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Life After Death: l’intervista ad Andromaca

Creato il 31 gennaio 2015 da Alessiamocci

Sono un’archeologa al seguito di Schiliemann, siamo in pieno XIX  secolo, fervono gli studi su Omero. Iliade alla mano accompagno il mio maestro presso le porte Scee, dove scorre il fiume Scamandro, ormai una palude verdastra popolata di ranocchi e falene.

Col cuore in subbuglio per l’arditezza dell’impresa mai compiuta prima, immoliamo un’ecatombe di pecore dalle zampe ritorte a Poseidone perché ci permetta di salpare e ci propizi il viaggio, fautori Castore e Polluce. Dopo un viaggio periglioso per mare con venti non sempre favorevoli, arriviamo su zattera presso Troia dalle alte mura e dalle splendide porte a baluardo della città.

Tutto sembra fermo e sospeso nel tempo zero del mito, un’atmosfera rarefatta ci accoglie mentre procediamo a passi sostenuti verso il palazzo del re Priamo ucciso selvaggiamente da Pirro Neottolemo. Un refolo di vento mi accarezza i neri capelli che ho ereditato da quel nonno Gaspare distintosi nelle guerre d’indipendenza.

Mi sento un eroina romantica, titanicamente protesa verso un’avventura che mi esalta nell’anima e nella mente in sublime percezione della città antica. Qui combatterono Achei e Troiani per la riconquista della donna più bella del mondo, effigie dell’eterno femminino incarnato nella figlia di Zeus e Leda, Elena di Sparta, moglie del biondo Menelao.

Qui Andromaca salutò lo sposo gagliardo e valente, Ettore di Troia, figlio di Priamo vegliardo, qui perì il piccolo Astianatte gettato dalle mura per mano del violentissimo Achille,sicché mai risorgesse il popolo troiano. Procedo lacrimosa nel ricordo nelle vite gagliarde di eroi che sono finite sotto queste mura in duplice strage.

Qui il fanciullo Patroclo si scontrò con Ettore e questi con Achille, qui il compianto del popolo troiano per la morte di tante giovani vite strappate alla vita e all’oblio della memoria. Bello era morire combattendo in prima fila! Il battito del mio cuore va a mille, non contengo la forza della passione che mi sospinge senza lena verso la città.

Arrivata alla fonte Climène, vedo un ancella che raccoglie acqua in un’anfora greca, l’aiuto ad assolvere a questa mansione quotidiana, mentre il mio maestro àlacre studia i reperti archeologici, le pietre, i cocci di vasi incontrati per via. Io distolgo lo sguardo da lui, irretita dagli occhi neri della bella ancella dal seno odoroso e dall’alta cintura.

Inseguendo il suo sguardo, le chiedo di accompagnarmi al palazzo di Priamo, antico re della città. Dritta ella mi conduce mentre portiamo l’ampia anfora in due. Uno scenario favoloso si apre ai miei occhi basiti, il palazzo si presenta ristrutturato nell’antico fulgore, alte mura fanno da baluardo, sette porte scandiscono il ritmo dell’architettura,a guardia di ciascuno delle quali c’è un guerriero in uniforme antica con alti schinieri.

Qui tutto è maestoso, qui tutto rifulge di luce, qui Priamo appare giovane e forte, qui il tempo è fermo al momento dell’alba rosata, qui è tempo di entrare nella reggia costruita su di un’altura prospiciente la città ancora sonnacchiosa.

Vengo condotta nel gineceo, dove si staglia immortale la figura di Andromaca, che tesse al telaio il sudario di Priamo, raccontando le vicende della guerra di Troia.Ho timore ad accostarmi a lei, non so se si tratti di un fantasma o di una dea, tanto appare di luce rarefatta mentre il primo raggio di sole infiltrandosi dalle alte finestre ad ogiva le illumina lo sguardo assorto nel lavoro. Alla fine mi faccio coraggio, avanzo verso di lei che mi scorge nel mio imbarazzo, mi viene incontro, mi prende la mano… io le dico parole per la rubrica Life After Death.

 

G.A.: Andromaca, donna che combatte con gli uomini, sei mortale o sei una dea di quelle che abitano l’Olimpo?

Andromaca: Fui donna mortale tra le più sfortunata sulla nera terra, volevo morire insieme al mio Ettore e a mio fratello Pode, ucciso con lui nel medesimo giorno per mano di Achille, ma una densa nube mi avvolse mentre mi gettavo a corpo morto sulla spada del sanguinario nemico, gli dei mi protessero la vita e io, protetta dallo sguardo degli dei, fui salva. Non così mio figlio Astianatte, scaraventato dalle porte Scee per mano del medesimo Achille: Andai sposa al re dell’Epiro Neottolemo, ma questi mi ripudiò perché non riuscii a dimenticare il mio prode sposo, Ettore. Vita infame la mia, di me sventurata, costretta a perdere gli affetti più cari. Ho trovato la pace andata in sposa ad Eleno, fratello di Ettore, ma quello che tu vedi non è un corpo mortale perché  dei mi assunsero in cielo al terzo giorno di nozze, quando giacevo ancora triste e sconsolata, fedele sposa al mio Ettore, che io invano cercai di trattenere presso il caprifico, dove più debole è la difesa della città di Troia. A compenso di tante disgrazie gli dei, impietositi, mi hanno accolta in Olimpo, e, trascorro sei mesi sulla terra e sei sull’Olimpo, dove aiuto il fanciullo Ganimede a servire il biondo nettare agli dei. Con lui giaccio di notte , ma di giorno preparo l’ambrosia, il nostro è un rapporto clandestino,non sia mai che lo venga a sapere Zeus, di lui perdutamente innamorato, suscitando la gelosia di Era. Vorrei che tu sapessi che non tutto quello che avviene sull’Olimpo è a conoscenza di Zeus, che è stato spodestato da Cerere, dei delle messi e lì oggi vige un matriarcato. Noi donne avviamo rivoluzionato il potere e ribaltato la situazione con la complicità di Era, stanca di subire oltraggi per mano del marito, il più grande impalmatore tra tutti gli dei.

