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L’Ucraina negli anni della perestrojka. L’indipendenza come punto di svolta

Creato il 10 giugno 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: “Tra le fauci dell’orso. Geopolitica e società di un’Ucraina divisa”

La transizione di fine Anni ’80

È con la perestrojka e la glasnost’, ovverosia con la “ricostruzione” e la “trasparenza”, che l’ex Unione Sovietica di fine Anni ’80 ristruttura la propria economia nazionale, ridefinendo i principi della sua stessa immagine nel mondo dell’epoca.

Il vecchio gigante non è più invincibile, e l’idea che si era portato appresso di un’eternità inviolabile si sta ormai mostrando una statua di sale.

Nonostante la portata di questa rivoluzione epocale, le riforme della perestrojka colpirono il sistema economico sovietico non in forma definitiva. Rimase inalterato il controllo dei prezzi, insieme alla perdurante esclusione della proprietà privata dalle grandi imprese.

Lo Stato stesso continuò ad esercitare il monopolio sui mezzi di produzione, e questo fattore dimostrò la stagnazione dell’economia dell’Unione Sovietica ormai al tracollo.

Il bisogno di una rivisitazione integrale della propria immagine fu avvertito dall’ex Unione Sovietica già all’indomani della Seconda guerra mondiale, in quel contesto diplomatico dove Stalin desiderava affermare la parità politica fra lo Stato federale comunista e gli Stati Uniti. Un gioco di potere durato più di 40 anni fra la Bandiera rossa e lo Zio Sam, diviso fra corsa agli armamenti e conquista dello spazio. È il luglio del 1969, quando l’America di Nixon decretò il sorpasso sul gigante sovietico nel “porre il primo piede sulla Luna”. L’invidia sovietica crebbe in quegli anni, e si avvertì col primo astronauta in orbita – Jurij Gagarin – il 12 aprile 1961 e l’atterraggio dell’Urss sul suolo lunare nel 1970 con la prima sonda robotica Luna16.

La capsula che ospitò Jurij Gagarin durante il viaggio in orbita. Photocredit: CC BY 2.0/Wiki/FlickreviewR

La capsula che ospitò Jurij Gagarin durante il viaggio in orbita. Photocredit: CC BY 2.0/Wiki/FlickreviewR

La perestrojka fu una forte svolta sulla carta, ma un insuccesso storico nel suo complesso. Fallì l’idea di fiducia che si sarebbe dovuta generare all’indomani del cambiamento, così come non si concretizzò mai un vero e proprio stato di diritto forgiato nell’alveo delle riforme di fine Anni ’80. In altri termini, l’ostacolo rappresentato fino a quel momento dai vertici del Partito comunista continuò ancora nel tempo, sebbene in questo periodo il partito si rivelò maggiormente esposto al dramma della corruzione. Risultato: un’economia ancora più in crisi. Un orizzonte ben lontano dagli intenti di Michail Gorbačëv, che desiderava risvegliare l’Urss, trasformandola in un’economia decentrata. Il Partito comunista avrebbe sì proseguito il suo potere, ma avrebbe scansato in un angolo l’ombra della gerontocrazia targata Brežnev, Andropov e Černenko. Il modello di Gorbačëv coniugava in sé, dunque, un binomio vincente: il rilancio economico e l’incremento produttivo. Il socialismo avrebbe allora goduto di un nuovo risveglio in una società nuova.

L’Ucraina e l’identità storica nella testimonianza di Leonid Kravčuk

Leonid Kravčuk è stato il primo presidente dell’Ucraina dopo l’indipendenza dell’agosto 1991. Rimase al potere da quell’anno fino al luglio 1994, quando venne sostituito ai vertici del Paese da Leonid Kučma, il presidente che spense nel dicembre 2000 l’ultimo reattore nucleare della centrale di Černobyl’.

