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La guerra separatista incombe sul Mali post-golpe

Creato il 12 aprile 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La guerra separatista incombe sul Mali post-golpe

L’articolo che segue è stato il 31 marzo scorso e spiega dettagliatamente la situazione di destabilizzazione dell’Africa Occidentale in cui s’inserisce il golpe in Mali. Il paese, come previsto dall’Autore, sembra avviarsi verso una guerra civile con forze separatiste. Nel frattempo, il 6 aprile la Giunta militare ha accettato un accordo mediato dall’ECOWAS, cedendo il potere a Dioncounda Traoré, vicino al deposto presidente, che ha assunto la nuova carica ad interim proprio oggi, 12 aprile.

 
Mentre gl’inesperti protagonisti del colpo di Stato militare in Mali ricevono condanne dalla comunità internazionale e dai vicini membri della Comunità Economica degli Stati dell’Africa (ECOWAS), in migliaia si sono radunati nelle strade della capitale maliana di Bamako per sostenere la nuova giunta militare. I cittadini hanno manifestato con cartelli e striscioni che dicevano “No alla comunità internazionale” e “No a Sarkozy”, mentre scandivano slogan a favore del leader della giunta, il Capitano Amadou Sanogo. [1] 

Anche se Sanogo ha visitato spesso gli Stati Uniti dopo essere stato selezionato con cura dal Pentagono per partecipare ad un programma internazionale d’addestramento militare finanziato dal Dipartimento di Stato USA[2], rappresentanti degli Stati Uniti hanno chiesto ai leader del golpe di dimettersi e lasciare spazio alle elezioni.[3]

ECOWAS: paesi membri

Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato USA, ha minacciato l’indigente paese dell’Africa occidentale di un embargo diplomatico e finanziario nel caso in cui il potere non venisse restituito all’ex presidente Amadou Toumani Toure entro settantadue ore [4]. Considerando che metà della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno [5], l’imposizione delle sanzioni economiche a un paese importatore, senza sbocchi sul mare, porterà inevitabilmente ad una maggiore instabilità sociale e al un malcontento civile. Mentre le prospettive di un embargo sembrano creare le condizioni d’una guerra in aggiunta alla tradizionale povertà, il blocco ECOWAS ha posto le sue truppe in attesa vicino ai confini del Mali, pronti ad intervenire nel caso in cui la situazione dovesse deteriorarsi [6]. Durante la crisi del 2010-2011 in Costa d’Avorio, le forze leali al presidente appoggiato dai francesi Alassane Ouattara hanno intrapreso una vasta campagna di atrocità contro i civili [7], un ulteriore promemoria del pericolo dato dalla fretta della comunità internazionale ad intervenire militarmente nelle crisi che affliggono le regioni dell’Africa.

Mentre gli Stati Uniti ed altri sposano l’idea di un ritorno ad un ordine costituzionale quando i Maliani offrono supporto alla giunta, la forza delle tanto pubblicizzate istituzioni democratiche del Mali sembra essere discutibile. La principale giustificazione dietro il colpo di Stato viene dalla risposta inadeguata del governo civile ad una continua campagna di separatismo dei Tuareg nel nord del Mali, anche se il recente disordine a Bamako ha spinto la

MNLA: territori controllati e rivendicati (clicca per ingrandire)
milizia armata dei Tuareg ad avanzare verso sud. Sotto lo stendardo del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA), la milizia armata ha annunciato di aver occupato la regione nord-orientale del Kidal, spingendo gli scarsamente armati militari del Mali ad abbandonare la loro posizione strategica nel nord [8]. I Tuareg sono un’etnia tradizionalmente nomade e pastorale, un gruppo di circa 1,5 milioni di persone che cercano di separarsi dalla repubblica maliana e di formare una nazione indipendente chiamata Azawad; il gruppo è esistito tradizionalmente in un territorio sparso attraverso Sahel e Sahara, paesi gestiti in gran parte da al-Qaeda nel Maghhreb islamico (AQIM).

