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La finestra sul porcile: Godzilla

Creato il 27 maggio 2014 da Cicciorusso

La finestra sul porcile: GodzillaNon che Monsters fosse poi sto filmone, vi dirò. Per carità, era carino e, considerato il basso budget, anche ben girato, ma narrativamente era più o meno l’equivalente di una mattonata sui coglioni, senza guizzi, senza arte né parte. In pratica ti trovavi a seguire le disavventure di ‘sta coppia (di, boh, forse giornalisti? Fotografi? No aspè, lei era una fotografa e lui una guida? Non ricordo) che tenta di tornare negli Stati Uniti dal Messico pieno di, appunto, mostri alieni, dopo aver perso sfortunatamente delle coincidenze per il viaggio di ritorno. O qualcosa di simile, comunque. Il tutto raccontato con un tono a metà tra il documentaristico ed il minimale che veramente dopo un po’ m’ha pure dato fastidio.

Però ha avuto successo. L’ho visto pure io, mica no. Solo che a me proprio non è piaciuto laddove qualcun’altro ci è andato matto per, diciamo, lo stile più dimesso. E allora, siccome qualche dollaro l’ha tirato su, ecco che il prode regista Gareth Edwards si è ritrovato a dirigere il rifacimento del rifacimento di Godzilla. E quindi ha fatto il botto di incassi? Certo. Ed il film è una mezza merdata? Certo pure questo.

Non puoi fare un film minimal-chic su Godzilla, no. Poi, vabbè, all’americano medio il film è piaciuto perché Godzilla mentre si mena coi MUTO (che sarebbe l’acronimo vattelappesca di due mostroni giganti, uno volante e l’altro no) prima spacca Honolulu e poi San Francisco (e pure Las Vegas viene piuttosto ridimensionata), cioè suolo a stelle e strisce, perché arriva come d’abitudine la cavalleria americana che quelli sono i più fighi dell’universo, e, infine, perché il protagonista è comunque uno yankee e non un muso giallo a caso (tanto sono tutti uguali). In pratica il contrario di cosa accadeva in Pacific Rim che, avendo un respiro più ampio ed internazionale in più di un senso, negli Stati Uniti ha incassato pochissimo e ha fatto man bassa al botteghino esclusivamente nel resto del mondo.

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Cioè, dico io: se Godzilla ad una certa si mena con una sorta di falena ipetrofica ad Honolulu, embè, cazzo, hai l’obbligo morale di farmi vedere come va, non che mi illustri un trenta secondi in croce di scontro, tanto per non farmi addormentare prima della fine del film, e poi si taglia. Scelte così in un film di mostri non hanno il minimo senso, e infatti la cosa mi ha fatto decisamente frullare le gonadi. Ok, lo scontro finale è fatto bene e tutto ma non mi ripaga mica delle quasi due ore precedenti perse a guardare il figo marine artificiere che si fa due volte il Pacifico per riunirsi alla famiglia (storia affatto scontata, no), per non parlare di Ken Watanabe con sulla faccia la stessa, identica cazzo di espressione da cerebroguasto per tutto il sacrosanto film, roba che secondo me, per risparmiare un po’ sui costi, probabilmente l’hanno filmato una volta e poi cartonato per farci una sagoma per tutto il resto del film, doppiandola in fase di montaggio.

E quindi, amici, per quanto mi riguarda il successo di Godzilla non fa che confermare che gli americani non capiscono un accidente  e, nel caso non l’aveste intuito, ‘sto film sarebbe d’utilità solo nel momento in cui servisse da volano per il definitivo via libera al sequel di Pacific Rim. Per il resto, ripeto, il Godzilla minimal-chic serve come un frigorifero al Polo Sud, ovvero a un cazzo di niente. Sperando che si riprendano col già annunciato sequel, ma io sono un inguaribile ottimista. (Cesare Carrozzi)



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