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#iosonopovero: se vuoi lavorare, rinuncia ai tuoi sogni

Creato il 26 febbraio 2014 da Propostalavoro @propostalavoro
#iosonopovero: se vuoi lavorare, rinuncia ai tuoi sogniL'Isola dei Cassintegrati ha lanciato ad inizio anno #iosonopovero, una rubrica con cui i nuovi poveri si raccontano senza reticenze, senza banalità e senza buonismo.

 

I nuovi poveri sono precari che non riescono a rendersi indipendenti dalla famiglia di origine, coppie che faticano ad arrivare alla fine del mese, operai che lottano per tenere aperti gli stabilimenti e giovani che si sentono traditi dal proprio percorso di studi.

 

Le storie, raccontate in prima persona, trascendono ogni tipo di analisi economica o giuridica sul mercato del lavoro o sul momento storico: sono solo mini-biografie di nuova povertà, non analizzata ma descritta.Non sono solo storie di #coglioniNo o di neolaureati con "Tutta la vita davanti", ma di persone comuni che raccontano perché in Italia e nel 2014 si considerano povere.

 

Gli articoli di #iosonopovero hanno un grande seguito e sono condivise centinaia di volte su ogni social network, ma soprattutto sono commentate liberamente da un ogni tipo di utente, senza alcun filtro. Messaggi di solidarietà? Non sempre, anzi, molto spesso piovono critiche addosso a chi si racconta.

 

Prendiamo una storia come esempio su tutte: come criticare una ragazza sogna di diventare fotografa professionista, lavorando la mattina per poter pagarsi pagare il corso di fotografia serale e coronare il suo sogno?

 

«Non ci sono mai stati nella storia recente tanti fotografi, sia professionisti che fotoamatori, come oggi. La concorrenza adesso è più forte che mai, in un contesto editoriale, tra calo di lettori e di investitori pubblicitari, sempre più alla frutta e sempre più debole. Guardatevi in giro i portfoli dei fotografi under 30 premiati in tutto il mondo. E confrontateli con quello di Naima. Beh, Naima. Siamo sinceri, ci vuole umiltà. Devi lavorare ancora molto e devi crescere ancora tanto da un punto di vista fotografico perché tu possa sperare di campare di sola fotografia.»

 

«Finisci gli studi, fai qualche sacrificio in piu'. Una volta finiti gli studi, vattene dall'italia. E' un paese vergognoso, senza memoria e senza alcuna possibilita' di riuscire nella vita, se non truffando o corrompendo.»

 

«Se alla London Metropolitan University ci si diploma con le foto che hai sul sito web… beh allora è Londra ad esser messa un po' male.
E poi, come detto da altri, giusto inseguire i propri sogni, ma quando i problemi sono altri, come quello monetario, ed il bisogno diventa lavorare il più presto possibile…beh, bimba, forse dovevi mettere da parte i desideri e fare un ulteriore sacrificio studiando altro.
»

 

«Io lavoro in un piccolo studio grafico, mi capita di vedere molti portfolio di fotografi "medi" (non certo dei geni della fotografia), ho guardato il tuo sito, e se quello che ho visto fosse stato il tuo portfolio l'avrei scartato subito, ritenendolo poco più che amatoriale.»

 

E molte altre, che insistono sull'inutilità dello studio, sull'ipocrisia nel dire #iosonopovero (perché uno più povero c'è sempre), sull'impossibilità di rimanere in Italia e, quasi di contrappasso, sulla velleità di trasferirsi all'estero.

 

Ma c'è una critica che riassume tutte le altre e voglio portare come esempio:«Liberi di fare gli ipocriti, ma una scuola per fotografi è considerabile un titolo di studio? No. È risaputo o no che questi sono lavori che non danno occupazione? Oggi se vuoi lavorare o fai un istituto tecnico o una materia scientifica all'università, altrimenti al 99% non troverai mai un lavoro che rispecchi il tuo titolo di studio.
I sogni sono per gli eterni bambini, gli inconcludenti: bisogna trovare una giusta posizione intermedia tra ciò che è realmente giusto fare e ciò che in mezzo a quelle cose può interessare maggiormente. Per quanto mi riguarda, questa ragazza, come tantissime altre, ha buttato soldi, specialmente per i viaggi all'estero che spesso nemmeno giovani economisti o ingegneri o medici possono permettersi
Questa è l'Italia. C'è chi dice che bisogna ripartire dalla cultura. Io non sono d'accordo. La cultura va incentivata e coltivata ma, esattamente come per il turismo, non si può vivere solo di essa: l'Italia deve ripartire dall'industria pesante e introdursi nel mercato dell'elettronica, e nel frattempo alimentare i beni culturali come fa qualsiasi paese civile.
»

 

I sogni sono per gli eterni bambini e per gli inconcludenti? In altri articoli ho trovato crudi e disillusi commenti alla "mentalità da Steve Jobs", che avrebbe reso hungry foolish una generazione di sognatori, ma non hungry foolish nel senso di "affamati" e "temerari", ma in quello meno lusinghiero di "stupidi" e "morti di fame".

 

Roberto Saviano, nella lunga intervista di Daria Bignardi per Le Invasioni Barbariche, invitava a seguire i propri sogni perché, causa la crisi, essere musicista o dentista comportava la stessa identica insicurezza di fronte al futuro.

 

E sempre sull'inadeguatezza al tempo in cui viviamo, sul rifiuto di essere hungry foolish, choosy o bamboccioni avevo letto (e consiglio a tutti) un lucidissimo intervento su Solferino 28, un blog del Corriere della Sera, ma mai avevo sentito un ritorno alla disillusione così determinato e a tratti anche violento.

 

Trovo difficile interpretare queste tendenze, condurre a razionalità anche i commenti di pancia, comprendere le ragioni di chi si sfoga con un "te la sei cercata" di fronte ad un #iosonopovero, trovare un confine tra vittimismo, sadismo e reale ipocrisia. E ancora più difficile è cercare di cogliere i significati di un momento storico a partire dalle testimonianze che, tuttavia, meritano di essere riportate e condivise.

 

Studio il mercato del lavoro per professione e per passione (come quella che mi porta a scrivere su questo sito) e sono sempre più convinto che se crisi ed incertezze esistono non sia colpa soltanto di istituzioni e mercato.

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