Questa mattina mi sono svegliata col pensiero fisso di Ko Samet. Sarà la tristezza dell’autunno che incalza, sarà l’aria umida riporta al pensiero dell’Asia, sarà non so cosa, ma mi è venuta una certa voglia di mare thailandese. La mia unica ma indimenticabile esperienza l’ho fatta due anni fa a Ko Samet, sulla costa orientale del golfo. L’isoletta è a soli 200 km da Bangkok, ed è facile da raggiungere. Si arriva a Bangkok (per fare prima coi voli il metodo più affidabile è sempre dare un’occhiata su Expedia). Una volta lì si raggiunge l’Eastern Line Buses Terminal e si prende un bus fino a Bhan Phe; da lì mancano solo 20 minuti di traghetto.
Più piccola (sette chilometri per tre!) della rinomata Ko Chang, è anche meno aggredita dal turismo. Più a sud si scende, più le spiagge sono belle e incontaminate. Voilà la pagina di Wikipedia con l’interminabile lista di spiagge. Quelle che abbiamo frequentato noi sono Ao Nuan e Ao Wai (Ao … ovviamente significa spiaggia), entrambe da consigliare. Abbiamo alloggiato al Malibu Resort, in un bungalow decisamente al di sotto dello standard promesso, ma è buffo come ci si scopra straordinariamente accomodanti, davanti alla prospettiva di spiagge bianche, sedute di abbronzatura, cenette in riva al mare e poco altro.
La spiaggia sulla quale affacciano i bungalow, la Vongduern Beach, la sera si popola di ristorantini “mobili” che allungano fino al bagnasciuga tavolini e divanetti a palafitte. Qui la sera ci siamo goduto il fresco e i nostri ultimi pasti a base di pesce e birra Chang.
L’Isola di Ko Samet è denominata riserva naturale. La zona balneare curata ma le poche strade dell’isola e i molto punti di bosco sono sporchi; si incontrano collinette di spazzatura, bottiglie di plastica. E’ un peccato. Per una volta è inutile prendersela con i turisti. Qui vengono soprattutto famiglie europee, francesi, belgi, tedeschi di mezza età con le giovani mogli thailandesi, gente che non butta la spazzatura nell’ambiente a casa propria e sicuramente non lo fa nemmeno qui. Sono i thailandesi che non hanno ancora imparato il rispetto per il proprio ambiente naturale. La mia ultima immagine della Thailandia (ma potremmo dire di tutta l’Asia) è questa: scenari meravigliosi, monumenti ineguagliabili, ma l’incapacità di valorizzare e rispettare le proprio ricchezze resta ancora evidente. Troppe volte abbiamo visto giovani asiatici buttare per terra, in una terra meravigliosa e incontaminata, le bottiglie di plastica vuote. È vero che nemmeno il cosiddetto primo mondo è esente da colpe o ha risolto tutti i suoi problemi con i rifiuti, di qualsiasi natura essi siano… Ma ogni volta che vado in Asia non posso non riflettere sul fatto che questo stupefacente continente, tra tutte le problematiche che sta affrontando e che dovrà affrontare, prima o poi dovrà rendersi conto che la distruzione dell’ambiente naturale avrà, anche per loro, conseguenze devastanti.La scorsa estate c’è stato un incidente ambientale; una nave ha perso petrolio all’altezza della spiaggia Ao Phrao, ma è del 29 ottobre (due giorni fa!) la notizia che è terminata la “ripulitura generale” della spiaggia e l’acqua non è più contaminata. Un ’ottima occasione per tornare a visitarla e dare una mano a uno dei tanti paradisi della Thaildandia.