Doppio raid americano. Preso leader Al Quaeda in Libia

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Trapelano da diverse fonti le notizie di un doppio raid americano contro il terrorismo in Africa, uno in Libia contro Al Quaeda e l’altro in Somalia contro gli Shabaab. Il primo intervento del doppio raid americano, organizzato da Cia e Fbi, è stato in Libia, ha avuto pieno successo. Per le strade di Tripoli è stato infatti catturato uno dei super ricercati di Al Quaeda, Nazih Abdul Nahob al Ruqai, nome di battaglia di Abu Anas al Liby, che si trova ora sotto custodia americana. La notizia è stata confermata al New York Times da una fonte Usa che ha chiesto l’anonimato. Al Libi stava parcheggiando la sua macchina sotto casa quando tre automobili l’hanno cricondato e gli uomini delle forze speciali hanno fracassato subito il vetro della sua auto per sottrargli la pistola, evitando che potesse sparare. Al Libi è considerato la mente dietro l’attentato del 1998 a Nairobi, nel quale una bomba esplosa davanti all’ambasciata americana fece una strage, uccidendo più di 200 persone e ferendone 5000. Al Libi è incriminato anche per l’attentato a Dar es Salaam, sempre nel 1998. Considerato da sempre uno dei più alti leader di Al Quaeda, ha iniziato a collaborare con l’organizzazione terroristica all’inizio degli anni 90. Le autorità libiche sarebbero state avvertite con anticipo dell’operazione, mentre ora Al Libi si troverebbe in un luogo sicuro al di fuori della Libia e sarà probabilmente portato negli Stati Uniti per il processo, secondo quando scrive la CNN citando fonti ufficiali dell’amministrazione americana. Su Al Libi pendeva, da parte degli Stati Uniti, una taglia di 5 milioni di dollari.
Sempre secondo l’amministrazione americana, nonostante la sua presenza in Libia, Al Libi non avrebbe preso parte negli attentati alla missione diplomatica degli Stati Uniti nel 2012, ma avrebbe solo costruito una solida rete per connettere quello che rimaneva di Al Quaeda con militanti affini al terrorismo di matrice islamica in Libia. Il doppio raid americano, secondo il New York Times, potrebbe rafforzare l’immagine di politica estera dell’Amministrazione Obama, al momento bloccata dalle vicende interne con il Senato e considerata da sempre troppo “morbida” nell’azione in politica estera, soprattutto in Medio Oriente e Africa.