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Lo Stadio Ascarelli

Da Antonio

Giorgio Ascarelli è stato il primo presidente della storia del Napoli. Industriale nel campo tessile, imprenditore illuminato e appassionato di sport (fu tra i fondatori del Real Circolo Canottieri Italia), dedicò gli ultimi anni della sua breve vita all’amore per il Napoli Calcio.

Nel 1926 dà l’impulso decisivo per riunire in una sola compagine tutte le squadre esistenti in quel momento in città e dar vita così all’Associazione Calcio Napoli, di cui fu il primissimo Presidente.

Il primo Campionato di Divisione Nazionale vede il Napoli cedere di schianto allo strapotere delle squadre settentrionali, avanti di decenni. Un solo punto in diciotto partite: una performance che vale la scelta del “ciuccio” come simbolo della squadra, in seguito alla battuta di un tifoso anonimo che ironizzava sul simbolo della squadra: un cavallo rampante (emblema del regno di Napoli al tempo di Gioacchino Murat). Ascarelli nel frattempo si è dimesso dalla presidenza, ma è grazie ai suoi buoni uffici, oltre che a un terzo posto nella Coppa Coni, che il Napoli ottiene per meriti sportivi di giocare in Divisione Nazionale anche l’annata successiva. Nel campionato 1927-28 il Napoli riesce a conquistare la salvezza, in quello successivo si piazza ottavo a pari merito con la Lazio. Si rende così necessario uno spareggio per stabilire quale delle due squadre avrà diritto, nella stagione successiva, a giocare nel primo campionato a girone unico. Si gioca un primo spareggio a Milano e finisce 2-2. Prima del secondo spareggio, Ascarelli convince la Federcalcio ad ammettere entrambe le squadre, allargando il campionato a diciotto formazioni. Per vincere le resistenze del presidente federale Arpinati promette di formare uno squadrone e di costruire un nuovo stadio. È di parola. Alla guida del Napoli viene chiamato l’inglese William Garbutt, già scudettato col Genoa. La squadra, forte dell’astro nascente Attila Sallustro, viene rinforzata col portiere Giuseppe Cavanna e gli attaccanti Antonio Vojak e Marcello Mihalich. Il Napoli, che inizialmente gioca sul campo dell’Arenaccia, si dimostra all’altezza delle grandi squadre. Nel 1929 commissiona i lavori, completamente a sue spese, per la costruzione del nuovo impianto da gioco del club (primo e finora unico stadio di proprietà del Napoli in più di ottanta anni di storia). Lo stadio, progettato da Amedeo D’Albora sorge in pochi mesi al Rione Luzzatti, nei pressi della Stazione Centrale. Le tribune furono costruite in legno e l’impianto, inizialmente denominato “Stadio Vesuvio”, poteva contenere 20.000 spettatori. Vi si gioca la prima partita il 16 febbraio 1930 (4-1 alla Triestina) ma viene inaugurato ufficialmente il 23 febbraio (2-2 contro la Juventus, che si era portata in vantaggio fino al 2-0) con Ascarelli – nel frattempo tornato presidente – che diserta la tribuna per mischiarsi con la folla. Solo diciassette giorni dopo il presidente muore a causa di una peritonite perforante. Non potrà così vedere il prestigioso quinto posto finale né gli altri bei piazzamenti della squadra da lui impostata negli anni successivi. Per il suo funerale si blocca la città, mentre a furor di popolo il nuovo impianto viene ribattezzato “Stadio Giorgio Ascarelli”.

Nel 1934 però, il regime fascista, in vista dei mondiali di calcio cambia nuovamente il nome dello stadio, ribattezzato “Stadio Partenopeo” (il motivo era facile da intuire: le origini ebraiche di Ascarelli). L’impianto fu interamente ricostruito in cemento armato, in modo da portare la sua capienza a 40.000 persone. La re-inaugurazione avvenne a pochi giorni dall’inizio del torneo mondiale, durante il quale ivi si svolsero due partite (fra cui la finale per il per il terzo posto Germania-Austria 3-2, partita passata alla storia anche perché gli austriaci, che solitamente giocavano con la maglia bianca, proprio come i tedeschi, indossarono le maglia azzurre del Napoli).

Dopo i mondiali ritornò ad esser sede abituale delle partite casalinghe del Napoli e nel 1937 la società vi attuò il singolare esperimento dell’ingresso libero alle donne.

Nel 1942 lo Stadio fu distrutto dai bombardamenti alleati abbattutisi sulla città nel corso della II Guerra Mondiale e le sue strutture furono riutilizzate per costruire nuovi palazzi, ma per una specie di giustizia tardiva e sacrosanto riconoscimento a futura memoria il quartiere sorto nella zona in cui sorgeva lo stadio è attualmente denominato “Rione Ascarelli”.



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