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Imre Kertész non vuole più scrivere

Creato il 24 novembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Francesca Rossi Imre Kertész non vuole più scrivere Dopo Gabriel Garcia Marquez, affetto da Alzheimer e Philip Roth, che non trae più piacere dalla scrittura, un altro grande nome ha deciso di abbandonare quest’arte tanto bella ed affascinante quanto difficile: l’ungherese Imre KertészPremio Nobel per la letteratura nel 2002, una vita segnata dal dramma dell’Olocausto e dalla sopravvivenza al campo di sterminio di Aushwitz (non dimentichiamo, infatti, che non solo vivere quelle terribili realtà, ma anche sopravvivere quando molti altri muoiono, senza poter dare una logica agli avvenimenti, può incidere ferite profonde nell’animo), Kertész ha scelto il silenzio. È stato il Der Spiegel a raccogliere la sua confessione: “Non voglio più scrivere. Le opere legate all'Olocausto sono concluse”.
Imre Kerész ha una vita dura alle spalle: nel 1944, appena quindicenne, fu deportato ad Aushwitz e poi a Buchenwald, dove fu liberato l’anno successivo. Fu l’unico a sopravvivere della sua famiglia. Iniziò la carriera di giornalista nel 1948 a Budapest ma venne licenziato dal giornale per cui lavorava nel 1951, quando i comunisti presero il controllo dei mezzi d’informazione. Iniziò, cosi, la carriera di scrittore e traduttore, accostandosi alle opere di pensatori del calibro di Nietzsche e Freud
Le sue opere divennero famose solo dopo il crollo del Muro di Berlino. Prima Kerész dovette subire l’oblio della messa al bandoNel 2002 il Premio Nobel, la cui motivazione vale la pena citare: “Per una scrittura che sostiene la fragile esperienza dell'individuo contro la barbarica arbitrarietà della Storia”. Kertész scriveva la sua vita ed i suoi dolori, scavando proprio in quella arbitrarietà degli eventi che mutano senza che l’essere umano possa controllarli o dar loro, sempre e comunque, un senso. I lager ne sono stati un tragico esempio
Il suo romanzo più famoso rimane Essere senza Destino, in cui descrive proprio le vicissitudini di un giovanissimo ungherese nei campi di sterminio nazisti. Aushwitz fu il suo tormento, il suo pensiero fisso, come dichiarò lo scrittore stesso ed ogni nuovo libro non era che una rievocazione di quell’inferno. Kertész, però, non ha solo rievocato, ma si è impegnato in prima persona, promuovendo la lingua magiara in Romania ed in Germania e chiedendo che venisse istituita una università in tale lingua per gli ungheresi di Romania.
Il ritiro è stato ufficializzato proprio il giorno dell’inaugurazione di una mostra, a Berlino, con tutti i suoi manoscritti. Purtroppo una voce in grado di riportare a galla quei terribili fatti, facendoli conoscere a noi che, per caso o destino o come vogliamo chiamarlo, non li abbiamo vissuti, appende la penna al chiodo. Le sue opere, per fortuna, vivranno sempre. 

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