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Incontri

Da Gabrita
Incontri
L'uomo è seduto di fronte a me. La sua borsa grande e consunta ondeggia ad ogni curva dell'autobus. Ha i capelli lunghi, raccolti in una coda spettinata e la barba folta, scura, incolta da chissà quanto tempo. L'aspetto è gentile e candido, da vecchio poeta di strada e mi osserva silenzioso, le mani serenamente appoggiate sulle gambe, un sorriso malinconico all'angolo della bocca e lo sguardo di chi ha visto tutto, ma sa stupirsi ancora. Gli occhi gli cadono sulle mie dita, due occhi grandi come laghi di montagna e si soffermano sull'unico anello luccicante che indosso. Io ritraggo la mano, d'istinto, e la copro con l'altra, come a proteggere chissà quale tesoro. Lui alza il volto su di me, per nulla turbato o offeso: "Parlez vous francais?" mi chiede, dopo una pausa. Poi sorride di nuovo e nell'aria, tra noi, aleggia come una cappa la mia stupidità. "No", gli rispondo a mezza voce "Mi dispiace..." Lui fa un gesto delicato con la mano, come a dire "Non importa" e sposta lo sguardo fuori dal finestrino. Io rimango a testa bassa, a guardare il nulla e a pensare a quanto crediamo di essere empatici e accoglienti, a volte, solidali con tutti e pieni di filantropici intenti e poi quando la vita ci concede un'occasione per condividere anche solo un sorriso, tutti i pregiudizi di cui siamo infarciti ci immobilizzano nella nostra umana limitatezza. L'uomo dagli occhi come laghi è sceso dall'autobus, alla fermata successiva.   Non saprò mai cosa mi avrebbe detto, se avessi conosciuto il francese, ma so quello che avrei dovuto dirgli io, in quel momento sospeso in cui il cuore senza fissa dimora, tra i due, era stato sicuramente il mio.


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