Anche se ai Tuareg è stata accreditata la recente destabilizzazione del Mali settentrionale, esiste una forte possibilità che l’AQIM sia stato dietro le attività del ribelli nella regione [9]. Il MNLA ha dichiarato che l’obiettivo della sua campagna di indipendenza era creare una roccaforte nella quale fosse possibile ripararsi dalla violenza delle attività del AQIM, mentre Bamako ha affermato che il MNLA sta provando a fondare uno Stato islamico in partnership con l’AQIM [10]. In seguito alla caduta di Gaddafi in Libia, combattenti armati maliani e Tuareg di etnia nigeriana sono stati visti scendere verso il Sahara con i furgoni Toyota Hi-Lux utilizzati dai ribelli libici affiliati ad al-Qaeda [11]. Mentre potrebbe essere difficile distinguere i veri protagonisti della violenza nel Mali settentrionale, la ripresa della loro attività è stata fortemente valorizzata dall’accesso ai mortai, macchine da guerra, missili anti-carro e anti-aerei appartenenti originariamente al Gruppo di Combattimento Libico Islamico (LIFG) [12].

Area abitata dai Tuareg
La presenza di un secondo gruppo separatista Tuareg, Ancar Dine, complica ulteriormente la situazione; il movimento cerca di imporre la sharia nel Mali settentrionale ed è guidata da Lyad Ag Ghaly, prominente figura salafita, importante per avere collegamenti con un ramo della AQIM di Ayman al-Zawahiri, guidata da suo cugino Hamada Ag Hama [13]. Mentre i separatisti ora controllano un terzo del Mali, una crisi alimentare sta crescendo nell’Africa Sahel-Sahariana con circa ottanta mila rifugiati in cerca di rifugio nelle vicine Algeria, Niger, Mauritania e Burkina Faso [14]. Mentre il militante Ancar Dine pare affermi di controllare le regioni attribuite in precedenza al MNLA [15], la loro avanzata potrebbe avere implicazioni maggiori, capace di alimentare drasticamente l’instabilità regionale.

Un afflusso di rifugiati aumenterà lo sforzo di Algeria e Niger, con maggiori possibilità di veder fiorire vaste rivolte nella regione del Sahel, come quelle che abbiamo visto durante la Primavera Araba. L’Algeria potrebbe vedere un’ulteriore destabilizzazione nel caso in cui la situazione di sicurezza dovesse continuare ad aggravarsi nel Mali, mentre la Francia potrebbe sentirsi in dovere di intervenire negli affari delle sue ex colonie, come abbiamo tragicamente visto in Costa d’Avorio. La crisi nel Mali è facilmente paragonabile agli eventi in Nigeria, una nazione che combatte con le attività dei ribelli islamici e separatisti del Boko Haram nel nord. Data l’instabilità politica ad Abuja, un colpo di Stato orchestrato da ufficiali di basso rango contro il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, sul modello maliano, non sarebbe impensabile. Con la sospensione degli aiuti al Mali dalla Banca Mondiale e dalla Banca Africana per lo Sviluppo, alcune forme di intervento militare sarebbero concepibili nel caso in cui le richieste del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per un “immediato ristabilimento della legge costituzionale e del governo democraticamente eletto” non venissero assecondate [16].

AFRICOM: sfera di competenza
Mentre i vicini del Mali minacciano di utilizzare sanzioni e forza militare per deporre il corrente Comitato per la Rifondazione della Democrazia e la Ristorazione dello Stato (CNRDR) guidato dal Capitano Amadou Sonogo [17], la giunta ha svelato una nuova costituzione garantendo libertà di parola, pensiero e movimento [18]. Sanogo promette di non attaccarsi al potere e di organizzare elezioni democratiche quando le insurrezioni dei Tuareg potranno essere contenute; coloro che hanno preso parte al colpo di Stato non saranno ammessi a partecipare alle elezioni [19]. L’afflusso di armi dal programma di cambiamento del regime della NATO in Libia ha creato le condizioni adatte per una pesante guerra civile nel Mali; resta ancora da vedere come il blocco della NATO potrebbe reagire ad un ipotetico rifiuto del CNRDR di abbandonare il potere dando inizio ad un lungo conflitto con i separatisti islamisti. Mentre l’esercito americano si oppone all’Esercito di Resistenza del Signore espandendo la sua presenza militare attraverso l’AFRICOM (comando americano in Africa) nella Repubblica Democratica del Congo, la situazione in peggioramento sia nel Mali sia in Nigeria fornisce un’ulteriore giustificazione per l’intervento straniero e per la guerra per il profitto.

(Traduzione dall’inglese di Giuliano Luiu)


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