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Le elezioni in Germania tra conferme, aspettative e dilemmi

Creato il 24 settembre 2013 da Bloglobal @bloglobal_opi
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di Federica Castellana

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Dopo una campagna elettorale non proprio esaltante e l’assaggio bavarese della domenica precedente, le elezioni federali tedesche del 22 settembre hanno visto il trionfo preannunciato di Angela Merkel. In carica dal 2005, la cancelliera cristianodemocratica ha guidato prima la Grosse Koalition tra il suo partito (CDU/CSU) e i socialdemocratici (SPD) e poi, riconfermata nel 2009, l’alleanza di centrodestra fra CDU /CSU e i liberali del FDP.

L’appuntamento elettorale, che in Germania si tiene tradizionalmente nella seconda metà di settembre, ha rinnovato la composizione del Bundestag per il prossimo quadriennio (2013-2017) ed è stato il primo test politico a livello nazionale da quando nel 2011 alla crisi finanziaria e alla recessione economica si è aggiunta la crisi del debito sovrano in alcuni Paesi europei: circostanza che ha evidenziato da un lato la posizione tedesca negli squilibri macroeconomici del Vecchio Continente (in tema di bilanci pubblici, di bilance commerciali e di competitività) e dall’altro la necessità improrogabile di rivedere l’architettura istituzionale dell’UE e gli approcci degli Stati membri, ovvero di fare un nuovo e decisivo passo nel singolare processo di integrazione europea.

Una campagna elettorale senza entusiasmi - In vista delle urne è cresciuta comprensibilmente l’attenzione della comunità internazionale e in particolar modo dei partner UE verso la cosiddetta “locomotiva d’Europa”. Certo, dalla sobria Germania nessuno si aspettava una competizione dai toni eccessivamente coloriti: eppure, mai come questa volta la campagna elettorale è stata piatta, poco appassionante e assai concentrata su parole e immagini piuttosto che sulla sostanza delle proposte in gioco.

Innanzitutto, il confronto tra i due principali candidati alla cancelleria si è presto rivelato impari e dall’esito pressoché prevedibile, con la Merkel in costante e netto vantaggio sul socialdemocratico Peer Steinbrück (quasi il doppio delle preferenze nei sondaggi, 54% contro 28% al 20 settembre). La Kanzlerin infatti non è amata né odiata dai cittadini tedeschi ma continua a mantenere una buona dose di successo e popolarità grazie al mix consolidato di stabilità, pragmatismo, basso profilo e forma mentis analitico-razionale, retaggio degli studi scientifici: una figura affidabile e quasi materna che in un periodo così turbolento governa il Paese come una sorta di amministrazione domestica, fatta di conti, ordine, organizzazione e compiti a casa (non a caso viene spesso chiamata Mutti, mamma). L’SPD invece, orfano di personaggi come Brandt, Schmidt e Schröder, ha schierato il rischioso e controverso Steinbrück, esuberante gaffeur e poco distante dalle posizioni dell’avversaria (è stato ministro delle Finanze nel I Governo Merkel) quindi decisamente debole e poco carismatico agli occhi dell’elettorato progressista. Non ha riservato grandi emozioni nemmeno il duello televisivo del 1° settembre, quando a rubare la scena non sono stati i due sfidanti bensì l’irriverenza di uno dei moderatori e l’insolita collana in pietre della cancelliera, con i colori della bandiera tedesca.

Tra i pochi highlight di questa campagna elettorale si segnalano comunque l’efficacia generale di manifesti e spot tv, la creatività e la satira della rete con le sue immancabili parodie nonché gli intensi dibattiti sulle diverse strategie di comunicazione, addirittura sulla contrapposizione tra il provocatorio dito medio di Steinbrück e il più rassicurante “rombo di Merkel”. La rilevanza dei gesti, delle personalità e del linguaggio visivo è indiscutibile in campo politico, ma i contenuti? Fatta eccezione per le proposte dei partiti più radicali, c’è stata una certa convergenza tra i programmi dei maggiori schieramenti su alcune questioni nazionali come la riforma delle pensioni e dei contratti di lavoro; l’istruzione e la politica energetica; gli affitti e l’introduzione del salario minimo; la redistribuzione dei redditi e il sostegno alla famiglia in genere. Strizzando abilmente l’occhio al centrosinistra, la cancelliera ha così preparato la strada per una possibile riedizione della Grosse Koalition con l’SPD.

