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L’ignoranza è (anche) rossa

Creato il 19 gennaio 2014 da Margheritapugliese

Il Corriere di Bologna - 15 gennaio 2014

Lunedì scorso il Corriere della Sera – noto quotidiano nazionale di tiratura nazi-fascista – ha pubblicato un editoriale targato Angelo Panebianco dal titolo “Troppe ipocrisie sugli immigrati“. Per chi lo ignorasse, Panebianco è docente universitario alla facoltà di scienze politiche a Bologna, accademico di fama internazionale, delfino di Giovanni Sartori e una delle firme ricorrenti della redazione milanese di Via Solferino.

Il pezzo incriminato snocciola abilmente – senza fronzoli, perbenismi o menate filo clericali – le ragioni di una politica dell’immigrazione “selettiva” ispirata non dalla compassione, dall’accoglienza o da ragioni di ordine umanitario, bensì dal profitto, dalla convenienza e dalla lucidità politico – istituzionale in capo allo Stato di saper gestire e filtrare i flussi migratori, alla luce sia del progressivo quanto inevitabile invecchiamento della popolazione sia dell’urgenza di acquisire ed inquadrare nuova forza lavoro. Panebianco bolla lo spirito da crocerossina che defluisce da buona parte dei banchi di Montecitorio come inadatto e controproducente per una sana e razionale politica dell’immigrazione. A costo di scivolare nel ventaglio di appellativi politicamente scorretti e gretti propri di chi mette da parte la benevolenza e i sorrisi alla Candy Candy, l’editoriale frantuma il muro di omertà e ipocrisie che serpeggia nel dibattito sull’immigrazione e ne sponsorizza una politica di monitoraggio basata sulla convenienza e il bisogno di importare mano d’opera qualificata – a certe condizioni e fintanto che non debordi nei mercati illegali – al servizio della ripresa economica.

Ma non finisce qui. Panebianco si spinge oltre e azzarda – alla faccia del “siamo tutti uguali” – differenze e corsie preferenziali. Meglio favorire un’immigrazione di matrice cristiano ortodossa piuttosto che una di stampo islamico, se non altro in virtù di similitudini storico culturali che faciliterebbero l’integrazione della prima a scapito della seconda.

Qualche giorno dopo la pubblicazione dell’editoriale, l’ignoranza e la demenza di alcuni ragazzotti – militanti del collettivo “Hobo” – ha eruttato in un gesto meschino e intimidatorio al secondo piano della facoltà di scienze politiche. Gli imbecilli – per usare un eufemismo e non essere sboccata – pavoneggiandosi in atteggiamenti brigatisti dopo essersi negati al dialogo e al confronto con il professore bolognese, ne hanno imbrattato la porta bianca dello studio con due barattoli di vernice rossa e vergato la superfice con le scritte “Panebianco cuore nero” e “fuori i razzisti“.

Alla ragazza che brandisce come un’arma la bomboletta spray sfregiando lo studio di Panebianco, così come ai soldatini politicizzati schierati nel cortile della facoltà con parka e kefiah, va ricordato – a suon di ceffoni se ne fossi il padre – che il diritto alla critica e alla contestazione passa per il rispetto dell’altro e il coraggio di ribattere colpo su colpo tirando fuori i coglioni nell’argomentare e sostenere con fermezza la propria tesi.

Il raid consumatosi qualche giorno fa nel tempio universitario di scienze politiche, non solo è l’espressione dell’ignoranza di una ventina di “mezze seghe” che si compiacciono nel dare del razzista al primo che capita pur non avendone compreso il messaggio e forse nemmeno letto l’articolo, ma è altresì il manifesto di una generazione – non tutta sia chiaro – che poco si informa, si interroga, ascolta e matura una coscienza propria slegata da dottrine e ideologie, scivolando così nella violenza e nel marasma di slogan scontati e inappropriati che ne condannano la protesta.


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