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Giovani Prospettive: Alex Stoddard – Omaggio di parole – 1° parte

Creato il 25 novembre 2014 da Wsf

alex

Alex Stoddard: voce dell’interiorità

E’ il mio primo editoriale dunque siate clementi, con questo omaggio apriamo un nuovo capitolo di Words Social Forum, un capitolo che con Alex Stoddard prende il via e cioè quello di realizzare ebook in seguito a particolari omaggi ad artisti contemporanei ed emergenti, dove poter riunire le immagini accompagnandole infine con le parole che ha scaturiscono.
Words Social Forum si ritrova perfettamente, l’arte della fotografia e l’arte della letteratura s’incontrano creando quella sinergia a noi tanto cara.
Parole quelle presenti qui che ben si legano con la profondità delle immagini di Alex Stoddard.
Ho scelto di cominciare questo nuovo capitolo degli omaggi con lui, perché le sue fotografie sono una sorta di viaggio introspettivo, nel bosco profondo che siamo ed Alex, attraverso il suo lavoro, crea storie oscure e fantastiche che catturano il dramma e fragilità dell’esperienza umana.

Antonella Taravella
Caporedattore WSF

Alex Stoddard è un fotografo statunitense, nasce a Jacksonville in Florida e vive la maggior parte della sua infanzia lì. Comincia a fare autoritratti all’età di 16 anni dietro il bosco di casa sua in Georgia e questo mosse in lui il desiderio di creare ed esprimersi con la fotografia.
Alex è attualmente vive a Los Angeles, California.

 

Alba Gnazi

V° Piano di Alba Gnazi

Sulle scale del quinto piano,
tra l’aglio fritto e la polvere incerta
espiazioni di barlumi e peli di gatto,
convivenze sul cianciare inquieto della folla
in cerca di spazio di spazio di spazio
O di un qualsiasi non so che,
un’inquietudine in petto, in pancia, in gola
– forse una vocale, un insetto, o forse io.
Anima mundi, lì assisa al quinto piano,
un carnevale di capelli e scontrini,
di calcagni e telefoni muti; l’odore
delle isole da aspettare per trecento giorni
e sessantacinque
Minuzie d’irascibili ore
tra un torpore che sveglia
E un lutto:
tutto, lì all’ombra del quinto piano,
dove la luce assembra voci
e i cani piangono aria, invocati
dal tramonto.
Così si rende necessario uscire.
Fuori dalle scale del quinto piano.

Angelica-Alessia

Giù in lontananza
mi assale un frastuono.
Confusione
una mamma tiene in mano Guernica

Spiraglio di luce tra i pulviscoli
scorge corpi senza vita;
cosa resta della cultura
dopo la distruzione?

Forza di ricostruire
amare per riscoprire
l’eco di un futuro

Vita scoscesa
di un popolo andato.
Una maschera tra le macerie.

di Angelica D’Alessandri

Cristian Santini

Miasma di Christian Santini

Cingo il buio tra queste ossa
pari a un ragno che nel vespertino gelo
tesse muto la sua tela,
per la foia d’imprigionare in uno sterile sudario
i raggi marmorei della luna;
ma questo tenue profilo eburneo
vano miasma d’uno scheletro
freme confuso nell’ombra, arido
come lacrime sopra una rossa piaga –
come una tersa rugiada
stesa tra i gorghi notturni.
Tenebra! – vertiginoso velo oltre cui riversa
lo sciabordare mesto di plumbee onde
e ansanti stelle ed echi
e nebulose rive ignote –
io a te chiedo il pianto d’un astro
d’un diadema esangue
che nel mio naufragare
sia torbido faro.

