Magazine Cucina

"Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono ma che i draghi possono essere sconfitti."

Da Lacucinadiqb

Non si fa altro che parlare di bambini, protagonisti assoluti della cronaca più o meno nera.Contesi da adulti che uno strano diritto di famiglia continua a definire genitori.Violati da adulti che uno strano diritto internazionale non consente di impalare all'imbarco.Rapiti da adulti che combattono le loro stupide guerre in giungle mai troppo lontane dai mercati finanziari.Uccisi da adulti che hanno paura dei loro aquiloni e dei loro profondi pensieri.Protetti e difesi a spada tratta solo in versione embrione o feto perché una volta nati, e magari con qualche disabilità, entrano a far parte di un'altra categoria, meno affascinante per il proprio bacino elettorale.

Vien da pensare che non tutti i bambini hanno la fortuna di nascere orfani.


Ai bambini piacerebbe ascoltare le gesta dei loro coetanei sfogliando insieme ad un adulto un libro di fiabe e non scrivere i propri dolori durante un tema in classe sperando che qualche adulto sappia leggere tra le righe. Ma agli adulti non piace leggere. Agli adulti piace vivere il proprio quarto d'ora di celebrità in un volgare confessionale, all'interno di un palinsesto televisivo, che macina la vita di perfetti estranei per farne un polpettone mediatico.

In questi giorni mi è tornato fra le mani un bellissimo libro di Gianni Rodari, "La torta in cielo", racconto che fu scritto e pubblicato a puntate nel Corriere dei Piccoli, tra il 1964 e il 1966, quando nel mondo il boom economico aveva lasciato velocemente alle spalle lo spettro della II Guerra Mondiale, mentre si affacciava l'incubo di quella nucleare. In questo racconto così intenso, come tutta la produzione di Rodari che parla ai bimbi udenti sperando che gli adulti sordi si rinsaviscano, i bambini di un quartiere popolare - quegli agglomerati urbani cresciuti in tutta fretta per accogliere le famiglie che si lasciavano alle spalle le campagne con la speranza di realizzare il proprio sogno "americano" nelle borgate romane - salvano il mondo. Si, proprio il mondo, o almeno il mondo allora conosciuto. Un mondo formato dalla nuova borghesia, quella del benessere a rate, con le donne a fare gli "angeli" del focolare, allontanate dal mondo produttivo dopo il primo figlio,  e gli uomini fuori casa 10-12 ore al giorno. 


Non vi racconterò la trama perchè è un libro che si legge tutto d'un fiato e poi non vi  lascia più ma fa sorridere amaro nello scoprire che il mondo degli adulti non è cambiato di una virgola: militari, scienziati ed esperti di varia natura che riscattano la loro inadeguatezza nell'applicazione di una burocrazia stitica. Tutto segreto e tutto fermo. Tutto nascosto, ridicolmente, come potrebbe essere nascosta un'enorme "torta" caduta dal cielo.Ed è proprio la verità che ogni bimbo ha dentro di sè che scardina l'aridità mentale e la pochezza etica degli adulti: è scesa dal cielo una torta grande come un disco volante ed è atterrata sopra un colle? E allora noi bambini andiamo a mangiarla! Scatenando un parapiglia e un'allegria generale che diventa quasi una cerimonia liberatoria. Per spalancare quelle porte che la paura del futuro fa chiudere a doppia mandata. Porte che solo chi è bambino sa aprire. E tenere aperte, nonostante gli adulti.

Il dolce di oggi è una torta che non è piovuta dal cielo ma che è leggera come una nuvola, una ricetta della tradizione ebraica per festeggiare insieme il Sukkot, che ho imparato durante le mie incursioni alla scuola di cucina ebraica del Ghetto di Venezia. Ma di questo vi racconterò tutto fra qualche giorno, come del bellissimo libro di Sally Spector che ho usato per queste foto (e che avuto l'onore di conoscere proprio a Venezia).

Non si può parlare di ricetta originale in una comunità soggetta a contaminazioni continue come quella veneziana ed anche la mia, rispetto alle diverse che ho trovato e provato, ha una piccola modifica: la sostituzione di parte delle mandole con dei pistacchi e l'aggiunta di qualche armellina, per dare una nota quasi impercettibile ma gentile di amaro.Torta di mandole e pistacchi del Ghetto di VeneziaIngredienti200 gr di mandorle sbucciate, 100 gr di mandorle con la buccia, 100 gr di pistacchi, un cucchiaio di armelline (facoltativo), 400 gr di zucchero semolato, 5 uova bio, un pizzico di sale, pane grattugiato e burro per lo stampo.ProcedimentoFrullare (un po' alla volta se non avete un frullatore con un motore potente: si rischia di  scaldare troppo e di alterare i semi nella loro struttura facendo uscire l'olio naturale che contengono) le mandorle sbucciate, quelle più scure (che servono a dare un po' di colore) ed i pistacchi ottenendone una farina sottile. Montare i tuorli con lo zucchero fino a renderli spumosi, unire un po' alla volta la farina con un pizzico di sale e per ultimo gli albumi montati a neve ferma, delicatamente.Imburrare ed infarinare (la ricetta tradizionale prevede di infarinarle con azzime frullate) con il pane grattugiato uno stampo da 24 cm (io ho usato due anelli da 12 per motivi fotografici) e cucinare nel forno statico già caldo a 160° per circa 50'-60' minuti. Il dolce dev'essere dorato esternamente e morbido ma non troppo al centro: diciamo che se premendo con i polpastrelli non si sente più una sorta di piccolo sibilo il dolce è cotto anche al centro anche se deve rimanere un po' morbido e umido.Sfornare, lasciar raffreddare e servire spolverato di zucchero a velo.


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