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Il movimento per la vita e la retorica prolife entrano nelle scuole pubbliche

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Il movimento per la vita e la retorica prolife entrano nelle scuole pubbliche

Oggi, leggendo un quotidiano locale, scopro che gli studenti e le studentesse del Liceo Scientifico Righi di Cesena, in occasione della Giornata Per la Vita, hanno incontrato un ginecologo per parlare di “vita umana dal concepimento alla nascita”.

Questo incontro, tenutosi simbolicamente il 2 Febbraio, giorno in cui le diocesi italiane celebrano la loro idea di vita, faceva parte di un più ampio progetto dal titolo “Quel giorno uno della vita”.

Il progetto, che coinvolge la classi quarte e quinte di questo liceo statale, ha l’obiettivo, come spiega l’enfatico titolo con cui viene riportata la notizia su questo quotidiano, di risolvere il “giallo” dell’inizio della vita.

Ma se un progetto lo intitoli “quel giorno uno della vita” non c’è nessun giallo da risolvere, la risposta alla domanda quando inizia la vita te la sei già data da solo. La vita inizia sin dal concepimento, è questa l’idea che si vuole veicolare con questo progetto.

Che il progetto “didattico” affronti il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza da un punto di vista fortemente ideologizzato è evidente. L’evidenza non è data solo dalla data simbolica scelta per l’incontro finale e dal titolo del  progetto, ma soprattutto dalle personalità invitate a parlare  con i ragazzi e le ragazze del liceo. Tra cui:

Il professore Giuseppe di Noia , Presidente della Commissione Scientifica del Consiglio di Presidenza della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana. Nel sito, tra una foto e l’altra di bimbi e la raccolta dei componimenti musicali del professore, troviamo l’ adesione di questo a progetti quali: sepoltura dei feti, referendum abrogativo della legge 194, progetto Uno di Noi, del quale oggi all’Angelus ha parlato anche il Papa non potendo far mancare assolutamente la sua adesione a iniziative come questa.

Annamaria Amaducci, ginecologa e presidente del Movimento per la vita di Cesena.

Pino Morandini, giurista, fondatore del Movimento per la vita di Trento, consigliere Pdl, sostenitore della sepoltura dei feti “indipendentemente dall’espressione di volontà dei familiari”, ma soprattutto estimatore di Giovanardi.

Il progetto prevedeva anche la partecipazione degli insegnanti di religione e di quelli di filosofia per affrontare la questione da un punto di vista etico-giuridico. Molti insegnanti di filosofia si sono rifiutati di prendere parte all’iniziativa.

«Hanno motivato il loro rifiuto – ha spiegato Agostini, (professore ideatore del progetto) – contestandoci di non aver invitato a parlare anche persone dichiaratamente abortiste. Ma non si pone il problema, visto che il focus del progetto non è l’aborto».

Con questo incomprensibile ribaltamento dei termini in questione viene liquidata l’obiezione, direi più che legittima, degli insegnanti di filosofia. La dirigente scolastica dell’istituto ha trovato però un modo ancor più sbrigativo per mettere a tacere le voci di dissenso:

«Mi risulta che gli insegnanti che hanno deciso di non partecipare lo abbiano fatto perché portano avanti altri progetti che non lasciano spazi per aggiungere ulteriori attività. »

Non mi sarei stupita se un progetto del genere, con questa impostazione fortemente ideologizzata, con l’esplicito scopo di portare avanti un punto di vista religioso che non ha nulla di scientifico, non ha nulla di etico, non ha nulla di educativo o didattico, fosse stato presentato in una scuola paritaria cattolica, ma qui stiamo parlando di scuola pubblica, di conseguenza di una scuola che deve garantire il pluralismo di idee, deve garantire il rispetto delle differenze religiose e culturali. No fare catechismo, indottrinamento, terrorismo da fanatici ultracattolici.

Perché chiamare solo esponenti del mondo cattolico? Perché far parlare i fanatici prolife a ragazze di 16/17 anni? A quale scopo? E se tra quelle ragazze ci fosse stata  una che, per scelta o per necessità, ha affrontato un’interruzione di gravidanza? Come si sarà sentita quella ragazza davanti a chi l’apostrofava come assassina perché la vita è vita sin dal concepimento?

Per me la vita è un insieme di esperienze, di ricordi, di progetti, per me la vita non è definibile da un punto di vista meramente biologico. Questa è la mia idea di vita. Non si può imporre con la violenza la propria idea di vita a nessun*!

Nella scuola pubblica italiana si può parlare di aborto i termini così ideologizzati, ma non si può parlare di contraccezione e sessualità.

Sarebbe stato corretto informare i ragazzi e le ragazze del Liceo Righi di Cesena sulla situazione pre1978, anno in cui è entrata in vigore la legge 194. Raccontar loro degli aborti clandestini, delle “mammane”, del prezzemolo, dei ferri da calza che probabilmente hanno usato anche le loro nonne e bisnonne, delle tante donne che sono morte prima che venisse data loro la possibilità di interrompere la gravidanza in maniera pubblica e gratuita.
Informarl* delle battaglie che le donne hanno portato avanti per conquistare il diritto all’autodeterminazione e alla salute. Così avrebbero capito che non bisogna dimenticare, perché questi diritti sono continuamente minacciati da fanatici che vogliono imporre a tutti noi la loro idea di vita. Avrebbero capito che dobbiamo lottare ogni giorno per non ritornare ad abortire e morire come le nostre nonne.

Questi ragazzi e queste ragazze hanno bisogno di sapere, la scuola pubblica deve mantenere viva la memoria storica in modo tale che violenze come quelle che subivano le donne ai tempi degli aborti clandestini non si ripetano mai più. La scuola pubblica dia alle ragazze e ai ragazzi gli strumenti per lottare ancora.

Mi viene in mente un film di qualche anno fa “Il Segreto di Vera Drake”. Il film racconta di aborti clandestini, di una signora inglese di mezza età che aiutava giovani ragazze ad abortire con acqua calda, saponi e disinfettanti. Una Vera Drake non è mai esistita, ma ne sono esistite centinaia, migliaia, in Inghilterra come in Italia e bisogna conoscerle, perché solo conoscendole possiamo far in modo che non esistano più.

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