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Le finestre dei pensieri di Alessandro Bagnato

Creato il 13 dicembre 2012 da Nasreen @SognandoLeggend

Alessandro Bagnato nasce a Milano nel 1984. Il 23 maggio del 2012 consegue la Laurea per il C.d.L. in Filosofia e Scienze Umane all’Università della Calabria con una Tesi dal titolo “Hans Georg Gadamer e la storicità del comprendere”. Nel 2009 la sua opera d’esordio, uno studio sulla bioetica del filosofo E. Lecadano: “Tra etica e morale” (Arduino Sacco Editore); nel 2011 il suo secondo saggio filosofico: “Le finestre dei pensieri” (Booksprint Edizioni).
Collabora con diverse testate giornalistiche online. È socio dell’Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche. È coordinatore per la delegazione regionale della Calabria per l’A.N.P.F. È iscritto al S.N.S. vale a dire il “Sindacato Nazionale Scrittori”. Alessandro ha una grande passione per la scrittura che usa per scavare alla continua ricerca della verità e per spingere il suo lettore a scoprire nuovi orizzonti conoscitivi.

Sito: http://www.alessandrobagnato.com

 

Il Corsaro NeroTitolo: Le finestre dei pensieri
Autore: Alessandro Bagnato
Serie: //
Edito da: Book Sprint Edizioni (Collana: Saggi)
Prezzo: 13,80 € 
Genere:  Saggistica filosofica
Pagine: 152 p. 
Votohttp://i249.photobucket.com/albums/gg203/nasreen4444/SognandoLeggendo/5Astelle.png
 Le finestre dei pensieri di Alessandro Bagnato  Le finestre dei pensieri di Alessandro Bagnato 

Trama:«A volte osserviamo i pensieri distesi su un grande prato come la purezza dei fiori ed essi aspettano che qualcuno si accorga della loro presenza. Restano lì fermi in attesa, ma nessuno li raccoglie. I pensieri si ritrovano come le foglie che cadono dagli alberi in autunno. Cadono, cadono e cadono e rimangono lì, pure e innocue. La gente passa e le calpesta, e neanche chiede scusa».

Le finestre dei pensieri gravita intorno a ciò di cui oggi ci occupiamo poco: il pensiero. Ci troviamo di fronte ad un flusso di coscienza che sembra nascere durante una notte insonne, in cui i pensieri vagano e si contorcono talmente che si finisce col chiedersi il perché del perché. Un testo senza pretese di scientificità che analizza un argomento già studiato e già discusso da filosofi e letterati del passato che con una rapida carrellata di analisi altrui ci porta ad un’interpretazione in chiave moderna della questione. Qui si rimette in gioco tutto ciò che è stato detto e lo si fa con gli occhi di Alessandro Bagnato, il quale in prima persona s’interroga e ragiona: le finestre dei pensieri che si aprono, si chiudono, ci fanno vedere attraverso i loro vetri e riducono allo stesso tempo la nostra visuale.

Recensione
di Johannes de Silentio

Alessandro Bagnato ed io abbiamo davvero tanto in comune. Siamo coetanei (io sono dell’82, a voler essere fiscali, mentre lui è dell’84, ma insomma, abbiamo praticamente la stessa età); siamo entrambi laureati in filosofia; nutriamo entrambi interessi per l’ermeneutica (lui, autore di una tesi di laurea su Hans-Georg Gadamer; io, allievo di Horst Künkler, filosofo tedesco a sua volta allievo di Gadamer) e per la bioetica (lui, con una pubblicazione su Eugenio Lecaldano; io, con un saggio in preparazione sulla neuro-etica e sulla neuro-anatomia della morale, con riferimenti, fra gli altri, proprio al pensiero di Lecaldano); entrambri abbiamo pubblicato il nostro primo libro nel 2009; entrambi siamo in contatto con l’A.N.P.F. (l’Associazione Nazionale Pratiche Filosofiche) ed entrambi collaboriamo con diverse testate online (be’, a dire il vero, io scrivo anche su riviste cartacee).

Il Corsaro Nero

Eppure, nonostante tutti questi elementi comuni, io e l’autore de Le finestre dei pensieri siamo evidentemente incompatibili, perché io mai pubblicherei con la Arduino Sacco o con la Book Sprint (preferisco non dire il perché, o dovrei essere sgradevole) e mai scriverei un libro come quello che sto apprestandomi a recensire (e stavolta, ahimè, non posso esimermi dall’esplicarne le motivazioni). Premetto: non sono assolutamente il tipo che gode nello scrivere recensioni negative (questa è la mia prima recensione negativa su Sognando Leggendo) e men che meno ho l’abitudine di recensire assumendo quel tipico atteggiamento da “caccia all’errore” così tristemente diffuso. Tuttavia, seppur con profondo rammarico, non posso tacere che Le finestre dei pensieri sia un libro che, a doverne parlare pubblicamente, mi causa un certo imbarazzo. Cito alcuni passi per facilitarmi il compito.

