Magazine Psicologia

L’uomo che non voleva il naso (considerazioni)

Da Renzo Zambello

Segue quarta parte: http://www.psicoterapiadinamica.it/2012/06/luomo-che-non-voleva-il-naso-quarta-parte/

L’uomo che non voleva il naso (considerazioni)

di: Renzo Zambello

Alcune considerazioni.

Nel caso rimportato,  i contenuti  corrispondono all’accaduto ma,  per ovi motivi,  il nome è inventato come lo sono i riferimenti logistici che a  mio parere erano  poco significativi ai fini della comprensione.

Dario venne da me con un sintomo importante. L’ho definito una strana forma di dismorfismo corporeo. Non era un dismorfismo nel senso classico dove Il soggetto è eccessivamente preoccupato per un supposto difetto nell’aspetto fisico, lui non voleva un altro naso, lui non voleva il naso. Era un’ idea bizzarra che però dava immediatamente la percezione del pericolo.  A 24 anni si   può  ancora slittare verso la spaccatura dalla realtà,  psicosi, e  il pericolo si era già sufficientemente strutturato. Dario aveva di fatto abbandonato l’Università, tagliato i legami affettivi, rinunciato ad una vita sessuale. L’ansia e la paura lo bloccavano.

Però,  era venuto a chiedere  aiuto. E’ vero che non sapeva il perché, ed è vero che per mesi, quasi un anno, ha vissuto in uno stato confuso dove io ero solo una voce lontana ma, ero la sua possibilità di salvarsi, di non sprofondare e, non mi ha abbandonato. Continuava a venire, anche dopo mesi dove apparentemente si riproponeva solo la sua ossessione. Per me voleva dire che una parte di Sé continuava ad essere sana, continuava a  sperare. Una sua  parte, sana ma  nascosta, si manifestava attraverso il  dolore. Il mio compito era solo di aspettare che lui trovasse il modo per servirsi dalla mia disponibilità.

Poi, arriva il sogno. Il suo inconscio si libera prima della mente e racconta, mostra in maniera cangiante cosa c’è sotto.  Dario, prima se ne difende, “non capisce”, si arrabbia con me, poi, ne prende contatto ed  inizia ad elaborarne il contenuto. Certo, c’era  la tematica della masturbazione ma c’era  molto di più  che immediatamente Dario non capisce ed elaborerà più tardi. Ad esempio c’era il tema  dell’Edipo. Il suo pene che cresce che vuole diventare adulto ma che teme la castrazione: “ lo scoppio dell’aereo”. Al sogno associa liberamente il ricordo dell’esperienza del padre  che lo umilia, lo castra,  perché lui aveva “mostrato”  il suo pene duro, potente e , il padre che gli ordinò:” Vai al cesso. Toccati il naso”.  Ci tornerò dopo su questa cosa del naso e vedremo che non è poi così folle.

Cosa succede in terapia? Prima mi porta il sogno, il suo inconscio parla e mi dice: “guarda che io ce  l’ho lungo e duro. Ho voglia di solcare il cielo, di uscire dal mio cesso ma, temo che tu faccia come mio padre, mi castri, mi butti una bomba.” Non solo, “temo che poi alla fine tu non mi possa aiutare E resterò solo.”  Mi riferisco alla  fine del suo sogno, quando corre a portare aiuto ma nessuno si muove e anche lui è impossibilitato, paralizzato.

Io ascolto il sogno, sto zitto e lui torna alla carica, riproponendo “li e ora” davanti al padre, io,  e alla “mamma analisi”,  ciò che era già successo: Mi mostra il suo pene in erezione, mi sfida al duello ma cadde nell’angoscia di castrazione. Ha il sopravento   il delirio: “No, no, non lo voglio, non lo voglio. Non lo faccio più”, é stata  la sua reazione al mio richiamo, “Dario, cosa sta facendo?” Mentre lui si infilava le mani nei pantaloni.

Ho avuto l’impressione che li,  lui si muovesse su due piani, certamente quello edipico ma, contemporaneamente era regredito a fasi molto più antiche, direi quella  orale. Questo lo dico perché non solo manifestava una aggressività e conseguente paura paranoide. Ricordate? La volta successiva  arriverà con dieci minuti di anticipo, caratteristica proprio della fase schizoparanoide  della Klein.  Poi, nel proseguo della analisi abbiamo visto meglio come era strutturato questo nucleo regressivo, psicotico che si attivava  proprio dall’immagine “del naso”.

Nella fase orale, il bambino non ha  una consapevolezza degli organi genitali. Questa verrà dopo, molto dopo. In quella fase lui, tutto il corpo del bambino è “erotizzato” in particolare, la bocca e quello che gli sta sopra, appunto: il naso. Forse non è un caso che gli esquimesi si “bacino” strofinandosi il naso. Comunque sia, qual era il messaggio  dalla nonna e poi fatto  suo dal padre? “Tu non devi crescere, non devi utilizzare il tuo pene, devi rimanere bambino,  tornare alla fase orale. Al naso.”

D’altra parte il naso è spesso utilizzato come un “simbolo” fallico: ficcarci il naso, avere un buon naso, un naso importante etc. Ma, il messaggio che arrivava a Dario che lui aveva introiettato  era: “ non pensare di utilizzare il pene, accontentati del tuo naso, cioè, resta bambino, altrimenti, ti faccio saltare, ti castro”.

Non è che Dario nella sua vita non avesse fatto  e affrontato delle fatiche e fosse evoluto. Ricordiamoci che era alla fine del suo percorso per diventare  Ingegnere, aveva avuto dei rapporti affettivi-sessuali.  Anche nel sogno racconta una sua  evoluzione interna. Era passato ad una fase orale a quella  successiva: anale.  Nel sogno,  Dario vede, seduto sulla tazza del suo cesso l’aereo ma, poi non ce la fa. Teme, ha paura.

La storia di Dario é’ proprio l’esempio di un nucleo psicotico, rimasto silente, difeso per anni che improvvisamente scoppia e  pervade tutto l’Io

Ci possiamo chiedere  come mai, proprio ora a 24 anni, scoppia il suo nucleo psicotico e si manifesta  il  delirio? Il seguito della terapia porterà,  spiegherà molte cose  ma  c’è un dato che mi era sembrato significativo fin dall’inizio: Si stava laureando. Stava diventando di fatto “adulto”. Forse temeva che non avrebbe più potuto “nascondere il  suo pene”, la sua potenza e il pericolo era grande e il pericolo non era più evitabile.

Una mia ultimissima riflessione sul  transfert che Dario riesce a riconoscere  dopo la  “catarsi” che fa seguito al  sogno. Non è un transfert positivo. Non mi sta vivendo come un padre positivo ma, un padre po’ sciocco e un po’ folle. Mi si dirà che è poco. Non, non lo è, è sempre un transfert che permette di leggere, interpretare, fare analisi. Si, un po’ faticoso per il terapeuta ma,  c’è qualcuno che pensa che il mio lavoro, come quello “dei padri e delle madri” sia facile?

Fine.

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