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Il Salento, in Puglia, è la regione del Negroamaro, il vitigno più diffuso e antico, dal quale si ricavano tra i migliori vini rossi e rosati d’Italia, tanto da essere impiegato per la ”correzione” di vini extra regionali, conosciuti anche all’estero. L’intensa colorazione rossa granata, il profumo fruttato conferito dai piccoli frutti a bacca nera, il gusto amarognolo e rotondo, il sapore asciutto e vellutato fanno del Negroamaro un vino pregiato e di grande qualità.
Incerte sono le origini del nome, sul quale si sono fatte solamente delle ipotesi. Si ritiene infatti che “Negroamaro” possa derivare sia da termini dialettali, sia dalle lingue greco antico e latino. L’ipotesi che vorrebbe dare origine al Negroamaro dal dialetto locale riconduce il nome ai termini “niuru” e “maru”, rispettivamente “nero” e “amaro”, a sottolineare sia il colore cupo dell’uva e del vino, sia il suo sapore tendenzialmente amaro. Secondo altri, “Negroamaro” potrebbe derivare dal termine latino “niger” e dal greco antico “mavro”, in entrambi i casi dal significato di “nero”, quindi uva dagli acini “neri-neri”.
Al di là dell’etimologia del termine, questo vitigno viene utilizzato non solo per la produzione dell’omonimo vino, ma viene impiegato con altri vitigni anche per la produzione di altri vini DOC pregiati sia rosati che rossi, come, ad esempio, il Brindisi Rosso, lo Squinzano Rosso, il Leverano e il Salice Salentino Rosso. Il vitigno con cui viene tagliato più spesso è la Malvasia Nera, anche se non mancano assemblaggi con il Primitivo e altre uve nobili quali il Sangiovese, il Montepulciano e il Bombino Nero.
Il vino a base di uva Negramaro, è al terzo posto tra i vini a denominazione d’origine controllata col maggior tasso di crescita nelle vendite per la grande distribuzione, secondo un’indagine svolta per il Vinitaly nel 2008 (Iri Infoscan Vinitaly 2008).
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