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Felicità - Istruzioni per l'uso

Creato il 10 dicembre 2011 da Salvoc

Felicità - Istruzioni per l'uso

Ripropongo dopo averli condensati, alcuni miei precedenti post sulla felicità... e ciò nella speranza che chi li legge vi possa trovare degli spunti per costruire la sua di felicità!

Non voglio dirlo forte ma da un po' di tempo mi capita di sentirmi felice. Intendiamoci, non è che io mi senta così perché le vicende della vita vanno sempre per il verso giusto, spesso anzi capitano nel modo indesiderato, ma, sotto sotto, nel mio animo dove un tempo c'era una specie di "angoscia esistenziale" adesso regna quella che potrei definire come una "gioia esistenziale"...


Mi pare ovvio che si può dire che uno è felice non perché è ricco, possidente, viaggia, ha successo, ecc. ma semplicemente perché "dentro di se" sente di esserlo. Le condizioni esteriori possono essere le più disparate, ma la sensazione interiore è quella che fa la differenza fra uno stato di infelicità e uno di felicità.
Scrivo questo post per aiutare chi mi legge ad essere felice, cercando di dare dei consigli su cosa penso che possa rendere tale. O almeno ci provo!

Personalmente non mi sono sempre sentito così, anzi ci sono stati periodi della vita in cui mi sono proprio sentito infelice, altri in cui ho provato una sensazione di vuoto, altri di ansia, altri ancora di depressione. Ad esempio molti anni fa provai per circa un mese (quindi per un periodo abbastanza breve per mia fortuna) una specie di depressione, e fu veramente penoso. Quella forma di depressione la potrei descrivere come uno stato in cui il mondo sembrava piatto e in bianco e nero, nessuna sensazione provocava emozioni, percepivo ogni cosa come grigia, monotona e senza significato o importanza. Era uno stato in cui ti senti paralizzato dentro, come se pur volendo volare il tuo spirito invece è pesantissimo, incatenato e prigioniero di una stanza buia hiusa da pareti senza finestre. Si prova come un'asfissia dell'anima, le molle interiori, quelle che vibrano e risuonano quando provi delle sensazioni piacevoli, sono come bloccate. Considero la depressione come uno dei possibili modi in cui si può presentare l'infelicità.
A quanto pare l'infelicità purtroppo è molto diffusa al giorno d'oggi, ci sono in giro tante persone disperate dentro, alcune coscienti di esserlo altre un po' meno. La terapia che anche inconsapevolmente molti attuano per diminuire tale sensazione penosa è quello di bombardarsi di stimoli, darsi ai divertimenti, al frastuono, alla feste, ai viaggi, allo shopping , agli spettacoli, e talvolta all'alcool, al sesso e alla droga, e questo nella speranza che tutto ciò provochi delle sensazioni tanto forti da far vibrare un po' le molle interiori bloccate e così creare delle emozioni piacevoli che facciano sentire "vivi". Ma, ahi me, spesso in realtà accade che il tutto si riveli inutile.

Allora, quale 'strategia' proponi per diventare felici, chiederete voi?
Cominciamo con ordine innanzi tutto ad analizzare alcuni 'equivoci' che non permettono il raggiungimento della felicità (1)

( N.B. - molti spunti di ciò che scrivo, alcuni ripresi testualmente e riportati in corsivo, li ho tratti da - Piccolo manuale di Apologetica 2 - ed. Piemme, in particolare dal capitolo 'Il cristiano è un represso?' di Samek Lodovici).


Nell'odierna società (quella nostra occidentale soprattutto) l'infelicità è molto più diffusa che in passato. Infatti alcuni indicatori lo provano: aumento dei suicidi, delle famiglie in crisi, dei casi di patologie psichiche, aumento nel consumo di psicofarmaci e di droghe..


I motivi principali di questa diffusione di infelicitàsono costituiti da illusioni che la cultura dominante, tramite i mass media, ormai propala da decenni, equivoci derivanti da ciò che si crede possa portare la felicità o il suo opposto, l'infelicità. Infatti:


1) E' passata ad esempio l'idea che per poter essere felici bisogna mettere da parte la morale e la religione.

C'è una convinzione diffusissima che tra moralità e felicità ci sia una opposizione insanabile, per cui sarebbe più ragionevole vivere immoralmente ma felicemente.
In realtàl'uomo morale non è quello che vive la sua esistenza motivato esclusivamente da divieti e doveri, ma è quello che vive motivato dall'amore, che fa tutto per amore e le virtù che esercita sono espressioni di questo amore: infatti la prudenza significa reperire i mezzi per procurare il bene di chi amiamo, la giustizia è cercare il bene dell'altro, la fortezza significa sopportare le difficoltà e gli sforzi per amore di qualcuno o di Dio, la temperanza è il custodire noi stessi per poterci donare a chi amiamo.
La sintesi dei comandamenti, essenza della morale cristiana è : "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, la tua forza e la tua mente" e "il prossimo tuo come te stesso".


2) Un altro errore è quello che ritiene la morale sessuale cristiana frustrante.
Invero, a dispetto della rappresentazione falsa dei media, come spiegano anche gli psicologi, chi vive all'insegna dell'etica sessuale edonista si condanna ad una progressiva frustrazione. Lo confermano due sostenitori del 'sesso libero' come Sartre e Moravia, che hanno definito l'esistenza come 'nausea' o 'noia'.
E la psicologia contemporanea conferma. ".. Il clinico può osservare giorno dopo giorno... cheil principio del piacere è in realtà autodistruttivo. In altre parole, la ricerca diretta del piacere è autodistruttiva: è una contraddizione in sé,... proprio nella misura in cui l'individuo comincia a cercare direttamente il piacere, o a sforzarsi di conseguirlo, in quella stessa misura non può raggiungerlo. Quanto più si sforza di guadagnarlo, tanto meno lo consegue"
(2)

E Sidgwick (autore di quella corrente morale che è l'utilitarismo) parla precisamente di un "paradosso fondamentale dell'edonismo" (che è una forma di egoismo), consistente nel fatto che "l'impulso al piacere, se troppo predominante, viene a vanificare il suo stesso fine". "i nostri godimenti non possono essere conseguiti se il nostro scopo viene consapevolmente concentrato su di essi".

E Frankl : "Il piacere non si lascia affatto 'intendere', cioè ricercare per se stesso: non può essere ottenuto che quale effetto spontaneo, appunto senza essere ricercato. Al contrario, più l'uomo ricerca il piacere, più questo gli sfugge. Il principio del piacere, portato alle sue più estreme conseguenze, non può che fallire miseramente, e questo per il semplice fatto che da se stesso si ostacola. Quanto più cerchiamo di raggiungere qualcosa con tutte le forze, tanto più è difficile ottenerla" e ancora "Nella misura in cui il piacere viene a essere il contenuto della propria intenzionalità, l'oggetto specifico della propria riflessione, svanisce la ragione per essere felice e si dilegua lo stesso piacere" (3) .
3) Un altro equivoco è costituito dal fatto che l'espletamento dei doveri inerenti il nostro stato

, ad esempio lo svolgere un lavoro o un compito, sia in opposizione con la felicità.
Invece l'uomo veramente morale rispetta i doveri, ma la sua motivazione è l'amore: andare a lavorare è compiere il proprio dovere, ma l'uomo veramente morale lo fa per amore degli altri o di Dio. Tutti i doveri verso se stessi e verso gli altri scaturiscono dall'obbligo di amare gli altri e Dio, inoltre alle volte sceglie di compiere atti che non sono per nulla doverosi ma sono rivolte al bene degli altri.Quindi ciò che rende piacevole l'espletamento dei nostri atti, sia quelli dovuti che quelli non dovuti, è la motivazione basata sull'amore.

4) Il fatto che ci sia comunque un'opposizione tra solitudine e felicità.
Si crede che per essere felici bisogna essere sempre in compagnia.
E' vero, un uomo non volontariamente e durevolmente solo è infelice. "Riteniamo che l'amico sia uno dei beni più grandi e che l'esser privo di amici e in solitudine sia cosa terribile" diceva già Aristotele. Ma per essere felici bisogna essere in comunione con l'altro. Ma questo non vuol dire che nella solitudine scelta volontariamente e per amore, magari per ritirarsi in preghiera ed entrare in contatto con Dio ci sia infelicità, anzi i contemplativi non sono realmente soli, bensì in stabile comunione con colui che Platone chiamava il Primo Amico: Dio. Inoltre al contrario non basta vivere tra gli altri per non essere soli se poi le relazioni sono superficiali e non autentiche: infatti bisogna entrare in comunione con gli altri e ciò è reso possibile solo dall'amore, infatti esso è una forza estatica che ci fa uscire da noi stessi e ci proietta verso gli altri...E comunque l'uomo che non ha difficoltà a stare ogni tanto da solo, magari per meditare e mettere ordine nei suoi pensieri è quello più predisposto alla felicità. Infatti spesso molti non riescono a stare da soli, vengono presi dal panico e dalla depressione, e questo è dovuto secondo me alla paura di sentire la propria voce interiore, e allora cercano gli altri per 'stordirsi' e non certo per entrare veramente in contatto con loro. Io penso che l'uomo veramente socievole e che riesce ad entrare in sintonia con gli altri è quello che sa stare anche da solo e sa mettere ordine ai propri pensieri e al proprio vissuto interiore: infatti non coprirà gli altri con i suoi problemi interiori irrisolti, scaricando su di essi le proprie frustrazioni.

Quindi cosa fare per essere felici?
Mi permetto qui di riportare alcune regole per senza dubbio diventarlo:

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Note

(1) molti spunti dell'analisi, alcuni ripresi testualmente e riportati in corsivo, li ho tratti da - Piccolo manuale di Apologetica 2 - ed. Piemme, in particolare dal capitolo 'Il cristiano è un represso?' di Samek Lodovici

(2) J. Cardona Pescador - La depression, psicopatologia de la alegria - Ed. Cientifico-Medica 1983.

(3) Viktor E. Frankl - Teoria e terapia della neurosi - Ed. Morcelliana.

(4) J. Cardona Pescador op. cit.

(5) Sant'Agostino da Ippona - Le confessioni


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