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In mancanza di agnelli e di figli

Da Villa Telesio
In mancanza di agnelli e di figli

"L'Atalante" (di Jean Vigo, 1934)

Il braccio proteso come quello di un eroinomane giaceva solitario sul tavoline nero sporco di vino e cereali. Il telo arancione, a righe, giallo e arancione, se ne faceva beffe: lo sapeva fin dal primo momento che aveva iniziato a grattarsi e a sudare. Com’era dolce quel cadavere di vino, lasciato a marcire sul tappeto grigio. Sigarette tutte spente, nessun incendio stasera, nessuno.

Tu della quiete ancora inviolata sposa,


alunna del silenzio e del tempo tardivo,


narratrice silvestre che un racconto
fiorito

puoi così più che la nostra
rima

dolcemente dire,


quale leggenda adorna d’aeree fronde si posa


intorno alla tua forma?

Il pigiama lievemente increspato lo faceva poeta casalingo, il maglione di qualità lo rendeva sconfitto: ma che maglietta c’è sotto, si chiese senza memoria? Un clown ubriacone, rispose una voce. Ma non poteva essere lei, lo aveva reso impotente tre giorni prima, senza neanche essere ubriachi lo aveva reso impotente. Una felpa pendeva dal soppalco svedese, ricordando al poeta l’arrivo dell’inverno con cui spesso giocava a chi resisteva di più osservando la luna. Banale, poeta, banale. Così arrivo la nebbia.

Quali uomini


son questi o quali dei,


quali ritrose vergini,


qual folle inseguimento, qual paura,


quali zampogne e timpani,


quale selvaggia estasi?

La puzza del pub sotto casa arriva fino al soffitto, non credi Giacomo, dà fastidio anche a te? La folle fantasia del bambino siciliano con la stanza che vomita fantasmi innamorati di te, e tu di loro: ancora, ogni tanto, tutto ritorna. Ci sono strani fiori, disse lei, nella musica. Gli occhi ripieni di nuvole coccolano in maniera un po’ riluttante anche i peggiori gabbiani, non credi Charles? E le anguille, suscitano ironie, queste luci lontane, lunghissime, ittiformi. Ah, ittiformi. Chissà se si può dire, John.

Audace amante e vittorioso, mai mai tu potrai baciare, pur prossimo alla meta, e tuttavia

non darti affanno: ella non può sfiorire e, pur mai pago, quella per sempre tu amerai,

bella per sempre.

Non credo siano mai esistiti bambini così capricciosi, che vedono nei puff del gelato nero, puff. Noia non è, tesoro, forse devi offrimi solo una sigaretta, disse lei. In mancanza di agnelli, e di figli, ci può stare. Così sei tornata. Che bella veste. E disse così con il corpo pieno d’acqua salata, avrebbe voluto farsi cucinare dentro una carbonara per le stelle, ma era banale, l’avrebbe forse..Mi piacerebbe, sussurrò lei. E lui fece la carbonara.

Chi son questi venienti al sacrificio?


E, misterioso sacerdote, a quale verde altare conduci questa, che mugghia ai cieli, mite

giovenca di ghirlande adorna i bei fianchi di seta?


Qual piccola città, presso del fiume o in riva al mare costruita, o sopra il monte, fra le sue

placide mura, si è vuotata di questa folla festante, in questo pio mattino?


Tu, piccola città, quelle tue strade sempre saranno silenziose e mai non un’anima tornerà

che dica perché sei desolata.

Così si ritrovò faccia a faccia con un pesce rosso chiamato Johan Sebastian Bach e i Frutti di Bosco, amante dei sassi e della cocaina, un vero pesce-beat. La risata di lei lo consolò, e provò a sfiorarle la mano sinistra: la ritrasse, lui rise, svuotò il suo stomaco sul giornale del giorno prima. Chissà, qualche suo amico ci viveva, con quel giornale. Lui provò a ripulirlo con le maniche del maglione, in fondo si è tutti colleghi, ça va sans dire. Così potresti..ferirmi, chiese lui…tornare, disse lei.

Giovine bello, alla fresca ombra mai può il tuo canto languire, né a quei rami venir meno

la fronda.


Audace amante e vittorioso, mai mai tu potrai baciare, pur prossimo alla meta, e tuttavia

non darti affanno: ella non può sfiorire e, pur mai pago, quella per sempre tu amerai,

bella per sempre.

Il suo sguardo infranse lo specchio, lei lo attraversò sorridendo, come non la vedeva da molto. Poi la notte smise di chiedersi se fosse eterna, e alcune luci molestarono il poeta. Le sue scarpe con la stella d’argento sbadigliavano fiere, come sempre. Gli diede da mangiare due piedi caldi, e iniziò a camminare per la città straniera, vestito di stracci, come sempre.

Quando, dal tempo devastata e vinta, questa or viva progenie anche cadrà, fra diverso

dolore, amica all’uomo,


rimarrai tu sola,


Bellezza è Verità” dicendo ancora:


Verità è Bellezza”. Questo a voi, sopra la terra, di sapere è dato:


questo, non altro, a voi, sopra la terra,


è bastante sapere.


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