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La resistenza, quando bisognava salvare gli ebrei

Creato il 27 gennaio 2014 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

downloadPer la giornata della memoria, La7  ha programmato una serata film a tema, preceduta dal documentario: “La Resistenza: quando bisognava salvare gli ebrei“.

Francia 1942, come opporsi a questa follia?

Resistenza, soccorso, indifferenza. È il racconto televisivo di come la Francia, divisa in due, rispose ai rastrellamenti di uomini, donne e bambini che dovevano essere deportati a Auschwitz.  Dalle leggi razziali, alle prime epurazioni, alla propaganda antisemita, all’obbligo di portare la stella, fino ad arrivare alla retata del Velodromo d’Inverno, la più grande ondata d’arresti di ebrei francesi di tutta la seconda guerra mondiale.

All’attacco sferrato dai tedeschi contro la Francia nel 1940, che portò in poche settimane alla conquista di Parigi, fece seguito l’armistizio firmato  dal maresciallo Philippe Pétain, capo del governo francese, in base al quale tre quinti del territorio nazionale furono posti sotto il controllo diretto dei tedeschi; nella parte restante fu costituito un governo collaborazionista, che stabilì la sua sede nella città di Vichy ed ebbe come capo dello stato Pétain.  Il regime di Vichy stabilì una stretta cooperazione con i tedeschi, che si intensificò nel 1942 quando i funzionari del governo collaborarono con gli occupanti nella cattura e nella deportazione degli ebrei francesi. Il governo addirittura emanò direttive antisemite ancor prima che vi fosse una richiesta tedesca in tal senso. Non fu quindi nemmeno necessario il rastrellamento casa per casa come nella Francia occupata, in quanto fu la stessa polizia francese colla

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borazionista a consegnare gli ordini di comparizione ai cittadini e gli elenchi delle famiglie ebree ai nazisti; moltissimi furono i casi di denuncia alle autorità da parte di cittadini nei confronti di famiglie ebree che tentavano, nascondendosi, di sfuggire alla cattura: una vergognosa macchia fratricida che ha lacerato la Francia in odi profondi per molti anni dopo la fine del conflitto. Si tratta di una pagina oscura della storia francese, in parte rimossa dalla coscienza collettiva, ma con la quale negli ultimi anni l’opinione pubblica sta facendo i conti, in un percorso, tanto difficile e doloroso quanto necessario, di riconoscimento delle responsabilità nella macchina dello sterminio nazista.

Ma prima di tutto questo la Francia era uno dei pochi paesi europei a tener aperte le frontiere e i francesi non solo accolsero, aiutarono e salvarono i rifugiati, ma riuscirono, raggirando le leggi ad organizzare una rete umanitaria che si oppose nella Francia di Pétain e all’insostenibile violenza che in pochi anni conferì agli ebrei la qualifica di subumani, parassiti e vera minaccia per la razza ariana. Tutti gli ebrei devevano essere internati. E per vincere qualsiasi remora morale antisemita, la loro  persecuzione doveva essere invisibile e silenziosa. L’informazione venne censurata. I francesi storditi dall’invasione e alle prese con la fame e il dolore non si resero conto della gravità della situazione. La strategia dell’eliminazione venne  celata mentre la perversione nazista moltiplicò le violenze.

Nonostante ciò, q

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ualcuno riuscì a restare lucido e a rendersi conto dell’abominevole repressione ebrea. La croce rossa e le organizzazioni volontarie cercarono soluzioni umanitarie. Disposero nuove strategie per aiutare e agire direttamente nei campi, scegliendo l’internamento volontario, aprendo infermerie con mezzi di fortuna e riuscendo con l’inganno a liberare tantissimi detenuti.  Priorità assoluta i bambini. Prelevati alle loro famiglie e consegnati alla resistenza. Un dolore immane per i genitori che dovevano rinunciare ai propri figli, firmando deleghe di adozioni fasulle pur di metterli in salvo. Un sacrificio dolorosissimo che aveva come obiettivo la speranza. Ma anche coloro che agivano non erano immuni al dolore. Costretti alla latitanza, pagarono spesso con la vita, queste azioni eroiche. Dedicandosi alla salvezza dei piccoli ebrei, organizzando reti di accoglienza, riuscirono a controbilanciare il forte numero di deportazioni.

76.000 morti nelle camere a gas e 25.000 quelli sfuggiti alla Shoah.

Salvataggi fatti nella clandestinità con la collaborazione e la concreta solidarietà di pochi coraggiosi. Se il 1944 fu caratterizzato dall’attesa infinita della liberazione, nel 1945 emerse dopo la liberazione, l’inferno dei campi di concentramento e la Francia dovette affrontare alcun

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i passaggi importanti e drammatici: l’efficienza dei poliziotti, in azione tra la palese soddisfazione di alcuni, la non meno dolorosa indifferenza dei più, l’indignazione di altri che tuttavia rimasero in silenzio.

E ancora oggi, a distanza di sessant’anni, i sensi di colpa riemergono dall’oblio con il loro carico di dolore.


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