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L’ultima battaglia di Emilio Salgari

Creato il 11 maggio 2011 da Cittasottile

“… la guerra ha ucciso la guerra, l’ultima battaglia combattuta per mare e per terra fra le nazioni americane ed europee è stata terribile, spaventevole, ed è costata milioni di vite umane, senza vantaggio né per le une né per le altre potenze. Il massacro è stato tale da decidere le diverse nazioni del mondo ad abolire per sempre le guerre. E poi non sarebbero più possibili. Oggi noi possediamo degli esplosivi capaci di far saltare una città di qualche milione di abitanti; delle macchine che sollevano delle montagne; possiamo sprigionare, colla semplice pressione del dito, una scintilla elettrica trasmissibile a centinaia di miglia di distanza e far scoppiare qualsiasi deposito di polvere. Una guerra, al giorno d’oggi, segnerebbe la fine dell’umanità. La scienza ha vinto ormai su tutto e su tutti”.

Nel suo anelito all’avventura imbrigliato dagli obblighi delle necessità e della sopravvivenza, l’intuito fece di lui a tratti un fantastico preveggente. Più del suo antagonista Verne, Emilio Salgari sembra cogliere in “Le meraviglie del Duemila” – dove due viaggiatori del tempo si fanno risvegliare dopo un lungo sonno durato cento anni – il corso degli avvenimenti futuri, pur con una dose ancora eccessiva di ottimismo. Era affascinato dallo sviluppo della scienza e dagli stimoli del positivismo, anche quando la sua mente fantasticava di mari tropicali e belle donne, pirati e conquistatori. Un universo fantastico che gli si rivolterà contro: obbligato dalla necessità di mantenere una numerosa famiglia a scrivere tre libri l’anno, e per un misero compenso, scelse il suicidio. “La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali – scrive a un amico – Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno ed alcune delle notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere”. Sono passati cent’anni da quando il suo corpo fu trovato esanime nei boschi di Val San Martino, non distante dalla sua casa di corso Casale dove viveva come in clandestinità. Una fine poco avventurosa nei boschi che diedero ali ai suoi personaggi: sapeva descrivere dure battaglie navali, amori travagliati e appassionati, pericoli della giungla tropicale, animali mostruosi, ma non sapeva affrontare gli editori, i nuovi mostri che lo hanno reso povero e disperato.

(pubblicato l’11 maggio 2011 su TorinoClick, Agenzia di informazione della Città di Torino)



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