Magazine Cultura

È come scalare una montagna

Da Marcofre

Parliamo ancora un po’ della libertà dell’autore, e di quella che deve respirare nella storia? Perché no?

In principio uno si sfrega le mani perché finalmente può scrivere quello che vuole. Per anni a scuola ha subìto l’insegnante che lo ha castigato con regolarità perché si prendeva… troppo libertà. Ha mandato giù il rospo quando scopriva che gli scrittori facevano degli “errori”, ma non si trattava affatto di quello, bensì di licenze poetiche perché se ti chiami Manzoni o Gadda fai quello che vuoi, mentre se tu scrivi “ma però” arriva il quattro (ci sono ancora i numeri? Oppure solo i giudizi? Credo di essermi perso per strada…).

Chi scrive parla del mondo, di essere umani con tanto di frattaglie: non è né semplice e nemmeno bello. Quelli che lo pensano, dovrebbero traslocare più spesso: così avrebbero una pallida idea di che cosa voglia dire scrivere.
Una faticaccia, come un trasloco appunto.

È un mondo libero, si capisce, ma non nel senso che posso fare quello che desidero. E il personaggio, che pure è libero, in realtà non lo è affatto, o meglio la sua attività non lo è mai completamente. Sto parlando di quella faccenda che di solito definiamo con il termine di “libero arbitrio”.

Senza precipitare nella filosofia: per alcuni non esiste niente del genere perché la genetica insegna alcune cose al riguardo. Per altri dobbiamo imparare a usarlo meglio, eccetera eccetera. Argomento senz’altro interessante ma al di fuori delle mie povere capacità cerebrali. Per quello che posso capire, un personaggio agisce all’interno di una cornice (il lavoro, la famiglia, la società e via discorrendo), che come tale lo limita.

Poi accade qualcosa, una qualunque.

Per esempio sente urlare aiuto da una donna, e lì sceglie. Si gira e se la batte; oppure cerca di capire cosa accade. L’irruzione dell’imprevedibile nel suo chiuso orizzonte lo interpella, e probabilmente rappresenta o racchiude il senso di quella storia. E buona parte delle storie affrontano eventi di questo genere: si crea una frattura, e il personaggio deve reagire in qualche modo (ma anche decidere di restare immobile).

Chi scrive deve impegnarsi affinché l’irruzione, l’imprevisto, o a volte il conflitto, si presentino in maniera rigorosa, e siano in grado di deflagrare. Probabilmente è lì che si gioca il destino di una storia, il suo funzionamento o il suo collasso. Come sappiamo in tanti, non esiste la regola (“Devi scrivere di un conflitto”): sarebbe troppo semplice. E d’altra parte bisogna ricordare che l’assenza di regole non amplia affatto la libertà come taluni immaginano, e per questa ragione si lanciano nella scrittura.

Ma confonde e anzi, si rivela rischiosa. Se ne esce forse col duro lavoro, la riflessione e la calma (e il silenzio).

È un po’ come con la montagna: uno immagina che sia una bellezza perché non c’è traffico, caos e inquinamento. Quando poi si decide di fare sul serio, quindi di scalare, o almeno fare trekking, la faccenda assume un altro aspetto. Per esempio: vesciche ai piedi.

Diventa quindi necessario, se si vuole apprezzare un po’ la montagna, cambiare certe abitudini. Praticare un po’ di movimento, modificare la dieta, e qualora si scelga di scalare, il cambiamento sarà ancora più radicale e profondo.
Non basta dire: “Adesso scalo il Cervino, così sarò libero”.

Il corpo, e prima di tutto la testa, devono evolversi, fare delle scelte, imparare cose nuove e gettare via quelle inutili o vecchie. Ci si guarda attorno e si procede con una sorta di bonifica di quanto ci è d’ostacolo. E con la scrittura, quella di un certo tipo, si procede in maniera analoga.

Lo sguardo cambia: prima si guardava, poi si impara a osservare. Prima di scriveva di getto, e basta, adesso si scrive di getto, e poi si passano settimane a riscrivere. Il dizionario fino a ieri era roba per studenti scemi? Adesso è lì, a portata di mano, sempre. La tua lettura preferita era Eva Tremila? Adesso è “Nana” di Zola.

Che tu scriva cinque minuti al giorno, o venti alla settimana, se decidi di fare sul serio capisci in fretta che devi darti una disciplina, che non garantisce nulla. Alla fine potresti solo essere una persona migliore.
Solo?


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :