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Le falle della riforma

Creato il 28 marzo 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

Le falle della riformaQualche giorno fa, il Presidente Napolitano cercava di rassicurare tutti: "non ci saranno licenziamenti di massa", ha affermato. Su questo punto ha ragione: non è questo il vero obiettivo della riforma messa su dal Governo Monti, ma più semplicemente, abbassare il costo del lavoro. Non serviranno licenziamenti a catena, perché, come dice il proverbio, basta “colpirne uno per educarne cento".

FALLA 1: Le motivazioni – Ufficialmente, la riforma ha il lodevole obiettivo di eliminare il dualismo tra garantiti e precari, estendendo le tutele a tutti, grazie all’introduzione del nuovo modello di contratto della flexicurity. Ma ecco il problema: in Italia, la stragrande maggioranza delle imprese è formata dalla PMI, dove, spesso, non si ha neppure un numero sufficiente di addetti per applicare l'articolo 18 (più di 15 dipendenti); eppure queste aziende sono in sofferenza, non producono ricavi, non assumono. Motivo: difficoltà di accesso al credito, rincari di materie prime e servizi (vedi il caro carburanti) burocrazia opprimente, tassazione eccessiva, scarsa propensione all'innovazione (il più delle volte, per mancanza di fondi da reinvestire). In tutto questo, la libertà di licenziare non c'entra assolutamente nulla.

FALLA 2: Le tutele – Le tutele promesse dalla riforma risultano labili, se non addirittura inesistenti. Infatti, di fronte a chi obietta la possibilità che le aziende possano abusare della nuova posizione dominante sui lavoratori (come successo con l'introduzione della legge Biagi), garantitagli dalla libertà di licenziare per motivi economici (veri o presunti), il Premier Monti risponde che il Governo vigilerà per evitare tali abusi. Come? Mistero: nella riforma non c'è traccia di eventuali misure di sicurezza e c'è, quindi, il serio rischio che la precarietà si insinui in zone, dove prima era bloccata proprio dall'articolo 18. Molte aziende, infatti, potrebbero essere tentate dalla possibilità di un ricambio generazionale forzato: via i quarantenni/cinquantenni troppo costosi e tecnologicamente arretrati, dentro i ventenni più economici e più tecnologicamente avanzati. Le conseguenze sociali sarebbero catastrofiche: un'intera genrazione, troppo vecchia per rientrare nel mondo del lavoro e troppo giovane per andare in pensione, sarebbe gettata dalla finestra e con essa le sue famiglie.

FALLA 3: I contratti – La riforma auspica (attenzione: non impone) che il nuovo contratto della flexicurity diventi il modello dominante. Ma allora che fine farà la pletora di contratti atipici, nati in questi anni di precariato? Qualcuno verrà limitato (contratti a partita iva e stage), qualcuno verrà riformato (co.co.pro. e apprendistato),  ma in generale resteranno tutti in vigore, visto che nessuno si è preso la briga di fare una selezione. Ed è da ingenui anche solo pensare che le imprese non ne faranno più uso, lasciandosi impressionare dall'aumento (ridicolo) dei contributi nei salari dell'1,4%, che la riforma impone loro. Ostacolo, tra l'altro, facilmente superabile, ad esempio con i contratti in somministrazione (gli ex interinali), dove i contributi sono a carico non dell'azienda, dove il lavoratore opera, ma dell'agenzia di somministrazione che ha provveduto ad assumerlo. Oppure, ancora più semplicemente, rivedendo al ribasso gli stipendi.

Dopo la rottura con le parti sociali, è tutto nelle mani del Parlamento, dove, però, la divisione delle forze politiche che sostengono il Governo dei tecnici è massima: c'è chi sostiene che la riforma va bene così com'è; c'è chi vuole una riforma alla tedesca (ma lo vogliamo capire che siamo in Italia, si o no?); c'è chi vuole estenderla anche agli statali e chi no. Di sicuro molte cose nel mondo del lavoro non vanno, ma sono questioni che nulla hanno a che fare con lo Statuto dei Lavoratori: tassazione eccessiva, burocrazia costosa ed opprimente, mancanza di innovazione, difficoltà di accesso al credito. La falla più grande di questa riforma è che nessuno di questi problemi viene minimamente affrontato.


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