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È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...

Da Pamirilla
È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a... È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a... È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...
È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a quest’ora. Assaporo il letto, un occhio chiuso e l’altro quasi aperto. Sento papà che fischietta dalla cucina, sopra la radio. Allungo i piedi verso il mucchio. Il mucchio di giocattoli che spingo in fondo al letto tutte le sere prima di andare a dormire e rimetto nella loro cesta la mattina seguente, la prima cosa che faccio appena mi alzo. La sicurezza che tutto va bene è a portata di alluce. Sorrido. Mi strizzo nel letto. E papà fischia, allegro, come tutte le domeniche mattina, facendo troppo rumore in cucina.
Domenica è uscire da questi grandi boschi di alti palazzi e vedere come la sterpaglia dell’ultima periferia tramuta in campagna e poi in valli, vigne, pascoli e finalmente il lago! Azzurro e verde e le vele. Ah….” le vele, le vele che schioccano e frustano al vento che gonfia di vane sequele le vele, le vele, le vele”
Papaveri rossi e margherite bianche, ci salto in mezzo come un coniglio impazzito.
Fiori e petali colorati. Per pregare quella preghiera muta che sale dal profumo dei petali tagliati, sale dalle mani sporche di terra, dalla fatica sporca di sudore, dalla pazienza, sporca di Dio.
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È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...

Finché suona la banda. Allora si arresta il respiro, solo per un attimo. La Banda!!!! E le trombe!!! Potrei impazzire di gioia ma sono abbastanza piccola da saper vivere di follia e puro piacere. Per ogni guizzo dei fiati un doppio salto nel cuore. Di puro amore e che non ha paura di niente. La saggezza infinita del trombone e la calma disarmante della grancassa, sono amici ; nelle mie pupille piene di oro la luce degli ottoni brilla ferma e sicura.
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La domenica sobbalza agli stornelli stonati, arrostisce sulla griglia con le salsicce e la bruschetta. Bagna l’ugola con il vino dei castelli, spillato alla buona, prima che diventassimo tutti sommelier. I biscotti profumati del forno, nocciole e sapor di paese, prima che cominciassimo a farfugliare di patisserie e macarons e cookies e cheeeeeeese (cake) che ti faccio una foto in mezzo alle ricotte!
È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...
Le sedie nei vicoli testimoniano di vecchi che si godono la brezza del tardo pomeriggio parlando di tutto, dicendosi niente. Oggi, nella confusione allegra della domenica, si sta seduti a guardare le belle ragazze che passano, vestite a festa, senza bisogno di parole inutili. E se non son belle davvero sono pur sempre giovani e sode e sembrano belle comunque.
È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a... È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...
La piazza è della gente, prima che le piazze diventassero della bancarelle inutili, di incensi da poco prezzo e robaccia cinese che puzza di schiavi e vite perse. La piazza è colorata di drappi e bandiere, è piena di musica stonata, vera e disarmante come il sorriso di una bambina troppo felice. La piazza è il centro. La piazza è il nostro baricentro, prima che dimenticassimo di averne uno. Prima di cominciare a perderci e fraintendere e a sbagliare le accuse. I palloncini scappano, anche questa domenica, come tutte le domeniche, verso nuove avventure, nel mondo che c’è dall’altra parte. Da sognare con il naso all’aria e la bocca aperta. Squillano ancora le trombe, squillano anche i tamburi e le bandiere volano in direzione dei palloncini scappati via.
È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a... È domenica. È arrivata lenta e pigra. È ancora sottile, a...
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Quando scende la sera il cielo si tinge di rosso e screzia colori che non ho mai visto brillare nello stesso modo, nei nostri boschi di cemento e sassi. Cala il sole sulla spossatezza di una giornata lunga, infinita, sulle ginocchia sgraffiate; la sua luce arancio si posa sui capelli sporchi, umidi di sudore. Un’inebriante puzza di vita, d’estate e l’eco di un clarinetto, lontano e lieve, sospeso nel tramonto, sui papaveri appassiti di stanchezza.
Domani è lunedì.

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