Grande assente tuttavia un tema “scomodo” e a lungo termine come l’incerto futuro dell’Europa, che purtroppo in termini reali e non di mera propaganda continua a latitare in molte competizioni elettorali. Con il rinnovo del Parlamento europeo alle porte, questa mancanza di ampie visioni da parte delle classi dirigenti – unita alla scarsa consapevolezza e alla crescente disaffezione dei cittadini nei confronti del progetto europeo – non rende di certo un buon servizio all’UE, vista ormai esclusivamente con la lente dell’economia e del portafoglio.

“Angie” fa terno - Con un affluenza del 71,5% le urne hanno premiato i due grandi partiti: l’Unione cristianodemocratica tra la CDU e la compagna bavarese CSU ha ottenuto il 41,5% dei voti (ben il 7,8% in più rispetto al 2009) mentre i socialdemocratici dell’SPD hanno raggiunto il 25,7% (+2,7%). In calo sia la sinistra (Die Linke) con l’8,6% delle preferenze sia i Verdi (Grüne) con l’8,4%, che dal 2009 hanno perso rispettivamente il 3,3% e il 2,3%. Nessuna delle due formazioni indicate come le principali incognite di questa tornata elettorale ha superato la soglia di sbarramento del 5%: flop per i liberali di FDP, partner del governo uscente ma fermi al 4,8% dei voti (-9,8% rispetto al 2009); resta fuori dal Bundestag anche il giovanissimo partito anti-euro AfD (Alternative für Deutschland), catalizzatore del voto di protesta che non va oltre il 4,7%. L’esito finale è quindi di 311 seggi per CDU/CSU, 192 per SPD, 64 alla Linke e 63 ai Verdi.

Mancata la maggioranza assoluta e con l’alleato liberale fuori dai giochi, allo schieramento di centrodestra non rimane che formare un’altra Grosse Koalition con l’SPD; su questo scenario le aspettative sono molto elevate soprattutto a proposito dei possibili risvolti della presenza socialdemocratica nel nuovo esecutivo sui rapporti con la Francia di Hollande. Però, malgrado il sopracitato avvicinamento tra i due programmi, le trattative si annunciano lunghe e complesse a causa di divergenze significative in materia di tasse, spesa pubblica, unione bancaria ed Eurobond. Resta in ogni caso lo storico terzo mandato consecutivo conferito alla cancelliera Merkel, già nominata la “nuova Thatcher”: più forte e libera da vincoli, scadenze e pressioni elettorali, forse adesso opterà per prospettive più a lungo termine.

Questione di leadershipIl governo che guiderà la locomotiva tedesca nei prossimi anni dovrà infatti risolvere un difficile grattacapo. Oggi la Germania sembra chiusa in una specie di isolamento statico e idilliaco, concentrata ottusamente sull’immediato e riluttante ad assumere un ruolo diverso in Europa, che sia proporzionato al suo indubbio peso economico e demografico ma più flessibile rispetto alle specificità degli altri vagoni. Negli ultimi mesi non sono mancati i moniti di vari intellettuali tedeschi, che considerano il loro Paese una “letargocrazia”, una “bella addormentata che sonnecchia su un vulcano” e che rappresenta il chiaro fallimento di un’élite politica poco coraggiosa e lungimirante.

Strategicamente evitato in campagna elettorale ma cruciale per il futuro esecutivo, il problema dell’egemonia tedesca in Europa è (anche storicamente) tutt’altro che marginale: la centralità tedesca nel continente è incontestabile e legittima, ma non può e non deve più consistere nella miope imposizione di un modello di stabilità (per quanto di successo) a partner diversi e più deboli, rischiando peraltro di innescare rancori e derive nazionalistiche che si rivelerebbero disastrosi all’interno di una realtà come l’UE. E’ necessario ormai che Berlino riveda la propria posizione europea, che costruisca una leadership nuova e più solidale, magari sacrificando qualcosa del proprio modello (in termini di risorse, poteri, prerogative) e guadagnando in cambio un più largo consenso. Deve insomma scegliere finalmente quale risposta dare allo storico dilemma: Europa tedesca o Germania europea?

* Federica Castellana è Dottoressa in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei (Università di Bari)

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