11 marzo 2013 Lascia un commento
Justin Timberlake, il protagonista, riceve inaspettatamente 100 anni di vita da un ricco sconosciuto e la morte della madre fara’ scattare in lui non solo un desiderio di rivalsa nei confronti dei ricchi ma bisogno di vera e propria vendetta.
Bella, bellissima idea ben sviluppata, ben interpretata e ben diretta.
Che i veri ricchi siamo coloro con tempo da spendere, rientra ormai nella filosofia da bar eppure troppo poco ci si sofferma nel trasformare le cose che possediamo in tempo di vita sprecato. Se servisse un esempio illuminante e sublime, basta ripassare la scena magistrale di Volonte’ che ne "La classe operaia va in Paradiso" converte l’inutile paccottiglia di casa sua in ore di lavoro maledetto.
Ebbene se l’idea del povero in denaro contro il ricco e’ ormai abusata anche per i registi sovvenzionati da Rai 3 -no vabbe’, per loro no-, sostituendo denaro con tempo e’ possibile riscrivere la stessa storia in modo totalmente diverso.
Quando il ricco benefattore di Timberlake ad un certo punto racconta di un corpo che puo’ vivere millenni ma della mente che infine s’esaurisce ormai arida di idee ed emozioni, risponde a quella domanda fino ad oggi senza risposta che il Buddy di "Wall Street" rivolge a Gekko "Quand’e’ che basta Gordon?" e se e’ difficile porre un limite al denaro, lo e’ molto meno convertendolo in tempo da vivere.
Lasciamo stare quanto l’intero impianto sia opinabile, del resto il regista ci aveva abituati a voragini concettuali gia’ con "Gattaca" film filosoficamente scorretto ed imperfetto come pochi ma che ho amato fino a farmi male e se "In time" eredita i peggiori difetti, assieme a questi si guadagna il pregio di far riflettere.
Vuoi vedere che una semplice sostituzione di oggetto, potrebbe rispondere anche a tante questioni irrisolte di ognuno di noi e Andrew Niccol ci offre un buon film perche’ qualcuna di quelle questioni sa porle per davvero.