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La cravatta e il panino di subway

Creato il 22 luglio 2011 da Andima
Mentre l'altro ieri nella metro osservavi le lancette che quasi s'affrettavano per rubarti tempo e trasmettere stress, una ragazza ti scrutava con sguardo analitico ed una smorfia tra disgusto e dissenso, l'hai vista bene, quella smorfia, che non ha lasciato dubbi nel tuo immaginario, che prima ti ha fissato la cravatta - che lo sai stonava decisamente con il colore della camicia, ma la mattina è sempre una fretta che non lascia scampi alle perplessità - e poi ha fissato quello che portavi alla mano, un panino di subway, ancora caldo, preso di corsa tra l'ufficio e la metro, e allora magari avrà calcolato i due addenti e la conclusione sarà stata qualcosa tipo: povero impiegato, ufficio e casa, e guarda che cena, un panino di subway, che pena, cibi commerciali, sintetici, di plastica, che vita avrà mai, dalla scrivania indaffarato ad una cena solitaria direi, quasi malato, con un panino di subway. Solo che lei non l'avrà pensato in rima, forse.
Però mai sommare una cravatta ed un panino di subway. Perché la vita degli altri ha dettagli e scorciatoie quasi impossibili da decifrare e loro, le scorciatoie, hanno codici segreti e maniglie ben nascoste, e allora un giudizio affrettato genera spesso teorie anni luci lontane da quello che poi può essere la realtà e lei, la realtà, sa ingannare anche chi la possiede, facilmente. Mai giudicare una cravatta più un panino di subway. Perché della vita degli altri non possiamo sapere tutto né pretendere di scoprirla in due dettagli sebbene evidenti o dalla somma di due sguardi addirittura in movimento, nelle oscillazioni del vagone della metro, che lui, il resto, è tanto grande quanto complesso, anche per chi ci vive dentro. Eppoi eran belle le parole di Freccia, pensi, quando al microfono diceva credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri, anche senza cravatta e senza panino di subway alla mano.
Avresti quasi voluto dirglielo, che la cravatta non è giornaliera ma a certi meeting è una maschera quasi obbligata per manifestare serietà e celare lacune, e che il panino non era la cena, ma una base necessaria a quello stomaco che presto si sarebbe ritrovato nella maratona della birra di Bruxelles, e che non ci sarebbe stata nessuna tavola triste e solitaria ma corse e sorrisi, brindisi e incontri, e che lei, la birra belga, può far male a stomaco vuoto, lo sai bene tu che lo scorso anno eri a terra inerte dopo l'ottava e non hai visto il traguardo.
Quando alla fermata le porte si son aperte di scatto per vomitare l'ennesimo carico di corpi e pensieri, avresti quasi voluto dirglielo ma saresti caduto nel giudizio di pensieri altrui, a giudicare chi supponevi stesse giudicando, che magari era tutta una fantasia, la tua, di quelle che rigurgiti nei tragitti quotidiani, nella metro degli stimoli imprevisti, eppoi non c'era tempo, c'era una maratona da affrontare e dei sorrisi da rincorrere e la cravatta da lasciare a casa e, già, il panino di subway da mangiare, innocente lui, che più che in pasti ai giudizi stava per finire in un mare di birra.

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