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#FreeSaeed e la libertà di Internet in #Iran

Creato il 20 febbraio 2012 da Intervistato @intervistato

In questi giorni si decide il destino di Saeed Malekpour, programmatore e webdesigner condannato a morte in Iran. Sfortunatamente solo pochissimi ne stanno parlando, e le speranze di riuscire a salvarlo sono davvero scarse.
#FreeSaeed e la libertà di Internet in #Iran Saeed è nato nel 1975 in Iran. Dopo essersi laureato alla Sharif University di Teheran, nel 2004 Saeed si è trasferito in Canada con la moglie Fatima, conosciuta durante un torneo di scacchi, e dal 2005 è diventato un residente permanente.
Nell'Ottobre del 2008 Malekpour decide di rientrare nel paese di origine per assistere il padre gravemente malato e ormai morente, ma le autorità iraniane lo arrestano con l'accusa di creazione e moderazione di siti pornografici. Malekpour aveva creato un software per caricare foto su Internet, che è stato poi usato (a sua insaputa) per la costruzione di un sito per adulti.
Saeed è stato trasferito nella prigione di Evin, e inizialmente tenuto in isolamento senza rappresentazione legale per un intero anno. Un anno dopo il suo arresto, Malekpour ha confessato i suoi crimini alla TV di stato iraniana. In seguito ha ritrattato la sua confessione in alcune lettere inviate dalla prigione: "Gran parte della mia confessione è stata estorta sotto pressione, tortura fisica e psicologica, minacce a me e alla mia famiglia, e false promesse di rilascio immediato se avessi fornito una falsa confessione [...]. Questo trattamento aveva lo scopo di forzarmi a scrivere quello che i miei interrogatori mi dettavano, e costringermi a interpretare un ruolo davanti alle videocamere, secondo i loro scenari."
Nel Dicembre del 2010, Saeed è stato condannato a morte dopo essere stato trovato colpevole di "creazione e moderazione di siti per adulti", "agitazione contro il regime", e "insulto alla santità dell'Islam." Nel Giugno del 2011, tuttavia, la Corte Suprema dell'Iran ha annullato il verdetto a causa delle proteste del governo Canadese. Dopo questo sovvertimento, Malekpour è rimasto in prigione mentre il suo caso veniva rivisto.
Nonostante la decisione iniziale, la Corte Suprema ha annunciato che il suo verdetto non era concludente e ha rimandato il caso alla corte che aveva giudicato Malekpour inizialmente. La condanna a morte è stata confermata, e nel Gennaio 2012 la Corte Suprema ha respinto l'appello degli avvocati di Malekpour. Il governo Canadese ha condannato questa decisione e chiesto il rilascio immediato di Saeed.
Anche Amnesty International ha chiesto il suo rilascio, descrivendo il caso come parte di un "attacco generalizzato alla libertà di espressione in vista delle elezioni parlamentari iraniane nel mese di Marzo."
Di seguito trovate uno Storify in costante aggiornamento per seguire gli sviluppi di questo caso. L'hashtag ufficiale da usare su Twitter per diffondere notizie è #FreeSaeed. Maryam è un'attivista per i diritti umani che attualmente si sta occupando del caso di Saeed:

@intervistato @Storify Thank you! Please spread this hashtag: #FreeSaeed It is the official hashtag for the free saeed malekpour campaign.

— maryam nayeb yazdi (@maryamnayebyazd) Febbraio 19, 2012


Maria Petrescu
Fonte: Wikipedia



[<a href="http://storify.com/intervistato/iran-and-the-relativity-of-freedom-savesaeed-malek" target="_blank">View the story "Iran and the relativity of freedom: #FreeSaeed #Malekpour" on Storify</a>]



#FreeSaeed and the freedom of Internet in #Iran
During these days the fate of Saeed Malekpour is being decided. Saeed is a programmer and webdesigner who was been sentenced to death in Iran. Unfortunately not many are talking about it, and the hopes of saving him are growing thin.
Saeed was born in 1975 in Iran. He is a graduate of the Sharif University of Technology in Tehran. In Iran, Malekpour married Fatima Eftekhari whom he met at a chess competition. In 2004, Malekpour went to Canada with his wife to pursue educational opportunities. He became a permanent resident of Canada.
In October 2008, Malekpour visited his dying father in Iran, and Iranian authorities arrested Malekpour during his visit, accusing him of designing and moderating pornographic websites. Malekpour had designed a photo uploading software, and according to his supporters that software was being used without his knowledge for the creation of an adult website.
Malekpour has been kept in Iran's Evin prison, and was initially placed for almost a year in solitary confinement without legal representation. A year after his arrest, Malekpour confessed to his crimes on Iranian state television. He later retracted the confession in letter sent from inside prison. Malekpour wrote, "A large portion of my confession was extracted under pressure, physical and psychological torture, threats to myself and my family, and false promises of immediate release upon giving a false confession to whatever the interrogators dictated ... Such mistreatment was aimed at forcing me to write what the interrogators were dictating, and to compel me to play a role in front of the camera based on their scenarios."
In December 2010, Malekpour was sentenced to death after being found guilty of "designing and moderating adult content websites", "agitation against the regime", and "insulting the sanctity of Islam". In June 2011, however, the Supreme Court of Iran reportedly annulled the verdict in the face of Canadian government protests. Following the reversal, Malekpour was set to remain in jail while a judicial review into his case was held.
Despite its earlier decision, the Supreme Court announced its verdict was inconclusive and remanded the case to the court that originally sentenced Malekpour. The death sentence was upheld, and in January 2012, the Supreme Court rejected an appeal from Malekpour's lawyers. The Canadian government condemned the decision and called for Malekpour's immediate release.
Amnesty International also called for his release, describing the case as part of a general "crackdown on freedom of expression ahead of the Iranian parliamentary elections in March".
Above this post you can find a constantly updating Storify with which you can follow the evolutions of this case. The official hashtag to use on Twitter to spread the news is #FreeSaeed. Maryam is a human rights activist who is currently in charge of Saeed's case:

@intervistato @Storify Thank you! Please spread this hashtag: #FreeSaeed It is the official hashtag for the free saeed malekpour campaign.

— maryam nayeb yazdi (@maryamnayebyazd) Febbraio 19, 2012


Maria Petrescu


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