Daita Martinez

Immagine

di Daìta Martinez

Emilia Barbato

I ricordi di te
crepitano spianandosi,
connessi come grafi
ai nodi dei larici
nella foresta
in cui inizio io e inizi tu,
mio declivio cupo, fitto bosco
di silenzio e tentazione
dalle carezze mille volte diverse,
tu, stagione che svanisci
nell’immagine di me
dopo avermi prestato gli occhi,
specchio che rimandi
il volo innocente del mio crederci
e la voce del disinganno nel terzo
canto stridulo di un gallo.

di Emilia Barbato

Enzo Lomanno

Come Nicotina di Enzo Redent Lomanno
____________________

Ho esteso troppo queste braccia
lungo il perimetro esoso che più non appaga

[Quel contorno netto che distingue
ogni lurido passo verso l’estasi]

E lascio scalzo il rumore dei ciottoli
il fradicio odore di pioggia dietro le spalle
o la convita emotività dell’ amore inesistente

Perché ho strappato al fine, un bivio di fumo.
Un conato di nicotina, che ora divoro a veli

applaudendo l’istante esatto
della loro scomparsa

Patrizia Sardisco

L’assoluzione dell’appoggio di Patrizia Sardisco

Nella cattura della levità
a mani, a piedi nuovi
nell’ora del disarmo siderale
io sono l’angelo caduto
_ precipitato di Dio
io che non sedimenta
la memoria, e fluttuo
nel serico silenzio di radici
la mia inumana tremenda
giovinezza antica. E cerco
l’occhio che mi battezzi vivo
nell’ansia tumida dell’alba, cerco
l’assoluzione dell’appoggio
con tenacia d’insetto e senza ali.

Rosario CampanileeGuidoMura

Odore di fumo
Odore di fumo, papà. Odore di fumo, papà.
Nuvole nere che sembrano fumo, figlia, nuvole nere che nascono dalla terra, figlia.
Dove siamo, papà, siamo in collina, papà ?
Siamo sul tetto del mondo, figlia, siamo sul tetto del mondo perduto, figlia.

Chi l’ha perduto il mondo papà, chi l’ha fatto il fumo, papà ?
Io l’ho perduto il mondo, figlia, noi ne abbiamo fatto il fumo, figlia.
Posso guardare, papà, fammi vedere, papà.
Non ancora figlia, non è ancora venuto il momento, figlia.

Che aspettiamo, papà, quando viene il momento, papà ?
Aspettiamo che l’aurora ritorni, figlia, aspettiamo la luce dell’aurora, figlia.
E’ bella, l’aurora, papà ? Io non ho mai vista l’aurora, papà.
E’ bella, sì, l’aurora, figlia, si chiama come te, figlia.

Che succede quando viene l’aurora, papà, come ce ne accorgeremo, papà?
Succede che il fumo sparisce, figlia, che le nuvole nere scompaiono, figlia.
Perché scompaiono, papà, perché il fumo sparisce, papà?
Perché la luce taglia il buio, figlia, la luce vive nel buio, figlia.

Hai le mani calde, papà, hai le mani forti, papà.
Le mie mani sono calde perché ti amo, figlia, le mie mani sono forti per proteggerti, figlia
Non ci sono più rumori, papà, non sento più nulla papà.
E’ il suono della terra che nasce, figlia, il silenzio della terra che nasce, figlia.
Ci sono profumi, papà, non più l’odore del fumo, papà.
E’ il profumo della vita, figlia, la vita che torna, figlia.

Ora apri le mani, papà.
Sono cresciuta, non ho più paura del fumo, papà.
Ora che hai aperto le mani, io guardo da sola, papà.

di Rosario Campanile

Sylvia Pallaracci

hai l’indecenza del cielo
animale che mi intrappola da un punto all’altro la vista
di un tremato di mani che si sprecano nei tuoi vuoti
momenti mordaci
quest’azzurro
oltrecorpo è il colore dissociato della carne
in cui strappi ogni volta
che ti abbraccio senza speranza
di ritrovarmi un fiato di cervello

nudo nome crudo e sublime
nella mia bocca spalanchi
silenziosità facendo come per dire
questo mio modo frastornato
d’amarti senza dichiarazioni né riserve
perché io voglio solo vederti
libero di restare come un uccello che invola
la gabbia per venire a prendermi via
ovunque e da sempre
se accade che da quel giorno tra noi
la terra è il salto

di Sylvia Pallaracci


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