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Lolita in Pantaloni e 100 colpi di Spazzola per Melissa P.

Creato il 13 dicembre 2010 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

 

Lolita in Pantaloni e 100 colpi di Spazzola per Melissa P.
Tutto ebbe inizio con Lara Cardella, quando gridava che voleva pure lei i pantaloni.
Si dice che Lara Cardella denunciò un critico al tribunale di Messina o di Catania, perché secondo lei l’interpretazione data dei suoi “pantaloni” non corrispondeva alla “taglia” del libro. Il giudice diede ragione al critico e torto a Lara Cardella. E questo è un dato di fatto. L’incidente non le ha comunque fatto danno: anzi, se non vado errato, dai suoi pantaloni qualcuno ci trasse pure un film, che sinceramente non mi sono mai premurato di vedere, perché già tutto avevo letto nel romanzo della Cardella.
 
Al tempo, l’opera prima della Cardella suscitò scandalo, ma oggi, rileggendo l’ingenuità delle pagine della Cardella, quasi ci/mi viene da sorridere. A tentare lo scandalo letterario, oggi che questo è prodotto industriale globalizzato e quasi sempre inventato di sana pianta, è Melissa P., una ragazzina che Vladimir Nabokov non esiterebbe a definire “lolita”, se solo fosse ancora vivo. Ma chi, o cosa, accomuna Melissa P. e Lara Cardella? Quando parlava di “Lolita”, Nabokov raccomandava di evocarla con la “L” liquida, di pronunciare la prima sillaba che suonasse come lollipop (lecca lecca!?). Donne di parole e carta, semplici invenzioni di uno scrittore? Oggi non più: le lolite scrittrici esistono, almeno per una certa fetta del mercato editoriale. “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”, il romanzo di Melissa P., è un secondo “Volevo i pantaloni”, niente di nuovo per cui scandalizzarsi fintamente, per sport, per hobby o che altro. Il libro è stato lanciato da una mirabile e riuscita campagna pubblicitaria, è innegabile. Ho come la netta impressione che l’editoria si stia indirizzando verso la massiva promozione di libri scritti da lolite e “lotiti”. Un mercato, evidentemente, florido che attira e gli editori e il pubblico. Tuttavia ci troviamo di fronte a libri che riescono a durare nella memoria giusto il tempo d’una moda. Dubito ampiamente che domani il nome di Melissa P. lo ricorderemo nell’Olimpo dei grandi scrittori. Ad ogni modo, Vladimir Nabokov, forse, oggi, sarebbe entusiasta delle lolite scrittrici, un po’ meno dei loro scritti. Tutto ciò sta a significare che non è importante saper scrivere (almeno per una certa fetta del mercato editoriale); è invece indispensabile essere “una moda molto giovane”, e far finta di parlare di grandi temi “adulti”. Se la mia analisi è minimamente corretta, comprendo perché all’estero gli autori italiani sono pressoché ignorati.
Io non so che fine abbia fatto Lara Cardella, se scriva ancora o se si sia inventata come donna matura abbandonando la letteratura.
Purtroppo l’editoria è già da un po’ di tempo che promuove storie generazionali spacciandole per casi editoriali. L’importante è che siano opere prime di lolite (o “loliti”), altrimenti non potrebbero funzionare. Il meccanismo per cui libri come “Volevo i pantaloni” e “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire” funzionano è assurdo, ma non privo di una sua logica: il pubblico è affamato di storie scandalistiche stile Novella 2000, e in estate, sotto l’ombrellone a mostrar le chiappe chiare ma anche i seni siliconati, un romanzo scritto da una lolita che descrive i suoi primi maldestri approcci sessuali è forse quanto di più appetibile il lettore medio – o semplicemente disimpegnato – abbia voglia di leggere. Le dichiarazioni pseudo-scandalistiche dei Vip non sarebbero un buon romanzo, perché le loro storie si consumano presto, nel giro di qualche estate, e riproporle ogni santa (e maledetta) estate è difficile anche per il paparazzo più incallito. Scrivere poi un libro scandalo sui Vip non interessa a nessuno. Si fa prima ad andare in edicola. Ma le storie adolescenziali fanno gola perché non vengono da voci note, ma dalla ‘donna di strada’, o dall’’uomo di stradaì’. L’uomo comune, il giovane adolescente, la donna comune, la giovane adolescente, sono appetibili, hanno il sapore di un gossip lanciato da una qualche anonima portinaia, e quindi sono invocate e digerite con tutta tranquillità. Ma se esaminiamo i libri di Lara Cardella e Melissa P. ci rendiamo conto che sono essenzialmente dei gossip scritti con garbata perversione, niente di più. Le esperienze sessuali adolescenziali raccontate non sono scandalo, ma la “Lolita” di Nabokov è ancora un libro difficile da digerire, in alcuni casi censurato dal lettore stesso che rifiuta di leggerlo per intero. Perché? Nabokov sfidava il rigido moralismo borghese proponendo fantasie psicologiche come terapia curativa per le sue proprie ossessioni, mentre le lolite scrittrici descrivono solo la loro iniziazione alla vita di coppia, o sessuale se si preferisce. I primi rapporti sessuali, i giovani cominciano ad averli intorno ai quindici anni, o anche prima, ormai lo sappiamo. E gli adulti sono curiosi di sapere come avvengono, che cosa provano, e come è potuto accadere tanto presto.
Non è scandaloso il libro di Melissa P., mentre è terribilmente ipocrita il gusto voyeuristico degli adulti che spiano i propri figli attraverso le pagine di un libro, che potrebbe essere tranquillamente il diario nascosto nel cassetto di una comunissima adolescente nell’anno di Nostro Signore! Ci tengo però a precisare che non siamo di fronte a un “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler o a una “Lolita” di Vladimir Nabokov, bensì solo davanti al nostro finto perbenismo. Scrive Giuseppe Farese a proposito di “Doppio sogno”: “La caratteristica immediatezza schnitzleriana nel presentare con pochi tratti essenziali situazioni e personaggi tocca ancora una volta in Traumnovelle il culmine della maestria narrativa. La bambina sorpresa dal sonno mentre legge una fiaba, il tenero sorriso dei genitori, l’ingresso della governante che accompagna a letto la piccola, Fridolin e Albertine, finalmente soli, sotto il caldo chiarore della lampada: una tranquilla famiglia borghese della Vienna di Schnitzler. Ma la facciata inganna, la realtà è un paravento illusorio e nasconde un groviglio di dubbi, di angosce, di aggressività, di desideri repressi che, una volta liberati, coinvolgeranno i personaggi in una ridda di avventure reali, fantastiche e sognate, costringendoli a percorrere le stazioni della loro crisi alla ricerca affannosa di una verità che non esiste se non nel tentativo, precario ma forse il solo valido al momento, della reciproca comprensione. La trama di quella che si potrebbe definire una “commedia dei disinganni e dei desideri insoddisfatti” – nessuna delle avventure erotico-surreali di Fridolin giungerà a compimento, l’orgia di piacere e di libidine incontrollata di Albertine è solo un sogno! – si dipana lungo il filo dell’alienazione, della vicendevole estraniazione dei due personaggi principali.” Corre una bella differenza fra i sogni, o realtà inventate, delle lolite scrittrici e la psicologia freudiana del “Doppio sogno” di Schnitzler. Le prime scrivono di sé mortificando ogni possibile inserto psicologico per dar corpo a un erotismo adolescenziale meramente autobiografico inventato (!), mentre Schnitzler opera analisi psicologica nel ventre dell’erotismo traducendolo in sogni e pulsioni represse. E’ chiaro che i due approcci all’erotismo sono nettamente diversi, ed è ancor più chiaro che il primo si esaurisce nella storia raccontata, mentre il secondo si estende nella nostra psiche per esaurirsi forse in un “doppio sogno” finché morte non sopravvenga, comunque non prima d’esser stato consegnato alla memoria delle generazioni future. Per certi versi, le scrittrici lolite reinterpretano il “doppio sogno” di Schnitzler, però sceverandolo di ogni (im)possibile psicologia.

