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I migliori libri del 2013

Creato il 09 gennaio 2014 da Federicobona @Federico_Bona

Sì, è proprio così: i Premi Melquíades sono tornati. Anche quest’anno ho lasciato sfogare i concorrenti, come il New York Times, il Guardian e Vanity Fair Italia e alla fine – con un’aggiunta di brivido, dato che non aggiorno il blog da un po’ (ma il profilo facebook di più) – ecco i premi per i migliori libri che ho letto nel 2013 (non necessariamente quelli usciti durante l’anno), categoria per categoria, sulla scia di quelle degli Oscar più che di quelle abituali nel mondo dei libri. Inizio, come di consueto, con il miglior libro, premio che attribuisco senza riserve a Le sei reincarnazioni di Ximen Nao di Mo Yan, titolo che potete considerare candidato in tutte le altre categorie principali e che perciò mi astengo dal nominare in seguito. Vince proprio per questo motivo: grande storia – grandi storie – grandi personaggi, straordinaria felicità narrativa. Miglior rilettura: Aspettando i barbari dell’implacabile J.M. Coetzee. Miglior personaggio protagonista maschile – con ben chiaro in testa il proposito di non duplicare i premi e di tirare in mezzo tutti i migliori libri dell’anno – Bartle, il soldato-narratore di Yellow Birds di Kevin Powers: il suo punto di vista sulla guerra e le sue devastazioni – asciutto ma sempre spinto fino al pericoloso limite della retorica, senza mai caderci – è davvero esemplare. Menzione d’onore per un altro personaggio che esplora il dolore e il distacco schivando con lucidità ogni trappola: Mario, uno dei tre narratori-protagonisti di Parlare da soli di Andrés Neuman. Per il non protagonista mi butto su Ricardo Laverde, spettro al cui inseguimento si dispiega la trama di Il rumore delle cose che cadono di Juan Gabriel Vásquez, grande storia individuale che s’incrocia con uno dei periodi più oscuri della moderna storia colombiana. Per i personaggi femminili, sale sul palco a ritirare il Melquíades per la protagonista Avellaneda, la donna che turba l’inoffensivo sopore della vita di Santomé, protagonista di La tregua di Mario Benedetti, seguita – per la non protagonista – dalle numerose figure – ex aequo – che popolano il flusso di coscienza di La promessa di Silvina Ocampo. Miglior intreccio va a Come diventare ricchi sfondati nell’Asia emergente di Mohsin Hamid che, grazie a una costruzione ammirevole, elimina qualsiasi tempo morto del genere romanzo. Menzione d’onore per un altro libro che tocca la storia colombiana – forse persino con eccessiva applicazione – ovvero 35 morti di Sergio Álvarez. Miglior ambientazione se lo porta a casa Il cantiere di Juan Carlos Onetti: ci sarebbero molti candidati, ma questo è l’unico in cui lo scenario – con la sua fatiscenza – sale alla ribalta come un vero protagonista, nemmeno troppo metaforico. Miglior fiction non originale – ovvero tratta da episodi, chiamiamoli così, reali – il perfetto La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia, con cui neppure l’ottimo – e agghiacciante – Mar del Plata di Claudio Fava può competere. Miglior “corto”, volendo premiare un singolo racconto lungo pubblicato a sé – e non una raccolta, che avrebbe visto uno scontro durissimo tra Animalia di Julio Cortázar e Dieci dicembre di George Saunders – se lo aggiudica l’amato Roberto Bolaño con Un romanzetto lumpen/canaglia, molti personaggi del quale si sarebbero meritati una nomination. Miglior libro in lingua italiana lo vince a mani basse una lettura che – ahimè – ho fatto molto tardivamente – ma sempre meglio tardi che mai – ovvero il meraviglioso Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, altro titolo da nomination multiple. Miglior libro di non-fiction, le lettere di Julio Cortázar raccolte in Carta carbone – nostalgia di un mondo intellettuale perduto – che batte sul filo di lana L’impronta dell’editore di Roberto Calasso, e miglior libro di varia – se non se la prende a male per l’inclusione, forse un po’ forzata, nella categoria – l’intelligente Curarsi con i libri. Miglior copertina? A me piace assai La promessa, pure più di Yellow Birds e delle Sei reincarnazioni… Chiudo, da tradizione, con il miglior autore. Tutto congiurerebbe a farmi dire Mo Yan, ma la sorpresa che mi ha dato George Saunders e la sua maestria nel controllo del racconto – primo amore al quale sto tornando – me lo fanno preferire. Perciò: viva George Saunders e all’anno prossimo! Chi volesse, dopo questa lunga carrellata, rivedersi i Melquíades degli anni precedenti, ecco i link a quelli del 2012 e a quelli del 2011.


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