Come si può comprendere dai contenuti di un’intervista del settembre 2012 (“Geopolitica”, rivista dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie), che lo stesso Kravčuk rilasciò ad Eliseo Bertolasi, antropologo dell’Università Statale Bicocca di Milano, il 1991 fu un anno di svolta per l’Ucraina e per l’Europa intera. I Paesi dell’ex blocco sovietico, da sempre sotto un onnipresente controllo, percepirono per la prima volta un leggero disgelo, che si espresse presto in una maggiore libertà di espressione. Il diritto alla libertà si era dunque rivelato come un punto cruciale sia per testimoniare e vivere l’indipendenza, sia per ridefinire nell’era post-sovietica l’identità ucraina. Finché l’Unione Sovietica rimase forte – e apparentemente inviolabile – le persone si vedevano costrette a non proferire opinioni contrarie all’ideologia imperante. Il tutto si tradusse ben presto in un mancato sviluppo dell’autocoscienza. Un’autocoscienza che potesse esprimersi in una presa di distanze da quel potere che guidò l’Urss per quasi 70 anni e minò dalle fondamenta le libertà individuali.
La “nuova” Ucraina è dunque frutto di un connubio di elementi storico-politici, che si manifestarono tra la fine degli Anni ’80 e i primi Anni ’90: dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica al risveglio dell’economia in Ucraina all’Accordo di Belaveža. Quest’ultimo fu sottoscritto nel 1991 fra Russia, Ucraina e Bielorussia, e sotto il profilo geopolitico sancì l’inizio della CSI, la Comunità degli Stati Indipendenti. L’amalgama ben combinato di tutti questi fattori contribuì – non secondariamente – a sviluppare un nuovo corso per l’identità storica in Ucraina.
Nel descrivere il popolo ucraino l’ex presidente Kravčuk ricorda – nell’intervista rilasciata ad Eliseo Bertolasi – come fosse al primo posto in Unione Sovietica sotto il profilo dell’istruzione superiore. Un’affermazione che si traduce nell’idea che l’Ucraino per antonomasia sia una persona istruita e colta. Ma le radici storiche del popolo sono molto più antiche, e superano di gran lunga gli anni della nascente Urss. Già nell’antica Rus’ di Kiev, fondata nel 860 sotto la signoria di Oleg, quel lembo di terra guardava al mondo, e l’incontro col basileus bizantino Giovanni I Zimisce ne è la conferma. Un popolo desideroso di andare ben oltre l’austerità delle terre già conosciute e incontrare quell’Europa che ancora non esisteva.
Ma la Russia è da sempre stata il macigno che ha oppresso l’Ucraina: l’Unione Sovietica dopo 325 anni di Impero russo. Una dominazione che ha soprattutto segnato l’intellighenzia del Paese, che ha intravisto nella separazione dal gigante sovietico il preludio dell’indipendenza e del risorgimento nazionale. Un’identità costituitasi nei secoli e che ancora oggi si avverte nella lingua, nelle tradizioni e nella quotidianità della vita vissuta.
C’è chi non nasconde le persistenti affinità col popolo russo, e giustifica tutto ciò con i lunghi secoli di convivenza delle due culture. L’indipendenza, dunque, ha significato anche questo, ovvero: consentire a ogni popolo di definire una propria identità. La stessa geografia dell’Ucraina testimonia la frattura e la reintegrazione delle due origini: quella russa per chi vive l’Est del Paese e quella autoctona per chi abita da sempre la restante porzione. Il fiume Dnepr è la linea di demarcazione fra l’Est e l’Ovest, l’Ucraina che guarda alla Russia e quella che guarda all’Europa. Ma oggi l’identità del Paese non può più essere letta soltanto alla luce della geografia o di quella cultura scritta nei secoli da Ševčenko a Kostomarov a Skovoroda. Oggi l’Ucraina è l’ago di una gigantesca bilancia geopolitica che incontra le attenzioni e le attese del mondo in una visione del tutto globale.

Tags:glasnost,identità,kiev,kravcuk,kucma,Mosca,perestrojka,russia,ucraina,URSS

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