In Francia, qualche anno fa, ma recentemente, Virginie Despentes con il suo romanzo fintamente on the road, “Baise-moi” (Scopami), sollevò una certa attenzione di critica e di pubblico. La legge della Despentes è: “Bisogna abusare”, almeno quando si scrive narrativa. E anche il film tratto da “Baise-moi”, prodotto da Philippe Godeau e Dominique Chiron, per la regia della stessa Despentes insieme a Coralie Trinh Thi (sceneggiatura sempre della coppia Despentes/Trinh Thi), fece un certo scalpore: giustificato o ingiustificato? A parer mio, il film era il tipico pulp utile a produrre una buona dose di noia e qualche lavoro di mano per adolescenti alle prime armi, anche se il film venne spacciato come opera adatta agli intellettuali. La Despentes ha abusato, sì, è vero, solo di sé stessa però: ne è prova che oggi è già storia passata. Anche lei enfant terrible, prodotto francese, è stato un flop, almeno per la storia della letteratura. E’ troppo facile essere enfant terrible: dopo due anni appena, ciò che fa male è scoprire che la prima ruga ha negato ogni voglia di scrivere dell’adolescenza di cui non ci si ricorda più se non con un certo pudore e costumato imbarazzo. Guardi indietro, guardi te com’eri, e scopri che eri “normalissima”, e l’imbarazzo cresce oltremodo, quindi non scrivi più di “te”.

Allora, mie care lolite scrittrici, io vi voglio bene, le vostre storie le leggo anche, ma la letteratura è ben altra cosa. Per far scandalo veramente dovreste riuscire a produrre un libro come “Doppio sogno” o come “Lolita”; non è sufficiente indossare i pantaloni, spazzolarsi la passerina, raccontare approcci sessuali, perché a me fanno sorridere, e, ad un certo punto, mi annoiano a morte. Ci sono passato prima di voi, e so. Però non ne parlo in un libro, non ne faccio un romanzo. Il vostro raccontare di ‘sesso’ non è quel nichilismo doloroso, ubriaco, scanzonato di Charles Bukowski, e non è neanche l’“Urlo” di Allen Ginsberg, è solamente un semplice pigolio enfatizzato dal passaparola delle portinaie che leggono le vostre storie con la stessa consapevole ingenuità con cui si emozionano davanti alla copertina dell’ennesimo Harmony. Io vi auguro fortuna, ma so che questa aiuta gli audaci dotati di talento innato e non la ‘letteratura mordi e fuggi’.


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