Il seguente brano è tratto dal capitolo III, intitolato La filosofia e le sue finestre nel pensiero umano:

Non possiamo dare una forma, un disegno ai pensieri. Essi non sono reali nel senso di tangibili, ma sono reali poiché esistono dal momento che l’uomo li produce. Producendoli, egli avvia la sua speculazione primordiale che ha come base primaria il persuadere gli altri e ammaliarli con i propri tangibili saperi. Si parla di saperi tangibili perché ogni volta che l’uomo si sente capace di sapere, vuol dire che egli sente la musica, il profumo della sua concupiscenza. Quando ciò viene perduto, egli non produce e si sente anche svuotato della sua arte. Difatti, vi sono uomini dotati dell’estro dell’arte, alla quale dedicano la loro vita, e uomini che conoscono la loro arte ma non riescono a renderne partecipi gli altri. Tra questi vi sono certamente i filosofi. I filosofi si distinguono dall’uomo per quel “metodo” che è consono alla verità e alla conoscenza della causa che si esaurisce tramite la dimostrazione. Ancor più, per quel sentimento innato che si descrive in una sola ed univoca parola: “arte”. L’arte del filosofo si presenta piena di novità, piena di sillogismi e piena di abnegazione dell’esistenza umana. Egli si occupa della scienza in generale, della scienza in particolare e dell’uomo in primis. Il mezzo d’indagine è l’uomo. Nel loro lungo studiorum, i filosofi mettono in risalto l’uomo e ne studiano le debolezze e le potenzialità. Riescono a rispondere a quelle domande a cui la gente comune, anche per via della vita condotta, non risponde.

Questo invece è un passo tratto dal sesto capitolo (Le finestre dell’imperailismo):

Tramite l’agire, l’uomo fermenta e custodisce il proprio operato. Dal momento che agisce, egli forma un episodio: un fatto è storico in quanto è pensato. Ossia, dal momento che le idee, i postulati e i pensieri producono un’azione, esse si traslano immediatamente nella parte del loro agire, il quale forma quindi un’azione che è stata pensata precedentemente. Prima di prendere una penna per scrivere, l’uomo pensa di fare quell’azione e agisce. Il fatto appena pensato e compiuto rappresenta un’azione che è già pensata ed è già fonte del passato. E’ passata l’azione, ma essa non rappresenta una storia viva. Una storia di cui si può ancora vedere la luce. Essa è un’azione e dal momento che è tale, muore dal momento in cui è portata a compimento. Nell’agire nella storia si hanno tre momenti che io chiamo crociani: 1) orientale; 2) greco-romano; 3)cristiano-germanico. Detti crociani per la forza del pensiero che essi esprimono e per la quale offrono una dimostrazione che ancora aiuta l’uomo a riflettere. Si ha il primo che concerne la formazione del tiranno, preso come momento infinito. Il secondo momento, pochi conoscono molti, preso come momento finito. Il terzo momento: la massa e il principi democratico, preso come insieme del finito e dell’infinito.

Pirati

Ho citato due passi a caso, ma il libro (purtroppo) non si distingue certo per eleganza nell’esposizione e per qualità dei contenuti: periodi farraginosi, concordanze sbagliate, scelte lessicali infelici, frasi contorte, spaziature mancate, connettivi frasali inesistenti, ripetizioni a iosa (come pure allitterazioni e assonanze), accentazioni errate e refusi di varia natura (in genere sono un recensore tollerante nei confronti dei refusi, ma non posso sorvolare quando si sbagliano i titoli dei libri di Nietzsche). Eppure, le premesse erano buone. Le finestre dei pensieri è un testo per sua stessa natura a-scientifico e a-sistematico, un po’ come quelli dei filosofi umanistico-rinascimentali. E questa scelta, se supportata da valide tesi, sarebbe stata interessante. Il punto, però, è che mentre un filosofo come Montaigne poteva permettersi il lusso di fare di se stesso la materia dei propri Saggi (ma più che di un lusso si trattava di un segno dei tempi, giacché Montaigne manifestava in forma germinale quella tendenza, che sarà tipica del pensiero moderno, di porre il soggetto al centro della scienza), questo tipo di letteratura autobiografica poco si addice a un autore contemporaneo (un ragazzo del Duemila che si propone in prima persona come l’argomento del proprio saggio filosofico). In secondo luogo, quella di scrivere un volume che abbracci argomenti universali come la vita e la morte, la politica e la natura, la società e la costituzione dei pensieri e dei giudizi è, a me pare, una decisione quantomai azzardata. Ciò in quanto un saggio – specie se scritto da un giovane autore – dovrebbe essere anzitutto uno studio su alcuni temi, alcuni testi e alcuni pensatori (del passato o del presente); uno studio che possa permettere al suo autore di avanzare una nuova tesi all’interno di un determinato dibattito o ambito di ricerca. Terzo e ultimo punto: ci sono molte frasi, nel testo, che sembrano quasi tratte dalla discutibile (e banale) collana Filosofia e salute di Maurizio Zani (RIZA Edizioni). Frasi come questa:

