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Giustizia e interesse nazionale. Solo in Italia sono dei “nemici”

Creato il 14 febbraio 2013 da Iljester

img_606X341_In-the-footsteps-of-007-cinema-031012Qualche giorno fa, Berlusconi ha espresso un concetto assolutamente indiscutibile. La magistratura non è un potere, ma è un ordine. E come tale dovrebbe avere dei precisi paletti in cui agire e soprattutto dovrebbe agire sotto il controllo della legge, del legislatore e in ottemperanza alla Costituzione.

Nel nostro paese però non sempre è così. Il dettato di cui all’art. 101 Cost. sancisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. A parte il fatto che tale norma parla di giudici e non di magistrati, con la conseguenza che l’art. 101 Cost. non sarebbe applicabile ai Pubblici Ministeri, tanto che l’art. 107 Cost. afferma che questi ultimi godono delle garanzie stabilite dall’ordinamento giudiziario. A parte questo fatto, e prendendo per buona la tesi che estende anche ai PM l’operatività dell’art. 101 Cost., spesso abbiamo assistito a un’azione giudiziaria che si è posta di traverso rispetto al supremo interesse nazionale, tanto da mettere l’Italia in una posizione internazionale difficile, che non poco contribuisce – a mio parere – a toglierle credibilità e serietà nella lotta contro il crimine internazionale e contro quelle operazioni militari e paramilitari che rischiano di mettere in pericolo il popolo italiano.

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Giustizia e interesse nazionale. Solo in Italia sono dei “nemici”

Prendiamo il caso Abu Omar. Ha un non so che di assurdo la condanna dei nostri 007 per il sequestro di quest’uomo. Fosse solo che gli 007 non possono non aver agito nell’interesse dell’Italia e della nostra sicurezza nazionale. Certamente non hanno agito per trarne un vantaggio personale o per commettere un crimine. La loro azione – per quanto io abbia potuto apprendere dalla cronaca giudiziaria – è stata frutto di un’operazione di intelligence, che si è resa necessaria per la tutela dei nostri interessi, e precisamente della nostra sicurezza nazionale.

Ma il caso è solo un punto di partenza emblematico per spiegare che in Italia siamo arrivati a un eccesso di potere giudiziario, ormai diffusosi e percepito come “giusto” e “corretto” da parte di una significativa fetta dell’opinione pubblica. Ma così non dovrebbe essere. I giudici e i PM devono applicare la legge, ma lo devono fare su due direttive: la legge e l’interesse nazionale (ivi compresa la sicurezza nazionale). La legge è posta a regola della vita nella collettività, ma la Costituzione esprime anche il concetto di interesse nazionale come principio supremo di tutela della stessa collettività contro minacce interne ed esterne; interesse che se messo in pericolo potrebbe pregiudicare la stessa esistenza della collettività. Di fatto, coloro che operano nell’interesse nazionale assumono il ruolo di agenti immunitari. E se una parte dell’organismo in cui operano poi li processa e li condanna, l’unica diagnosi che si può fare è una malattia immunitaria, ove l’organismo considera “nemico” se stesso.

Perciò mi sembra chiaro che si debba arrivare a una sintesi che eviti il contrasto e salvaguardi da una parte l’interesse nazionale e dall’altra l’applicazione della legge. E questa sintesi non può che essere il segreto di Stato, il quale deve essere considerato un limite invalicabile oltre il quale la magistratura non può operare. Perché il segreto di Stato prende in considerazione interessi e valutazioni non meramente giuridiche, ma di fatto, concrete, parametrate all’esigenza di tutela suprema della nostra comunità. Con la conseguenza che davanti al segreto di Stato, il giudice deve fermarsi e pronunciare sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere. Anche perché un processo che si svolge (come nel caso Abu Omar) con l’handicap del segreto di Stato è un processo palesemente iniquo per gli imputati, in ragione del fatto che questi essendo legati al segreto di Stato non hanno la concreta possibilità di difendersi nel processo. Vi è di fatto la palese e indiscussa violazione dell’art. 24 Cost., che non può in alcun modo essere superata con una supposta esigenza di giustizia.

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Nel caso Abu Omar, i giudici dell’appello hanno pronunciato (o confermato) sentenza di condanna, nonostante il segreto di Stato opposto (peraltro da tutti i governi, senza alcuna distinzione di colore politico). Ora spetterà alla Corte Costituzionale pronunciarsi in merito al conflitto di attribuzione che venne sollevato dal Governo. Ancora una volta uno spreco di denaro pubblico per capire chi prevarrà nell’ennesimo braccio di ferro tra giustizia e politica. Se non siamo giunti a un rapporto incancrenitosi, poco ci manca ormai.


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