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“Lacci” di Domenico Starnone: quando il tempo dei bilanci si rivela vano

Creato il 24 febbraio 2015 da Alessiamocci

“Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie. Lo so che questo una volta ti piaceva e adesso, all’improvviso, ti dà fastidio”.

“Lacci” è il nuovo romanzo di Domenico Starnone, scrittore partenopeo classe 1943, vincitore nel 2001 del premio Strega con “Via Gemito”. L’opera è stata pubblicata nel 2014 da Einaudi, nella collana Supercoralli e racconta di come un matrimonio possa continuare, anche quando l’amore finisce. Un racconto a tre voci, tre modi diversi di gridare il proprio dolore e di assoggettarsi, per sopravvivenza, a quei “lacci” invisibili che tengono legate le persone, al di là della loro stessa volontà e forse anche dei rapporti che in realtà si instaurano.

È il 1962 quando Aldo Minori sposa Vanda. Entrambi molto giovani, hanno visto nel matrimonio un’occasione per emanciparsi, per uscire dal controllo delle loro rispettive famiglie ed iniziare finalmente una vita propria. Ma la loro felicità dura poco, perché quello stesso desiderio di libertà diventa una prigione, che li incatena alle proprie responsabilità di coppia e di genitori. Dopo la nascita di due figli, Sandro e Anna, Aldo si sente soffocare, avverte che tutto ormai è diventato routine e di non essere più apprezzato. All’inizio degli anni Settanta, quando i figli sono ancora piccoli, s’invaghisce di una ragazza di diciannove anni, Lidia, e lascia Napoli e la famiglia per andare a vivere con lei a Roma.

L’evento avrà conseguenze devastanti. Vanda ne esce distrutta, e non si capacita di come il marito abbia potuto fare un simile gesto. Inizia a scrivergli delle lettere per cercare di capire la motivazione, dove esprime tutta la sua urgenza di riaverlo a casa. Inizierà fra i due una vera e propria guerra psicologica, lunga ed estenuante, in cui Aldo rimane sempre passivo per il quieto vivere, mentre Vanda si trasforma addirittura in un essere aggressivo e ossessivo, che vuole controllare tutto e imporre su tutti la sua volontà. Le visite ai figli, di cui Vanda è sempre il regista, si rivelano un fallimento e contribuiscono ad aumentare il senso di disagio. Aldo fugge, scappa da Lidia, la ragazza sempre sorridente e colorata, al contrario di Vanda e dei suoi figli, che sono diventati soltanto l’ombra di un dolore persistente e di tutto quel male che il suo egoismo è riuscito ad infliggere loro.

Ma esistono una serie di forze invisibili, con le quali non abbiamo mai fatto i conti, che ci inducono a tornare sui nostri passi. E Aldo, che nel frattempo è diventato un personaggio famoso, ideando addirittura dei programmi televisivi per la Rai, non ha il coraggio di andare fino in fondo, e torna a casa. L’errore più grande che potesse fare, perché la bomba ormai è deflagrata, e nulla può più essere recuperato.

Il romanzo si divide in tre parti, tre “libri”, come vengono denominati dall’autore. Quando ho iniziato la lettura di “Lacci”, ho pensato che tutta la trama si incentrasse sulle lamentele di una casalinga frustrata, ormai matura, il cui marito è andato a vivere con una ragazza più giovane. E questo non sarebbe stato troppo originale, e forse anche un po’ pesante da sostenere. Invece, dopo le lettere di Vanda, di cui è composta la prima parte, attraverso le quali respiriamo l’atmosfera dei lontani anni Sessanta e Settanta, nella seconda parte ci troviamo ai giorni nostri. Qui è Aldo a parlare, a ricordare gli anni passati e il suo rapporto con Lidia. Egli sente ormai di essere diventato un vecchietto di settantaquattro anni facile da ingannare e di cui tutti sembrano volersi approfittare. Dopo essere stato vittima di due truffe in poco tempo, egli parte con Vanda per una vacanza al mare e, al rientro, la coppia trova l’appartamento messo a soqquadro dai ladri. Insieme alle digressioni temporali con cui narra la sua vita, la trama si tinge di giallo, perché nella mente di Aldo si fa sempre più strada un’ipotesi, circa l’identità dei ladri. Infine, l’ultima parte è narrata dal punto di vista di Anna, la figlia minore della coppia, che il dolore per gli eventi accaduti durante l’infanzia ha reso una donna cinica e senza prospettive per il futuro.

Starnone è credibile in tutte e tre le parti, e cambia registro, a seconda del personaggio che si trova ad introdurre. Egli sa essere Vanda, la moglie petulante ed insicura; riesce ad impersonare Aldo che non ha mai saputo prendere una posizione e mantenerla fino in fondo; parla a nome della quarantacinquenne Lidia, prosciugata dal ricordo di quell’abbandono.

Comunque si guardino le cose, gli eventi del passato sono stati mal gestiti. Un disastro da cui nessuno è più riuscito a riprendersi e a tornare indietro. Così come quel significato criptico, “sciagura”, celato nel nome del gatto di casa, coi quali tutti devono avere a che fare ogni giorno.

Romanzo che esprime una pioggia di emozioni e di sentimenti attraverso una prosa magistrale. Un libro che fa riflettere e fa venire voglia di agire, prima che sia troppo tardi.

 

Written by Cristina Biolcati

 


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