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Lo sguardo sul lavoro di una manager italiana

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Oggi ci occupiamo di lavoro e lo facciamo in un modo diverso dal solito, presentandovi una manager italiana e lasciando che ci racconti brevemente del suo lavoro e che ci dia il suo sguardo sul mondo lavorativo.
Elena ha 38 anni, a giugno, ha due figli di circa 9 e 4 anni ed è sposata dal 2002.

Ciao Elena, grazie per avermi dato la tua disponibilità per questa nostra “intervista”.

Di cosa si occupa la tua azienda? Quanti dipendenti ha?

L’azienda è un’azienda commerciale, che si occupa di assistenza tecnica specializzata nel campo dell’industria alimentare. I dipendenti sono 14.

Quante donne e quanti uomini sono presenti nella tua azienda? E quante di queste donne ricoprono dei ruoli di rilievo? 

Le donne sono 11, gli uomini 3. Tutti i posti di rilievo sono sono occupati da donne, ad eccezione di quello dell’area commerciale, affidato ad un uomo.

 Da quanti anni lavori in questa azienda? Con che ruolo hai iniziato? Hai fatto carriera? Se sì, come si è evoluto il tuo ruolo all’interno dell’azienda?

Nasco, lavorativamente parlando, con l’azienda. Venne fondata da mio padre quando io facevo il primo anno di università: scienze e tecnologie dell’alimentazione.
Il primo personale era composta da mio padre, mia madre ed io.
Da allora son passati quasi 15 anni. L’ azienda ha raggiunto livelli di performances elevatissimi, è stata ceduta ad una gruppo più grande per fare fronte ai forti cambiamenti in atto nel mercato e dare continuità all’attività.Dalla cessione io ne sono alla guida (ormai sono 5 anni). Ho fatto carriera? Non so. Dopo 15 anni di lavoro in azienda ora la gestisco in termini di strategia e anche a livello di operations. Collaboro con un gruppo che mi segue, mi sostiene e si affida a me. E mi affida la sua stima ed il suo valore. Credo nella forza delle persone, dell’ integrità personale e di corpo e credo di avere un’opportunità perfetta per me, in questa vita, per migliorare il presente ed il futuro delle persone, dei miei figli.

Come mai le donne sono così tante nell’azienda? Sono state selezionate in base a quali criteri?
Quali sono, secondo te, i punti di forza (se ci sono) di un team quasi tutto al femminile? Quali sono, secondo te, i punti deboli, se ci sono?

La selezione del personale è stata compito di mia madre fino a 7 anni fa, poi ho cominciato ad occuparmene io. La selezione viene sempre fatta in modo accurato ed attento. Si individuano le mansioni che debbono essere ricoperte e si cercano persone con qualità che possano esplicarsi al meglio nel ruolo identificato. Quando cerchi un nuovo collaboratore cerchi anche motivazione, entusiasmo, spirito creativo. Un’azienda è fatta essenzialmente di persone e dei loro contributi più intimi. Negli anni abbiamo sempre trovato più spesso nelle donne lo spirito che cercavamo, la voglia di mettersi in gioco come persone. E quindi le assunzioni hanno rispettato questo trend.
Io non parlerò mai di punti deboli di genere. Non ci sono motivi di genere che possano inficiare la performance lavorativa.

Secondo la tua esperienza quali sono le maggiori difficoltà che incontrano le donne nel mondo del lavoro e come si può far fronte a quest’ultime?

Per certo gli uomini si sentono più sicuri nella ricerca di un lavoro, mentre spesso le donne si mettono più in gioco proprio perché sono ben consce che sono storicamente e socialmente meno accettate nel mondo del lavoro. Io non so dirti i punti di forza di un team rosa. Posso dirti che, perché un gruppo di persone possa diventare un team, una squadra, ognuna di loro deve mettere a disposizione della squadra il cuore, non solo la mente. Devi credere in ciò che stai facendo e nell’etica, nell’integrità di ciò che fai e come lo fai e nella forza e potere amplificatore del lavoro di squadra. Se si lavora così. Beh, i risultati saranno straordinari. Le donne trovano ancora chi le penalizza perché donne. Perché possibili motivi di squilibri delle dinamiche, ad esempio, si sente dire: “E’ troppo bella, poi se la litigano in ufficio (nemmeno fosse un nuovo modello di palmare!)…” perché possibili assenteiste croniche (“Se poi resta incinta, ha un bambino, poi non la vedi più”), perché… perché….I “perché” sono tanti, ma il motivo è uno solo: la nostra società ci vuole deboli e soggette agli uomini. Meno accesso al lavoro significa debolezza, punto.

L’anima dell’azienda sono le persone che in essa vivono, operano e lavorano, amalgamando nella differenza e nell’unità tanto il loro destino quanto quello dell’organizzazione stessa. Senza quelle persone l’anima dell’impresa è nulla o è troppo poco, se la qualità morale e professionale di quelle persone non la vivifica. Aziende composte da ruoli, posizioni, linee quadri, mansionarii sono vuote. Non fanno altro che usare persone per replicare i meccanismi di una macchina. Senza anima il lavoro è replicabile, sostituibile (dai concorrenti, da un sistema gestionale, da qualsiasi altro concetto). Se vuoi che l’azienda viva questa deve avere un’anima. E per averla deve essere stimolante, quindi accogliere e sostenere le diversità in essa. Uomini e donne, maturità e freschezza, pragmatismo ed eccentricità.

Secondo te, in questi tempi di crisi economica, le aziende a guida femminile si dimostrano vincenti? Perché?

La crisi noi la vogliamo combattere coi nostri valori. In questi giorni stiamo proprio lavorando insieme per coinvolgere i nostri clienti e fornitori nella nostra visione del lavoro. Questa è una crisi di valori. Questa è una crisi di leadership. Manca chi si prenda la responsabilità di guidare, mancano impegno, etica, senso di responsabilità, partecipazione, capacità di scelta. Noi vogliamo che il nostro lavoro serva a diffondere i valori in cui crediamo, ad amplificarne i sogni, a crearne di nuovi. Le donne sono creatrici. Più degli uomini, su questo non ci piove. Ed ora, ora che tutto è vecchio, decrepito, marcio, ora bisogna creare, ora più che mai servono le donne.

Cosa diresti a chi non vuole assumere donne per i mille non-motivi cui accennavi prima?

A chi oggi non vuole dare lavoro alle donne o vuole sminuire il loro ruolo sociale non ci sarà mai nulla di valido da dire. Dobbiamo invece parlare, e tanto, con le nuove generazioni,per gettare il seme di una sorellanza che possa alternarsi alle fratellanze che governano il mondo. Dobbiamo in famiglia, nelle scuole parlare di maschilismo, insegnare a comprenderlo e riconoscerlo per poi imparare ad accettarsi come donne ed accettare le donne. Ora viviamo in un periodo di regressione ed il ruolo femminile è il primo che viene schiacciato. Dobbiamo invertire questa tendenza, con la cultura, seminando cultura femminile, che si ponga in alternanza a quella maschile. Non l’uguaglianza, bensì il riconoscere, per poi trarne il meglio, le differenze, darà un vero futuro a questa nostra società.

Ringrazio ancora Elena per la sua disponibilità e per avermi mostrato il mondo del lavoro attraverso i suoi occhi.



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