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Favino è Ambrosoli, l'eroe borghese, nella miniserie "Qualunque cosa succeda" prossimamente su Rai 1 (Ansa)

Creato il 20 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
Lo abbiamo visto calarsi nei panni del generale Della Rovere, in quelli di Gino Bartali, ma anche di Clay Regazzoni per Ron Howard. Romano, 44 anni, nell'ultimo decennio si è diviso con intelligenza tra cinema e televisione, teatro, film hollywodiani, da Angeli e demoni a Le Cronache di Narnia, anche investendo di tasca propria, nei giovani talenti italiani. Pierfrancesco Favino recentemente visto nei cinema di tutto il mondo aiutare Brad Pitt nella guerra mondiale degli zombie di World War Z, porterà su Rai 1 il caso Ambrosoli, Qualunque cosa succeda.
La miniserie in due puntate, prodotta dalla 11 Marzo Film, con sceneggiatura di Andrea Porporati e la regia di Alberto Negrin, vede nel cast anche Massimo Popolizio, Anita Caprioli nel ruolo di suo moglie e Andrea Gherpelli in quello del suo braccio destro, il maresciallo della Guardia di Finanza, Silvio Novembre.
Le riprese si sono svolte tra Milano e, Torino, con alcune scene girate anche a New York, e sono durate circa tre mesi tra aprile e luglio. L'attore romano ha da poco terminato di girare anche Senza nessuna pietà, film opera prima di regia di Michele Alhaique, che Favino ha anche cooprodotto, un noir venato di realismo e di love story, e che vede nel cast Ninetto Davoli, Greta Scarano, Adriano Giannini e Claudio Gioè.
Non è la prima volta che la vita dell'avvocato Ambrosoli, ucciso a Milano nel 1979 da un sicario assoldato dal banchiere Michele Sindona, finisce al centro di un film. Già nel 1995 Michele Placido diresse la pellicola Un eroe borghese, con un intenso Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Ambrosoli. A differenza dell'opera di Placido, la cui sceneggiatura era tratta dall'omonimo libro di Corrado Stajano, la miniserie per Rai 1 con Favino si basa sul bestseller Qualunque cosa succeda di Umberto Ambrosoli, figlio dell'avvocato. Ed essendo una miniserie approfondisce alcuni aspetti anche privati dell'avvocato commissario liquidatore.
A dare il titolo a libro e fiction, la lettera-testamento scritta dallo stesso Ambrosoli a sua moglie Anna nel 1975, quattro anni prima di morire quando, sempre più isolato anche dal mondo politico, l'avvocato era già consapevole del pericolo imminente che correva la sua vita. Quelle righe sono un vero testamento morale: «...Indubbio che pagherò a caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perchè per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese», scrisse Ambrosoli alla consorte. «Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo».
La miniserie illumina il carattere esemplare delle scelte di Giorgio Ambrosoli, la sua coerenza agli ideali di libertà e responsabilità. Ma approfondisce anche il suo lato privato e umano e soprattutto il suo rapporto con uno dei suoi più stretti collaboratori, il maresciallo della Gdf Silvio Novembre. Nel ruolo di commissario liquidatore, Ambrosoli si era ben presto reso conto dell'irregolarità dei conti e dell'illegalità dei rapporti intessuti dai vertici dell'Istituto. Negli stessi mesi collabora con la magistratura statunitense e con l'Fbi per il crack negli Usa di un'altra banca controllata da Sindona, la Franklin National Bank e, proprio il giorno prima del suo assassinio, depone al Palazzo di Giustizia di Milano, come nell'ambito di una rogatoria internazionale. L'11 luglio 1979, viene barbaramente ucciso sotto casa sua. Esecutore, William Joseph Aricò, un killer fatto venire dall'America e pagato con 25.000 dollari in contanti ed un bonifico di altri 90.000 dollari su un conto bancario svizzero. Mandante il proprietario dell'Istituto, vale a dire il finanziere Michele Sindona. L'assassino si scusò prima di esplodere contro Ambrosoli tre colpi di una 357 Magnum. Nessuna autorità pubblica presenziò ai funerali.

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