L’uomo, a dire la verità, è sempre pronto ad elencare giudizi sugli altri e nel farlo non guarda dentro se stesso. [...] È vero anche l’uomo è abituato a valutare e opinare. In teoria, questi due elementi del giudizio li potremmo racchiudere in un solo elemento, che io chiamo “opinabilità”.

Insomma, sto cercando di essere il più diplomatico e critico possibile, ma, visitando il blog dell’autore, che inneggia al traguardo dei 4.000 download del proprio ebook e invita l’utenza a cliccare su un link per votare il proprio saggio (al fine di scalare una classifica), mi viene in mente un articolo della consulente editoriale Carlotta Susca, la quale ha scritto:

Parliamo un attimo di questa aberrazione. Quanti scrittori o sedicenti tali vi intasano la posta privata e la sezione pubblica di Facebook per chiedere di certificare il vostro apprezzamento alla pagina dedicata al loro romanzo? E alla loro raccolta di poesie? Ancor più, forse. Non vi stanno chiedendo – no, e a chi interessa? – di esprimere un giudizio sul loro libro. Perché se poi vi dovesse capitare di recensirlo, magari sollevando solo qualcuna delle questioni che lo rendono terribile, loro griderebbero allo scandalo, e vi chiederebbero di scendere dal piedistallo, e magari vi indicherebbero le parti della vostra recensione da sostituire con quest’altra frase, questa sì, spiegherebbe meglio l’essenza del mio capolavoro.

L’articolo di Carlotta Susca dice una grande verità (non è inusuale che un blogger venga insultato per aver scritto una recensione negativa, e non solo nel caso di una stroncatura, ma anche nel caso di una recensione appena negativa). 

La Folgore

Sia ben chiaro: che il libro di Alessandro Bagnato sia scontato, banale e mal scritto è, fino a prova contraria, solo una mia opinione. Spero vivamente di essere in errore, e di non esser riuscito ad apprezzare questo prodotto a causa di una mia personale carenza (ho scritto tutto ciò in veste di blogger e non in veste di custode della verità). Nondimeno, la valutazione di questo testo è anche il frutto della mia esperienza di saggista, di critico e di editore; per cui, se da un lato non intendo ‘tirarmela’ (non è mio costume farlo), dall’altro non credo neanche di dover assumere un tono troppo dimesso e poco deciso nelle mie affermazioni, o di doverle giustificare solo perché negative. Ad ogni modo, non volendo dare l’impressione di sindacare a sproposito, lascio agli stessi lettori di Sognando Leggendo la possibilità di giudicare. Concludo quindi riportando un ultimo estratto (nella fattispecie, un brano tratto dal capitolo IX, intitolato Le finestre della morte):

La morte è e sarà un tema scottante di cui, forse, l’uomo non riuscirà mai a carpire l’emisfero mistico che feconda la causa o causalità della morte. Infatti, nessuno è riuscito a dare una risposta certa al concetto di morte. Ma tutti, in maniera indistinta, hanno cercato di cimentarvisi. Basta pensare alle civiltà che si sono distinte nei secoli e alla loro forte ammirazione della concezione della morte. La morte era per queste civiltà un simbolo di grandezza di ogni uomo. Addirittura, in alcuni casi, si ergevano grandiosi monumenti in onore di questi numerosi sapienti uomini. Certamente per quegli uomini che si erano distinti in battaglia o che erano valorosi uomini di potere. I loro sepolcri erano pieni di utensili usati in vita e anche di simboli che di generazione in generazione si tramandavano. Seguivano il corso della loro vita e pensavo che il percorso non fosse finito sul sistema terra.

Booktrailer


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