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“Il corpo odiato”, libro di Nicola Lecca – recensione di Stefano Fiori

Creato il 20 aprile 2013 da Alessiamocci

Vi capita mai di piangere alla fine di un romanzo? e scoprire che magari quella non è la vera fine ma solo l’inizio di un momento profondo e significativo, proprio perché va oltre ogni aspettativa?

“Il corpo odiato”, libro di Nicola Lecca – recensione di Stefano FioriLa fine di un romanzo ti lascia un vuoto incolmabile con qualsiasi cosa futile, sappiamo riconoscere le differenze che ci sono tra bene e male e da quel momento siamo più coscienti del fatto che bisogna leggere tra le righe, perché in ogni pagina della nostra vita è celato un messaggio, un urlo, che può, anzi, deve invocare speranza.

“Vorrei dimenticarmi di me soprattutto di avere un corpo, considerarlo soltanto un guscio che protegge l’anima” 

È il secondo romanzo che recensisco di Nicola Lecca“Il corpo odiato” è un colpo al cuore, una lama che penetra nelle ferite aperte da secoli di egoismi e illusioni nei confronti di chi ormai si sente schiavo di un sistema che li obbliga a vivere come non vorrebbero e ad essere le persone che non sono in realtà. Le regole della società portano le persone più deboli a vivere odiandosi, odiando il proprio corpo, inconsci forse che quest’ultimo è semplicemente “l’involucro  che protegge la nostra anima”.

L’anima in questo caso è “macchiata” delle sregolatezze che lo stesso protagonista del romanzo, Gabriele, non si concesse nella sua adolescenza, vissuto in un piccolo paese di provincia del marchigiano, con tutti i pro e i contro, in particolare il fatto che in questi paesi sembra di vivere in un grande fratello naturale dove tutti sanno di tutto e tutti.

Parigi, invece, la sua seconda casa sembra per un momento essere il paradiso, nella quale tutto è concesso, vi è la libertà di essere e fare ciò che si vuole ma che in fin dei conti uccide la propria individualità e si è costretti a chiudersi in una “camera iperbarica“.

“Il corpo odiato”, libro di Nicola Lecca – recensione di Stefano FioriGabriele si rifugia all’interno di un quaderno e sotto la forma di un “diario” che è anche la struttura interna del romanzo inizia una specie di terapia emotiva che lo porterà a prendere coscienza di sé e soprattutto uscire dal turbine della bulimia, il male del secolo, apparentemente un’amica che ti sa ascoltare e ti è vicina, ma una nemica che ti corrode fino a sfiorare l’anima e distruggerti emotivamente.

Per tutto il romanzo Gabriele ricorre il sogno, il desiderio e la forte aspirazione di essere come quei modelli di Versace, dal fisico perfetto; non si accetta, si vede una persona orribile in un corpo orrendo perdi più tutto intorno a lui è crudele e per niente vicino.

Non solo per il protagonista scrivere è stata una sorta di terapia, ma ancora di più per i lettori che tra le righe, mese per mese entrano in mondi nuovi, desolanti e felici, in quanto effimeri, perché in fondo la felicità è questo, ti da la forza di gioire un istante e l’istante dopo ti fa perdere completamente  il senso di tutto.

Bisogna rincorrere la felicità, solo vivendo appieno lo si può fare e se avremo il coraggio di farlo in mezzo a tante sofferenze possiamo orgogliosamente dimostrare di aver scoperto il vero senso della vita.

In conclusione, questo romanzo mi lascia e vi lascerà con una voglia matta di iniziare e di intraprendere.

Written by Stefano Fiori


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