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La bicicletta rotta

Creato il 14 febbraio 2013 da Ilnazionale @ilNazionale

caduta gruppo14 FEBBRAIO – Immaginate di trovarvi davanti alla tv e vedere una gara di ciclismo. Siamo alle battute finali. Mancano 200 metri. Il tono di voce del commentatore sale in rapporto alla velocità del gruppo. Tutti i corridori sono appaiati e si viaggia oltre i 60 km orari. L’appassionato davanti allo schermo comincia a mangiarsi le unghie. All’improvviso, come scheggia impazzita un corridore sulla destra cade. Si innesca un effetto domino che in un attimo provoca una caduta generale. Sono tutti a terra. Tanti sanno del perché di quella caduta. Silenzio. Sparisce la voce del cronista. Lo spettatore toglie la mano dalla bocca mentre sullo schermo appare la scritta: “Le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile”. “Ci scusiamo per il disagio”.

Il mondo del ciclismo in questo momento è così: a terra. A disagio.

La bicicletta è libertà che ti entra dentro e sai, perché lo senti, che non te ne scorderai mai più. È così. Alcuni smettono, altri si disintossicano ma chi continua raggiunge una sorta di dipendenza e maniacalità che scarica sul mezzo stesso: la bici. Il ciclista la ama. La vive. La strapazza. Poi, un giorno a volte anche senza motivo, la abbandona. Cosa ancora peggiore: ne compra una nuova. E lei soffre. La bici si sente vecchia, non per le rughe che mostra, ma perché non regge il confronto con il nuovo che avanza. La bici è così donna e le donne si amano e basta.

Amare la bici: facile. Amare il ciclismo: difficile.

pagina gazzetta

La pagina della Gazzetta dello Sport con il recente scoop su Cipollini

Armstrong, Cipollini, Operacion Puerto e chissà ancora cosa ci aspetta. In questi giorni il mondo delle due ruote ci chiede un atto d’amore dei più difficili. Le tesi si sprecano e si creano gli schieramenti. Su giornali e social network appaiono quotidianamente decine di post, articoli e commenti. C’è chi, come Eugenio Capodacqua giornalista di Repubblica e direttore di www.sportpro.it , cerca di dare una scossa attraverso le sue analisi lucide e taglienti. Cerca di stimolare una sorta di rinascita, di rivoluzione. Sull’altro fronte c’è chi tenta, attraverso la solita autocommiserazione, di proteggere un mondo che corre il rischio di essere distrutto. Uno dei post che rappresentano di più questa seconda tesi è di Davide Cassani ex professionista e commentatore Rai (http://www.davidecassani.it/ Doping…riflessioni di un corridore) che merita alcune riflessioni. Questo è un momento fondamentale per il ciclismo e forse per lo sport in generale. E’ il momento in cui nascondersi dietro al vittimismo è banalmente inutile. I fatti parlano chiaro. Distogliere l’attenzione, parlando di romanticismo del ciclismo in un momento del genere è triste e stucchevole. Un atteggiamento politichese che poco sposa la concretezza della fatica. A proposito. Il ciclismo è uno sport di fatica e di passione: scoperta da premio Nobel. Complimenti Sig. Cassani. Deve essere una novità anche per i tanti ciclisti (alcuni professionisti) che retwittano o condividono su FB il post. Addirittura ringraziano. L’invito che nasce spontaneo è semplice: se amate veramente questo sport, non ringraziate chi lo copre ma denunciate chi lo distrugge. Se siamo arrivati a questo punto è perché in troppi non avete parlato. Avete girato la testa dall’altra parte. Chi conosce questo ambiente ha visto un numero spropositato di pastiglie e di siringhe per non calpestarne qualcuna. Le ha solo raccolte e buttate nel cestino invece di chiedersi di chi erano. E quando si trattava delle vostre bastava giustificarsi dietro al solito: cosi fan tutti. Neppure il silenzio assordante della flebo vi ha scosso. Ci si chiede: cosa lo farà? Quando si arriva ad un momento come questo, dove c’è la possibilità di far amare questo sport alle nuove generazioni raccontando loro solo la verità, nascondete ancora una volta la testa sotto la sabbia. State attenti perché la parte che lasciate al vento potrebbe diventare un buon posto dove parcheggiare la vostra stessa bici. Per sapere se duole: chiedete ad Armstrong.

fuentes

Il dottor Fuentes

Abbiamo lasciato lo spettatore davanti allo schermo che a quest’ora avrà finito le unghie. Che cosa succederà? Proviamo a disegnare due scenari possibili. Il primo, ritorna la diretta. Il telecronista si schiarisce la voce e racconta ancora una volta del superstite di turno che arrivando da dietro, slalomeggia tra le carcasse delle bici e alza le braccia al cielo. The show must go on!

Il secondo, appare una gentile giovane donna che annuncia la messa in onda di un film. Così lo spettatore aprirà internet e scoprirà che la tappa è stata annullata. I dirigenti, medici sportivi, allenatori e anche diversi corridori che sapevano del perché di quella caduta sono stati tutti radiati dal mondo dello sport. Come terapia riabilitativa dovranno riparare a mano e rigorosamente a mano tutte le biciclette danneggiate. Per mantenere un po’ di romanticismo: gonfieranno i “tubulari” con il loro stesso fiato.

Thomas Zandonai *

*Studente della scuola di dottorato in Scienze Biomediche Traslazionali dell’Università degli Studi di Verona, con esperienza di didattica e ricerca nell’ambito della lotta al doping (vedi anche http://ilnazionale.net/sport/thomas-lotta-contro-il-doping/)

 


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