Magazine Diario personale

Furti internazionali

Creato il 17 ottobre 2014 da Nonchiamatemiborgia @nonsonoBorgia
Tra i vari dialoghi deliranti in cui io e lui ci siamo imbarcati, ce n’è uno che potremmo definire quasi sensato. Dopo vari viaggi fatti assieme, in cui io mi facevo venire delle vesciche ai piedi grandi quanto pizze e lui impavido diceva “Ok, dai riposiamoci. Fermiamoci a bere una birra” (maledetto, so che hai sfruttato le mie piaghe per tutto questo!), abbiamo fatto il punto.E dato che siamo propositivi quanto gli animatori di un villaggio vacanze, ma pratici come la politica italiana, ci siamo fatti una lista di quello che vorremmo portarci a casa da ogni Paese che abbiamo visitato. Perché a noi non basta la cartolina o il patetico souvenir preso alla bancarella vicino alla Tour Eiffel, noi abbiamo deciso di colonizzare il nostro Belpaese con gli usi di altre nazioni. Mi rendo conto che tutto questo suona come un grosso “Ma che minchia c’hanno per la testa ‘sti due?”, però potrebbe essere una buona idea per migliorare le piccole comunità, mica il mondo intero. Indi per cui:-Dall’Inghilterra mi porterei dietro i pub, la cultura del vestiamoci un po’ come ci pare, l’accesso gratuito ai maggiori musei nazionali. I negozi vintage dietro Shoreditch, la musica live nei locali e gli spazi ricavati dalle vecchie fabbriche. I pagamenti Pos, dovunque e comunque, perché per un imprenditore non c’è costo-non c’è inganno-non c’è una fiscalità che ti soffoca; e il pagamento virtuale è così incentivato, con un evidente calo dell’evasione, ça va sans dire. -Dall’Irlanda erediterei le sue colline. Le ambientazioni di natura selvaggia, quel verde che ti rimane negli occhi e che vorresti percorrere tutto in bici perché ti sembra l’unico modo utile per godertelo. Si tratta di distese da cui ti aspetti che Frodo e Gandalf saltino fuori dal bosco da un momento all’altro.-Dalla Francia: il pane appena sfornato delle boulangeries e i gamberi saltati in padella nell’appartamento di Cannes. Mi porterei dietro i campi di Lavanda vicini a Fragonard e i dolci al burro (ciao colesterolo) mangiati a Moulhouse. Da Parigi, in particolare, mi porterei dietro Le déjeuner sur l’herbe di Manet, anche se per questo furto al museo d’Orsay lo stato francese mi sguinzaglierebbe dietro una squadra di poliziotti che in confronto Langdon, del Codice Da Vinci, è solo un povero dilettante. Da Parigi prenderei i bistrot, con le loro sedie una appresso all’altra e i tavolini grandi quanto quattro piattini (due per il caffè e due per i croissant). E poi i dolci, che ve lo dico a fare.-Dalla Spagna (con furore) ruberei il marzapane e le stradine incrociate di Toledo. Il Retiro e il museo Reina Sofia di Madrid. Nella capitale prenderei anche un pezzettino del mercado del Rastro, mentre riempirei la saccoccia delle tapas più buone della mia vita. Da Barcellona mi porterei a casa il Parque Guell, i mosaici colorati; quella scalinata nascosta con gli azulejos che avevo visto solo sui libri, e la via del Barrio Gotico in cui avevamo l’appartamento bohémien. -Da Amsterdam mi trascinerei via la biking culture, se non altro per avere un culo di marmo. E poi ancora la voglia di progresso, mirata, però, sempre ad un avanzare migliorativo.-Dal Belgio mi porterei dietro il cioccolato e tutta la cittadina di Bruges, un luogo che sembra sia uscito da uno dei racconti dei fratelli Grimm. A Bruxelles, inoltre, ho assaggiato una delle birre migliori della mia vita, un aroma unico, dolce e amaro, che le mie papille non hanno sperimentato in altre occasioni.-Praga. Non ci sono usi che usurperei a Praga; vorrei, piuttosto, prendere l’atmosfera di questa città: con il sole, la pioggia, la neve o la nebbia Praga è meravigliosa. Sempre e comunque. Ma come fa?-E poi l’Italia, che c’ha tanto ma anche niente. Che ha tutto, ma non sa di averlo. La polenta coi funghi porcini, il mare verde e azzurro, i fori romani. La focaccia genovese e l’artigianato di Gubbio, la piazza di Siena e i gianduiotti. L’Italia possiede anche l’arte del caffè preparato con la moka e il Carso; abbiamo il ghetto ebraico a Roma e le sarde in saor venete; il Marsala e il Prosecco, il golfo di Napoli e piazza San Marco; la ricetta del ragu tramandata dalla nonna e Sonia Peronaci (quest’entità culinaria che finalmente ha un volto); abbiamo anche Renzo Piano e Elsa Morante. E poi la tradizione letteraria, l’olio extra vergine fatto in Puglia, il pane carasau. Il retaggio dell’estate di San Martino (che è a novembre) e la moda, quella Italiana con la I maiuscola. E la lingua Italiana: armonica, poetica, con suoni delicati e forti e parole evocative. E il piacere di stare a tavola, chè il pasto non è solo un momento in cui nutrirsi ma un rituale sociale, dove incrociamo risate, discussioni accese, momenti di piacere.Eppure, nonostante tutto questo ben di dio, ci ritroviamo a invidiare chiunque. Portarsi a casa tutto quello che ho elencato qui sopra sarebbe, forse, una facile via verso l’anarchia  pura. Ma forse, per alcuni particolari, anche no; in fin dei conti, da un punto di vista storico, l’Italia ha assorbito innumerevoli aspetti di culture extraterritoriali.E voi, invece, cosa vi portereste a casa dai posti che avete visitato?

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :