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KOSOVO: Il referendum dei serbi inguaia sia Pristina che Belgrado

Creato il 20 febbraio 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Davide Denti

KOSOVO: Il referendum dei serbi inguaia sia Pristina che BelgradoA quattro anni dalla dichiarazione di indipendenza, la Repubblica del Kosovo è ancora un semi-stato. Da una parte, solo 88 stati la riconoscono come tale, inclusa Taiwan, che non è membro ONU, e gli ultimi arrivati del 2012, Ghana (23 gennaio) ed Haiti (10 febbraio). Dall’altra parte, la sovranità del governo di Pristina sul proprio territorio resta parziale, limitata dallo posizione ‘status-neutral’ di Eulex e dal rifiuto dei serbi del Kosovo di riconoscerne l’autorità.

Tra martedì e mercoledì, proprio i circa 35.500 elettori serbi del Kosovo si sono recati alle urne per un referendum autogestito nei quattro comuni di Zubin Potok, Zvecan, Kosovska Mitrovica e Leposavic. La domanda, secca: “Accettate le istituzioni dell’autoderminata Repubblica del Kosovo?”. La risposta, abbastanza scontata, sarà un “NE”. Circa il 60% degli elettori aveva già votato, a tre ore dalla chiusura dei seggi, secondo le autorità locali.

Il referendum non era autorizzato né da Pristina né da Belgrado, e rischia di dare parecchi grattacapi ad entrambi i governi.

KOSOVO: Il referendum dei serbi inguaia sia Pristina che Belgrado
Il referendum mina la credibilità delle autorità di Belgrado e la sua capacità nei negoziati con la comunità internazionale rispetto al problema del Kosovo - ha dichiarato il ministro serbo per il Kosovo e la Metohija Goran Bogdanovic -. Il progetto di un referendum fa gli interessi solo di alcuni politici e non porterà nulla di buono ai serbi. Da un punto di vista finanziario il voto sarà poco costoso, ma ci costerà caro in senso politico.”  Il negoziatore serbo con Pristina, Borislav Stefanovic, ha rimarcato come il referendum sia “insensato e anticostituzionale”.

Belgrado teme in particolare una sonora bocciatura da parte del Consiglio Europeo del 1° marzo, che dovrebbe decidere se concedere alla Serbia lo status di paese candidato all’Unione Europea, come suggerito dalla Commissione sin dal 2011, o se rimandare ancora tale riconoscimento, come già ottenuto dalla Germania a dicembre 2011, condizionandolo proprio al miglioramento dei rapporti tra Belgrado e Pristina.


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