero sostanzialmente asiatico. [...] Ma se Mosca riconquista il controllo dell'Ucraina, coi suoi 52 milioni di abitanti e le sue grandi risorse naturali, [...] la Russia automaticamente riconquisterà le condizioni che ne fanno un potente Stato imperiale esteso fra Asia ed Europa ".

Yanukovich: il braccio invisibile di un antico progetto di cortina

Già prima di ricoprire il ruolo di presidente dell'Ucraina, Viktor Yanukovich - da primo ministro - non nascose mai troppo le simpatie per gli interessi euroasiatici di Vladimir Putin. La sua appartenenza alla vecchia guardia dell'industria pesante dell'Est ucraino, è stata letta da alcuni come l'abbraccio primordiale tra il futuro presidente dell'Ucraina e i vertici della Russia putiniana. È così che si sarebbe aperta la breccia verso una politica filorussa, incentrata su una nuova prospettiva geopolitica targata Mosca.

È pur vero che le attenzioni particolari del Cremlino permisero al governo di Kiev di tagliare traguardi nel contesto economico. Si registra nel merito un incremento dei salari per l'Ucraina, il primo dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Ma la presenza degli Stati Uniti è ormai alle porte.

L'Ucraina si sta per imbarcare in quella che verrà ribattezzata la " Rivoluzione arancione". Yanukovich diverrà lentamente il portavoce delle istanze filorusse e del potere del Cremlino, mentre la piazza sempre più insorgerà alla ricerca di un'indipendenza identitaria. Gli alleati occidentali sosterranno allora il binomio Yushenko-Tymoshenko, che si rivelerà la conferma dell'influenza americana sugli sviluppi e le dinamiche del fronte ucraino. Yushenko e Tymoshenko risponderanno positivamente alle attenzioni delle compagnie petrolifere occidentali. Tutto ciò si tradurrà ben presto in un duro colpo per le mire espansionistiche russe. La linea di questa cortina invisibile sarà forse l'inizio di una nuova Guerra Fredda? Per qualcuno lo è già, soprattutto all'indomani di una dichiarazione dello stesso Putin su un'ennesima corsa al nucleare.


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