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La bufala ideologica del referendum contro la «privatizzazione dell’acqua». Ecco perché si deve votare NO

Creato il 06 maggio 2011 da Iljester
06 maggio 2011 | Cultura, Politica | Permalink La verità del Sì al referendum contro la cosiddetta «privatizzazione dell'acqua» è un'altra. Votare Sì, significa assicurare che i carrozzoni politici continuino a usare un bene essenziale come l'acqua per garantire le clientele elettorali e per lasciare conseguentemente il bene alla mercé completa della politica e dei suoi sprechi e inefficienze!

La bufala ideologica del referendum contro la «privatizzazione dell’acqua». Ecco perché si deve votare NOLa sinistra la si può ammirare per una cosa solo: la capacità disarmante di tramutare la lotta per la conservazione dei clientele elettorali, dei carrozzoni politici e dunque dello sperpero di denaro pubblico a danno della collettività per una lotta per i diritti del cittadino. Del resto, è da sempre che la sinistra sfrutta i bisogni dei cittadini per garantirsi monopoli politici, culturali ed economici tramite l’utilizzo del denaro pubblico. E con il referendum sull’acqua le cose non stanno andando diversamente.
Ma partiamo dall’inizio. Che cosa è il referendum sull’acqua? Beh, il referendum sull’acqua prevede due quesiti. Il primo propone l’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 133/2008, che prevede la possibilità che il servizio idrico venga gestito da soggetti privati o da soggetti a capitale misto. In altre parole, il servizio non potrà essere gestito esclusivamente da soggetti pubblici (Enti strumentali creati ad hoc), ma da soggetti o privati o a capitale misto pubblico-privato.
Il secondo quesito invece prevede l’abrogazione dell’art. 150 del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato. In altre parole, la norma che si vorrebbe abrogare stabilisce che la gestione del servizio idrico potrà essere affidata solo tramite gara a società private o private-pubbliche.
Ora, dove sta la bufalata dei promotori del Sì, più o meno sostenuti dalla sinistra? Beh, la bufalata sta nell’affermare la grossa mistificazione secondo la quale l’acqua – se la norma non venisse abrogata – diventerebbe «privata».
Ma dove? L’acqua è un bene essenziale come l’aria, e nessun Governo, partito o chicchessia si sognerebbe di privatizzare l’acqua. La quale è e rimarrà sempre un bene pubblico di cui tutti possono usufruire.
E allora vi domanderete dove sta l’inghippo. Beh, l’inghippo sta nel tentare di contrabbandare una norma che stabilisce solo nuove regole meritocratiche, di efficienza e di ottimizzazione nella gestione dei servizi idrici essenziali come un tentativo di «privatizzare» l’acqua. In altre parole, chi promuove l’abrogazione della norma ritiene che l’acqua debba essere gestita dai carrozzoni politici che vengono creati all’occorso. E non importa poi se: a) sono appunto solo carrozzoni politici utili per alimentare le clientele elettorali; b) sono enti pubblici che lavorano in perdita, e senza alcun criterio di efficienza; c) sono enti i cui debiti vengono ripianati quasi sempre dai Comuni, dalle Regioni e dalle Province, e cioè dalla collettività, tramite le apposite tasse (accise) sul servizio idrico (denaro questo sottratto ad altri servizi); d) sono enti che fanno pagare caro il servizio senza rendere un vero servizio, perché il denaro serve per sostenere le spese di gestione impossibili determinati quasi sempre dalle clientele elettorali anzidette; e) le reti idriche fanno schifo, perché sono gestite dai carrozzoni politici che non lavorano secondo criteri di efficienza ma di rispondenza politica.
Ecco il vero motivo del Sì: garantire che sia la politica a gestire il servizio idrico, affinché la politica possa poi utilizzare questo servizio come strumento di potere e pressione sulla collettività che non può fare a meno dell’acqua.
Con la legge attuale (il cosiddetto decreto Ronchi) la politica perde invece potere a favore di società di gestione più efficienti che non potranno più lavorare in perdita (tali società dovranno sempre ottenere un pareggio di bilancio tra costi e ricavi), e che dovrà paritempo garantire un servizio effettivo e ottimizzato al cittadino al più basso costo possibile. In difetto del quale la società di gestione dell’acqua non si vedrà confermato l’appalto che dovrà cedere ad altri soggetti.
Il cittadino dunque avrebbe un triplo vantaggio, se vincessero i No. Avrebbe il vantaggio di una gestione potenzialmente più efficiente e meno cara, che come tale non graverebbe sulle tasche della collettività (se non nei limiti del pagamento della tariffa), e non verrebbe mai più utilizzata a mo’ di stipendificio politico per sistemare amici, amici degli amici, e amici degli amici degli amici, ivi compresi parenti e affini, tesserati di partito, politici e sindacalisti trombati.
Ciò detto si deve ancora una volta ribadire il concetto principale che sfugge ai più: l’acqua è un bene pubblico che non potrà mai diventare un bene privato, poiché la privatizzazione implicherebbe semplicemente che solo alcuni soggetti (e non tutti) potrebbero usufruire di quel bene: ipotesi che per l’acqua non esiste neanche di striscio. Con la legge che si vuole abrogare, la n. 133 del 2008, si vuole semplicemente permettere che la gestione dell’acqua – sotto il controllo degli enti pubblici territoriali – venga affidata a società private o a capitale misto pubblico-privato, in un contesto di efficienza e di gestione, dove i costi e i ricavi si parificano, e dove il cittadino ottiene un servizio efficiente e a basso costo, e non il solito servizio scadente offerto a costi eccessivi dal carrozzone politico di turno! L’acqua è appunto un bene pubblico e non un bene politico! Ecco perché bisogna votare NO.

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Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235

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Tags: acqua, acqua bene essenziale, acqua bene pubblico, berlusconi, decreto ronchi, legge 133 del 2008, motivi del NO, No referendum acqua, referendum acqua
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