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L’altalena dell’intelligenza

Creato il 15 novembre 2011 da Simone D'Angelo @SimonDangel
L’altalena dell’intelligenza

Il quoziente intellettivo degli adolescenti sale e scende con lo sviluppo

L’adolescenza è una fase di continui cambiamenti riguardanti lo sviluppo, gli ormoni e lo stress. Ma non è tutto. Una nuova ricerca britannica mostra come il quoziente intellettivo, ovvero il punteggio ottenuto a uno dei test volti a misurare l’intelligenza, può aumentare o diminuire durante l’adolescenza.

I ricercatori hanno testato 33 adolescenti la prima volta nel 2004, quando i ragazzi avevano tra i 12 e i 16 anni, e la seconda nel 2008, quando avevano 15 e 20 anni. Per entrambe le fasi di prova il team ha utilizzato la risonanza magnetica. I test mostrano che i punteggi QI rilevati nella seconda prova variavano di molto rispetto a quelli ottenuti quattro anni prima. Una parte dei ragazzi aveva aumentato le sue prestazioni rispetto ai coetanei di ben 20 punti sulla scala del QI.

«Abbiamo riscontrato un notevole cambiamento nel modo in cui i soggetti hanno eseguito il test nel 2008 rispetto a quattro anni prima», dice Sue Ramsden del Wellcome Trust Centre for Neuroimaging di Londra. «Alcuni hanno ottenuto un risultato decisamente migliore, altri, invece, uno considerevolmente peggiore. Esiste una chiara correlazione tra questo cambiamento in termini di prestazioni e i cambiamenti nella struttura del cervello».

È stato anche misurato il QI verbale di ogni partecipante (lingua, aritmetica, memoria e cultura generale). Per il QI non verbale i ragazzi dovevano individuare gli elementi mancanti di una foto o risolvere un puzzle visivo. Il quoziente intellettivo dipende dalle regioni specifiche del cervello. Un punteggio più alto del QI verbale era correlato con una maggiore densità della materia grigia in un’area della corteccia motoria sinistra del cervello, che si attiva quando si usa la voce per parlare. Un più alto QI non verbale era correlato con una maggiore densità della materia grigia nel cervelletto anteriore che influenza i movimenti della mano. Le differenze sono dovute allo sviluppo precoce o tardivo dei partecipanti.

«Questo interessante studio – commenta John Williams, capo di Neuroscienze e salute mentale presso il Wellcome Trust – dimostra quanto sia malleabile il cervello umano».

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