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Gli italiani? Gente che vive casualmente in un condominio amministrato da una classe dirigente parassitaria

Creato il 09 novembre 2012 da Iljester

Gli italiani? Gente che vive casualmente in un condominio amministrato da una classe dirigente parassitariaI ricchi sono sempre più ricchi e i poveri piangono. Detto usurato che sembra quasi il titolo di una nota telenovela sudamericana dei tempi che furono. Nel nostro caso, però, è una telenovela tutta italiana che dura ormai da qualche decennio e non accenna a finire.

I ricchi naturalmente sono sempre i soliti: i politicanti privilegiati, i parassiti della casta istituzionale e i loro cortigiani che li servono e obbediscono. Una banda di approfittatori dei cittadini che cercano di irretire e instupidire la gente con la loro becera propaganda: noi siamo i difensori dei deboli, noi siamo i protettori degli oppressi… Noi siamo i soldati del proletariato e i valorosi eroi dei pensionati.

Già! E mentre loro fanno i “valorosi eroi dei pensionati”, guarda caso gozzovigliano a nostre spese con i grandi poteri, con gli occulti personaggi che muovono i fili della politica e della finanza internazionale, con i collezionisti di conti in banca e i proprietari di inimmaginabili (per noi) assets finanziari. Naturalmente, non rinunciando ai gustosi privilegi, ai grassi emolumenti percepiti  in virtù del riscaldamento del fondo della poltrona di una qualche istituzione o autorità, dove magari hanno creato più danni che vantaggi all’intero popolo che pretendono di rappresentare.

Purtroppo capita. Nessuna responsabilità, nessuna ammissione di colpa, niente impegno o sacrificio per la propria nazione, piegata da una crisi (non solo economica) che deve essere pagata sempre e solo dagli stessi: i cittadini. Nessun p-u-d-o-r-e! L’Italia sarà pure prostrata fino a terra per i morsi della fame, per il lavoro che manca, per la miseria più nera, ma loro di sacrifici niente. Questi li devono fare gli altri: i pensionati, i lavoratori, i piccoli artigiani, i professionisti, le famiglie e in generale chi vive di risorse limitate. Loro invece pensano a come salvarsi il sedere, la poltrona e lo stipendio in vista della prossima legislatura, che non sarà diversa da quest’ultima: sarà uguale, precisa e identica. Discuteranno di tutto e di più e alla fine – puntualmente – arriveranno al termine del mandato, con l’unica fissa che a loro interessa: come essere eletti e ritagliarsi la propria nicchia di potere, privilegi e palcoscenico.

Questa è la classe politica italiana “tipo”, che non è neanche capace di assumersi le proprie responsabilità politiche, governando direttamente il paese. No… Hanno bisogno dei tecnici per far digerire a noi italiani la fogna puzzolente in cui siamo immersi, e per occultare le prove che dimostrano che in questa fogna ci hanno messi loro con i loro sprechi, i loro privilegi, le loro leggine ad hoc e la loro cronica (e spesso penso persino dolosa) inconcludenza.

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Ecco dunque che si leggono notizie che dovrebbero far vergognare il politicante che il 27 di ogni mese accede al proprio conto corrente e si vede accreditata una montagna di soldi, frutto magari dei prelievi forzati del Fisco ai cittadini onesti, molti dei quali per quei prelievi si ritrovano sulla soglia della povertà. Costui dovrebbe domandarsi: cosa ho fatto io per meritarmi tutto questo denaro? Qual è stato il mio contributo al mio paese? Cosa ho fatto per difenderne gli interessi e proteggere la mia gente? Quanto percepisco è proporzionato al mio lavoro?

Niente. Queste sono domande troppo importanti e profonde per una classe politica che parametra il proprio impegno politico su due o tre elementi, tutti beceramente veniali: verrò eletto? Quanto prenderò di stipendio se verrò eletto? Mi faranno ministro? Mi daranno una poltrona in qualche istituzione? O forse magari la presidenza di una commissione? E quanto mi viene il gettone di presenza? Il cappuccino la mattina è gratis? E il pranzo? Me lo pagherà lo Stato?

Ecco queste sono le domande tipiche del politico italico, quello che – ahinoi! – siamo costretti a eleggere. Perché, del resto, quale altra scelta abbiamo? Il meccanismo è ben congegnato: difficile accesso alla vita politica del paese per le nuove generazioni (salvo rare eccezioni davvero rare, perché c’entra troppo spesso la posizione di papà e le conoscenze traverse), contro la stagnazione irritante dei vecchi politicanti nelle istituzioni. Gente che non si scrosta dalle poltrone neanche se la dovessimo prendere a cannonate. Figuriamoci cosa mai potranno fare due schede elettorali! 

La verità è che l’Italia è un paese vecchio, fatto di vecchi, privo di idee e non più capace di alzare la testa e di riprendere in mano il proprio destino. Ci stiamo lasciando andare. Non siamo più creativi, non inventiamo più nulla. Viviamo solo di passato, di retaggio, di sogni e di speranze. Tutte robe inutili, finché qualcuno non prenderà in mano la situazione e traghetterà il nostro paese verso una stagione riformatrice che scalzi dal potere i vecchi politicastri e instauri una cultura e un senso della nazione (non delle istituzioni, della nazione!) che serva davvero il popolo e non se stesso.

Altro che Europa! Prima di costruire l’Europa, sarebbe necessario e urgente costruire l’Italia. E prima di costruire l’Italia, per riprendere un vecchio motto risorgimentale e unitario, dovremmo fare gli italiani! Perché di loro non c’è traccia. Siamo solo un ammasso di persone costrette a vivere nel medesimo condominio statale (malandato), amministrato da una classe politica per lo più inetta e parassitaria, senza che ci unisca un filo di solidarietà e orgoglio nazionale, che non sia quella controfigura di ideale post-bellico che tutti chiamano “antifascismo”.


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