 

G.A.: Una giusta rivoluzione ha avuto compimento, non sia mai detto che gli uomini abusino di noi, così spudoratamente come ha fatto Zeus con Leda, sotto le mentite spoglie di un cigno. Ho l’anno scorso incontrato Elena a Sparta, la quale mi ha raccontato della sua nascita da un uovo di Leda , violentata da Zeus presso un querceto, mentr’ella proprio non voleva. Il suo bianco piumaggio si sporcò e con questo la sua persona di specchiata moralità sposa fedele di Tindaro. Oggi Cerere comanda, la rivoluzione dei sessi ha avuto la meglio sull’onnipotenza del maschio e sul suo narcisismo: Ma dimmi come se la passa Zeus, ora che la sua ostinata pulsione al tradimento l’ha messo in disparte?

Andromaca: Zeus se la passa male, piange depresso, messo all’angolo da Cerere che feconda le donne e rende fertili i campi. Lei è adorata sulla terra, mentr’egli, dacché ha incatenato Prometeo alla rupe facendogli divorare il fegato da un’aquila, è inviso agli umani, che non certo hanno gradito il vaso di Pandora, di quella sciocca fanciulla, la più carina la più cretina(!) che ha diffuso i mali sulla terra: da allora malattia, vecchiaia, morte incatenano gli uomini in un destino di sofferenza in attesa che arrivi la nera Chera a tagliare il filo della vita. Alto si leva però dalla terra il canto in lode di  Cerere, che ha spodestato Zeus che da giusto si era trasformato in un violento tiranno.

 

G.A.: Vedo con orgoglio femminile che sei rimasta fedele al tuo nome e continui a combattere gli uomini che hanno costellato di lutti la tua vita infelice. Solo l’amore per Ettore ti tenne lontana dal complesso di Elettra; ti innamorasti di lui che ti aveva rapita ai fini della procreazione fin dalla prima notte di nozze e non l’uccidesti come fece anche una delle Danaidi andate in spose ai cugini Egizi. Come non innamorarsi del biondo Ettore, ottimo sposo e padre e fratello, e madre , di te che avevi perso tutti gli affetti?

Andromaca: Osservo con vivo piacere che conosci la mia storia personale, per quanto dolorosa. Il cuore mi sobbalza nel petto e si strazia al ricordo dei miei genitori e dei miei fratelli  morti in un sol giorno per mano di Achille nella casa del padre Ezìone a Tebe Ipoplacia . Anch’egli perì trafitto con filo di spada dal medesimo Achille, l’uomo più pazzo che sia arrivato a Troia, irascibile e selvaggio, ma egli non lo spogliò delle armi, ne ebbe rispetto. Peggiore di lui il figlio Neottolemo, che uccise senza pietà mio suocero Priamo, trascinandolo per i capelli nella polvere di Troia. Non ebbe pietà della sua vecchiaia nel rispetto per la sua regalità e per quanto egli piangesse non mosse il suo animo crudele, per cui è passato alla storia del popolo troiano come il più malvagio di tutti gli Achei, di gran lunga peggiore del padre, da tutti temuto. Ah infame è il destino dei vinti!

 

G.A.: Ettore ha vinto e, come dice Foscolo “ vince di mille secoli il silenzio”. Per quanto morto per mano dell’implacabile Achille, resta nei nostri cuori come un vincitore ideale. Forte il suo amore di patria che vinse quello per te e per la sua stessa famiglia.  Lui doveva combattere perché il nome di Troia rifulgesse in eterno, Vinto dalla storia, resta l’eroe che giammai tramonta.

Andromaca: Questo è pur vero, ma la sua morte ci ha gettati tutti nello sconforto, noi donne siamo andate schiave ai crudelissimi Achei per tessere al telaio ed accorrere ai loro letti. Noi schiave, concubine, abbiamo avuto la sorte peggiore di tutte le donne della terra, costrette a giacere in amore coi nostri nemici sognando le dolci carezze dei nostri legittimi sposi: Mai potrò dimenticare il mio Ettore, per quanto anche con secche parole mi abbia invitata a ritornare a casa e a tessere il telaio mentre cercavo di dissuaderlo dall’andare in guerra, verso certa morte. Ancora lo vedo col pennacchio del suo cimiero mentre andava a fronteggiare il più temibile tra i nemici, Achille.

 

Mentre così ella parlava avvertii una strana presenza e vidi due corpi abbracciarsi nella luce rarefatta, avrei voluto vedere di più ma dolce sonno mi colse.

 

Written by Giovanna Albi 

 

 


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